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Umorismo

L’umorismo rappresenta un valido aiuto per il terapeuta, uno strumento che però andrebbe sempre usato con attenzione e consapevolezza

L’ umorismo in psicoterapia è un fenomeno complesso in quanto coinvolge diversi aspetti: cognitivi, comportamentali ed emotivi. Affinché l’utilizzo dello humour abbia esiti positivi, i terapeuti dovrebbero essere consapevoli delle diverse funzioni che svolge e individuare il momento più opportuno per ricorrervi.

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Cos’è l’ umorismo e qual è la sua funzione?

L’umorismo, peculiarità dell’essere umano, rappresenta la capacità intelligente e sottile di individuare e ritrarre gli aspetti comici della realtà.

Un aspetto fondamentale dell’umorismo è la condivisione: spesso si ride con gli altri di eventi che di per sé non hanno alcuna connotazione umoristica ma la assumono proprio in virtù delle stesse circostanze di condivisione in cui si verificano.

Quali sono le funzioni dell’umorismo? La questione ha acceso la curiosità di molti clinici e studiosi, alcuni dei quali, con le loro teorie, hanno avvalorato l’ipotesi del Sollievo, che vede nell’umorismo una funzione liberatoria. Tra i tanti che sostenitori di tale ipotesi, troviamo anche Sigmund Freud. Il padre della psicoanalisi sosteneva infatti che l’umorismo funziona quando uno scherzo o un’osservazione spiritosa serve ad allentare le nostre tensioni sessuali e aggressive represse, fornendo uno sbocco socialmente accettabile per quelle fondamentali pulsioni biologiche che sono presenti in tutti noi.

Un’altra teoria è quella della Superiorità: eventi o situazioni diventano umoristici per noi perché consentono di farci sentire migliori quando qualche umiliazione o sfortuna capita ad altri. Questo è il motivo per cui ci sembra divertente vedere una persona che si dà arie, scivolare e cadere. Noi non siamo coinvolti in modo negativo perché siamo in una posizione di superiorità. Naturalmente non sarebbe divertente se a cadere fosse un fragile signore anziano.

Secondo la teoria dell’assurdo, ci sono poi situazioni che diventano umoristiche quando si verificano conseguenze impreviste in circostanze conosciute e familiari.

Altri modelli teorici hanno identificato l’umorismo come una strategia di coping o un meccanismo di difesa, intesi come la propensione a mantenere una prospettiva umoristica in circostanze avverse (Lefcourt e Martin, 1986); un’abilità cognitiva, volta a generare, comprendere, riprodurre e ricordare una situazione umoristica (Feingold e Mazzella, 1993); un pattern comportamentale abituale, quale tendenza a ridere frequentemente, a raccontare barzellette, a divertire gli altri e a ridere per gli scherzi altrui (Martin e Lefcourt, 1984); un atteggiamento positivo o divertito nei riguardi dell’umorismo o del mondo (Svebak, 1996); una risposta estetica, quale apprezzamento dell’umorismo e di particolari tipi di materiale umoristico (Ruch e Hehl, 1998); un tratto temperamentale connesso alle emozioni di cui l’allegria abituale costituisce una dimostrazione (Ruch e Kohler, 1998).

Spesso identificato come un costrutto benevolo legato a emozioni e vissuti piacevoli, nell’umorismo è in realtà possibile riscontrare anche una nota di sarcasmo e di ridicolo che attribuiscono a esso un’accezione negativa.

Gli stili umoristici

Sono stati distinti quattro tipi di stili umoristici:

  • Affiliativo: usato per facilitare le relazioni con gli altri tramite barzellette, battute o altri commenti divertenti. Il classico ridere con qualcuno e non ridere di qualcuno
  • Autorinforzativo: legato a un atteggiamento positivo verso la vita, rende il soggetto capace di ridere di se stesso e delle circostanze, cogliendo gli aspetti divertenti della realtà e mantenendo una prospettiva umoristica di fronte a eventi avversi.
  • Autodenigratorio: utilizzo di un umorismo potenzialmente dannoso verso se stessi per ottenere l’approvazione altrui attraverso commenti volti a mettersi in ridicolo per compiacere l’altro
  • Aggressivo: legato alla derisione e alla manipolazione dell’altro. L’intento di fondo è quello di danneggiare e sminuire l’altro.

Questi quattro stili umoristici possono essere facilmente valutati mediante lo Humor Styles Questionnaire (HSQ) messo a punto da Martin e colleghi (2003), realizzato sulla base di studi teorici e clinici volti ad indagare la relazione tra l’ umorismo e il benessere. Lo HSQ è stato tradotto e validato in contesti socio-culturali diversi, confermando complessivamente le buone qualità psicometriche e i fattori originari (Chen e Martin, 2007).

Umorismo & psicoterapia

Nonostante i numerosi benefici dell’umorismo per la salute psicofisica siano orma noti, pochi sono gli studi che indagano l’utilizzo dell’umorismo in psicoterapia. Si ipotizza che lo studio in tale ambito sia rimasto inesplorato perché i terapeuti sono poco inclini a inserire volontariamente lo humour durante i loro colloqui, vedendo la terapia come “questione seria” in cui non c’è spazio per momenti più leggeri.

Dai risultati di recenti ricerche, tuttavia, emerge l’efficacia dell’utilizzo dell’umorismo in psicoterapia, soprattutto come facilitatore nella costruzione dell’alleanza terapeutica ma anche nel trattamento di alcuni disturbi quali l’ansia, le fobie specifiche, il disturbo ossessivo-compulsivo e la depressione. Questi dati però non escludono un aspetto importante, ovvero la consapevolezza da parte del terapeuta di ricorrervi in modo opportuno, nel momento giusto, tenendo conto delle diverse funzioni dell’umorismo.

Durante l’assessment, ad esempio, è bene che i terapeuti si facciano un’idea di quale tipo di umorismo è apprezzato dal paziente, in modo da evitare, nel corso del trattamento, di ricorrere a battute infelici. L’umorismo può tornare utile anche per esplorare alcune tematiche che emergono nel corso della seduta, chiedendo per esempio al paziente cosa lo porti a ridere di ciò che è stato detto, aumentando così nel paziente la consapevolezza di sé.

L’ umorismo in psicoterapia può inoltre facilitare l’apprendimento di prospettive alternative e la riduzione dello stress. L’ umorismo è infatti un’efficace strategia di coping che aiuta a diminuire l’impatto emotivo causato dall’aver vissuto eventi stressanti. Il terapeuta può incoraggiare il paziente a modificare il proprio punto di vista portandolo a “vedere il lato divertente” delle cose, in modo da aiutarlo a regolare le emozioni negative trasformandole in positive. Va ricordato che l’ umorismo di per sé non è terapeutico: è necessario che venga usato in modo terapeutico.

Uno dei rischi più frequenti nell’utilizzo dell’ umorismo in psicoterapia è che i pazienti non si sentano presi sul serio. Un altro rischio si verifica quando il terapeuta tocca temi importanti in modo divertente, conducendo il paziente all’errata interpretazione che certi argomenti non debbano essere discussi seriamente.

Inoltre, secondo Robert Pierce (1994), il terapeuta può mettere in atto tre tipi di umorismo negativo, il cui utilizzo andrebbe, ovviamente, evitato.

1. Commenti umoristici non pertinenti per lo scopo terapeutico, si cambia totalmente argomento e se ne introduce uno non attinente.

2. Uso dell’umorismo in modo difensivo. Viene utilizzato per spostare l’attenzione da temi particolarmente toccanti o personali, sia per se stesso che per il paziente, che il terapeuta non è in grado di affrontare, su altri che ritiene più sicuri.

3. Umorismo utilizzato dal terapeuta per attaccare il paziente. Rientrano in questa categoria i commenti usati per sminuire, prendersi gioco e ridere del paziente. Questo tipo di umorismo può essere vincolato da sentimenti di frustrazione e rabbia, sia consapevole sia inconsapevole.

In conclusione è possibile affermare che l’ umorismo rappresenta un valido aiuto per il terapeuta, uno strumento che, se usato con consapevolezza, consente al clinico di intensificare gli effetti positivi della terapia. Potrebbe essere utile a tal proposito, stimolare nei terapeuti un’attenta riflessione sul tema e esortarli a impiegare l’ umorismo all’interno della relazione terapeutica.

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