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Sistemi Motivazionali

I sistemi motivazionali si fondano su disposizioni innate, selezionate nel corso dei processi evoluzionistici, e costituiscono tendenze e propensioni ad agire verso obiettivi specifici, capaci di regolare il nostro comportamento e le nostre emozioni in vista di una meta ben definita.

La motivazione è un processo che avvia, guida e mantiene i comportamenti mirati. Essa è lo stimolo, cosciente o meno, all’azione volta in direzione del raggiungimento di un obiettivo desiderato (sia di natura biologica che sociale). La motivazione è tutto ciò che dà scopo a un comportamento (Riello, 2018).

Sistemi motivazionali cosa sono e come influenzano il nostro agire

In psicologia si parla di motivazioni primarie per indicare quelle motivazioni che svolgono la funzione di soddisfare i bisogni primari quali fame, sete, sonno, ecc. e di motivazioni secondarie, motivazioni acquisite o apprese dal contesto e dall’ambiente di vita, che non necessariamente sono legate a motivazioni pratiche (pensiamo al bisogno di fare amicizia o di autoaffermarsi).

Autori come Darwin, Ekman, Bowlby, Panksepp e Gilbert condividono la tesi centrale che, in vista del raggiungimento di determinati obiettivi adattivi, esistono dei sistemi psicobiologici frutto dell’evoluzione, omologhi nell’uomo e negli animali, che regolano sia i comportamenti ma anche le emozioni utili a raggiungere l’obiettivo desiderato. Tali sistemi sono detti sistemi motivazionali.

I sistemi motivazionali possono essere influenzati dall’apprendimento e dalla cognizione, operano spesso al di fuori della coscienza, sebbene vi sia una reciproca influenza tra operazioni coscienti e disposizioni innate. Le disposizioni innate alla relazione sociale, in particolare, divengono coscienti in forma di esperienze emozionali. Il significato adattativo, in senso evoluzionistico, dei sistemi motivazionali è il consentire la sopravvivenza e la diffusione non del singolo individuo ma dell’intera specie a cui appartiene.

Un sistema motivazionale è dunque un sistema cerebrale e mentale che regola il comportamento e le emozioni in vista di una meta ben definita. Esso è un sistema funzionale complesso, concepito come simile ai sistemi fisiologici, dunque non “meccanico” come l’istinto, né “idraulico” come la “pulsione” ma, come l’istinto e la pulsione, è “universale” e “naturale”, cioè presente in tutti i membri della stessa specie (Liotti, 2016).

I sistemi motivazionali fondano su disposizioni innate, selezionate nel corso dei processi evoluzionistici. Si tratta di tendenze, propensioni ad agire verso obiettivi specifici, inviti a perseguire particolari forme di interazione fra organismo e ambiente.

Ogni comportamento è dunque frutto di un confronto fra le tendenze innate a perseguire determinati obiettivi di sopravvivenza e le memorie delle precedenti interazioni fra individuo e ambiente. Ogni comportamento contiene comunque un elemento motivazionale diretto a una meta tesa a realizzare un valore evoluzionistico di adattamento (Laurito, 2010).

I sistemi motivazionali (Riello, 2018) sono:

  • Sistemi di regole innate, orientati biologicamente a organizzare il comportamento che porta alla sopravvivenza dell’individuo e della specie.
  • Sistemi che predispongono l’individuo all’azione e a comportamenti in grado di modificare il rapporto tra sé e l’ambiente fisico e relazionale.
  • Sistemi dotati di componenti cognitive, emotive e comportamentali.
  • Forme di adattamento a specifici aspetti della nicchia ecologica in cui una specie evolve.
  • Sistemi in grado di “disattivarsi” se e quando l’obiettivo è raggiunto.

I sistemi motivazionali: le basi teoriche, dall’etologia alla Teoria dell’Attaccamento

La spinta maggiore allo studio delle motivazioni e dei sistemi motivazionali si riscontra a partire dall’etologia. L’etologia mostra come negli animali sono individuabili dei comportamenti, alcuni spesso complessi, comuni a tutti gli individui della stessa specie e che in gran parte non hanno bisogno di un apprendimento.

Questi comportamenti sono attivati da uno stimolo (interno o ambientale), funzionano con meccanismo di controllo a feedback, e cessano una volta raggiunta la meta, inoltre mostrano una continuità tra le diverse specie, con una maggiore modificabilità a seconda dell’ambiente nelle specie più evolute.

Bowlby, partendo dagi studi etologici, individua nelle predisposizioni o tendenze innate (distinte dagli istinti propriamente detti) quegli elementi che determinano il funzionamento psichico. Tali predisposizioni, che indirizzano l’attività mentale ed i comportamenti, sono frutto della lunga storia di evoluzione dei primati.

Bowlby definisce queste tendenze innate “sistemi motivazionali“: essi sono concepiti come sistemi non troppo diversi dai meccanismi fisiologici che regolano l’omeostasi biologica, che regolano il comportamento in risposta ai bisogni corporei, alla riproduzione e alle interazioni sociali.

Per Bowlby il più importante dei sistemi motivazionali è quello dell’attaccamento, il cui significato evolutivo è l’aver consentito la sopravvivenza dei cuccioli d’uomo nella avverse condizioni ambientali preistoriche.

La teoria dell’attaccamento è la prima applicazione alla psicologia clinica della scoperta di sistemi motivazionali innati che spingono alla costituzione di legami intersoggettivi in vista di scopi sovraordinati di sopravvivenza come, nel caso dell’attaccamento, la protezione dai predatori.

L’elemento della Teoria dell’Attaccamento che maggiormente ha permesso di ampliare gli orizzonti teorici e clinici della successiva psicoterapia, in particolare della psicoterapia cognitiva, è proprio la concettualizzazione di motivazioni innate che spingono alla costruzione di legami interpersonali e che guidano la costruzione dei significati personali allo scopo di adattarsi all’ambiente attraverso relazioni intersoggettive (Farina, Liotti, 2011).

Per primo Lorenz aveva compreso che, anche in specie semplici come le oche selvatiche, esistono motivazioni innate a formare legami e che queste sono dotate di sistemi cognitivi aperti, ovvero capaci di apprendere dall’esperienza concreta, per regolarne i comportamenti e le aspettative e per meglio adattarsi all’ambiente interpersonale (Lorenz, 1974; 1989).

È possibile affermare che la necessità, per l’evoluzione delle specie, di costituire sistemi cognitivi aperti, capaci di apprendere e diversificare le proprie risposte (e quindi diversi dai precablati e rigidi istinti), nasce proprio dal bisogno di adattarsi a un ambiente non uniforme e prevedibile come quello del mondo degli oggetti ma complesso e cangiante come quello degli individui (Farina, Liotti, 2005).

Bowlby, grazie alla sua cultura e sensibilità etologica ed evoluzionistica, comprese a fondo ed estese all’uomo le intuizioni di Lorenz e i dati provenienti dall’osservazione etologica comparata, ipotizzando e dimostrando anche nella nostra specie la presenza di una disposizione innata a cercare cura, aiuto e conforto da un membro del proprio gruppo sociale quando si verifica una situazione di pericolo, di solitudine o di dolore fisico o mentale (Bowlby, 1969; 1973; 1980).

L’organizzazione gerarchica dei sistemi motivazionali

Le conoscenze accumulate sull’evoluzione del cervello umano convergono nel delineare la validità di una visione evolutiva gerarchica organizzata su tre livelli (McLean, 1990): rettiliano, limbico e neo-corticale. L’architettura dei sistemi motivazionali segue questa tripartizione, aumentando la propria influenzabilità ambientale col salire di livello gerarchico.

Il livello evolutivamente più arcaico dell’organizzazione motivazionale è connesso all’attività neurale localizzata nel cervello rettiliano, nel tronco encefalico e nei nuclei della base. Tale livello è composto dai sistemi che regolano condotte non-sociali rivolte alla regolazione fisiologica, alla predazione e alla raccolta di cibo, alla difesa dai pericoli, alla territorialità e alla riproduzione sessuale (senza formazione di coppia).

Su queste sistemi non-sociali poggiano quelli appartenenti alla storia evolutiva più recente che controllano l’interazione sociale caratteristica dei mammiferi. Questo secondo livello corrisponde all’attività delle reti neurali localizzate nell’area limbica del cervello che comprende l’amigdala e il giro del cingolo. I sistemi che compongono questo livello sono rivolti all’attaccamento verso l’altro con lo scopo di essere protetti dai pericoli; all’ accudimento e all’offerta di cura verso membri della specie più indifesi; all’accoppiamento di coppia; alla definizione di rango e dei ruoli di dominanza-sottomissione; al gioco sociale e alla cooperazione (fatta di attenzione congiunta e condivisa).

Il terzo livello, prerogativa della specie umana, è localizzato nella neo-corteccia, riguarda la dimensione cognitiva dell’intersoggettività e della costruzione di significati. Esso è responsabile di combinazioni e variazioni individuali della loro espressione, in funzione della cultura di appartenenza. Questo livello motiva a creare strutture di memoria condivisibili (linguaggio), a partire dalla comprensione intersoggettiva di intenzioni/ emozioni. Apre inoltre all’esperienza cosciente di sé nel tempo, e all’evoluzione culturale. Influenza i sistemi “sottostanti”, collegando strutture concettuali verbalizzabili (esplicite) alle memorie (implicite) delle occasioni in cui hanno diretto comportamenti ed emozioni (Liotti, 2016).

Il sistema dell’intersoggettività, in quanto evoluzionisticamente più recente, esercita una funzione regolatrice sui sistemi sottostanti da cui emerge, mentre un’abnorme attivazione di questi ultimi può condurre a una più o meno protratta dissoluzione della motivazione intersoggettiva.

Ne consegue che nessuna influenza culturale sui contenuti della coscienza può annullare il fondamento evoluzionistico e dunque universale sul quale la coscienza di ordine superiore poggia.

Ne discende che ogni emozione umana presuppone l’intervento dei processi cognitivi superiori dell’uomo: le componenti fisiologiche delle emozioni sono trasformate in emozioni propriamente dette soltanto grazie all’intervento delle regioni neocorticali e “cognitive” del cervello umano.

Giovanni Liotti e i Sistemi Motivazionali Interpersonali

Al secondo livello gerarchico, nell’uomo, appartengono quelli che sono stati definiti Sistemi Motivazionali Interpersonali (SMI), sistemi che si vanno ad aggiungere all’originario sistema di attaccamento proposto da Bolwby. Gli ulteriori sviluppi teorici dopo Bolwby hanno quindi ampliato e articolato l’architettura motivazionale interpersonale (Gilbert, 1989; Lichtenberg, 1989; Liotti, 1995; Panksepp, 1998).

In particolare, il terapeuta cognitivista inglese Gilbert, partendo anch’egli da una prospettiva etologico-evoluzionista, alla fine degli anni ottanta aveva ipotizzato la presenza di altri sistemi motivazionali interpersonali che guidano la costituzione e la regolazione delle relazioni intersoggettive nell’uomo (1989). Contemporaneamente Lichtenberg era giunto alle medesime conclusioni in ambito psicanalitico (1989).

In Italia Liotti, seguendo la proposta di Gilbert (ma non trascurando quella di Lichtenberg), ha ipotizzato la presenza di alcuni sistemi motivazionali interpersonali (SMI) che attivano e regolano singoli e distinti aspetti dello scambio interumano:

  • gli SMI di attaccamento volto alla ricerca di cura e conforto in situazioni di pericolo o dolore;
  • gli SMI di accudimento, volti all’offerta di cura e conforto in situazioni di pericolo o dolore;
  • lo SMI agonistico per la definizione del rango sociale;
  • lo SMI sessuale per la regolazione dei comportamenti seduttivi implicati nella formazione della coppia;
  • lo SMI cooperativo (evoluzionisticamente più moderno e raffinato) per la cooperazione tra pari in vista di un obiettivo comune (Liotti, 1995).

sistemi motivazionali interpersonali sono quindi tendenze universali, biologicamente determinate e selezionate su base evolutiva, la cui espressione nel comportamento presenta variabilità individuali. Essi regolano la condotta in funzione di particolari mete e sono in stretta relazione con l’esperienza emotiva. Le emozioni accompagnano infatti l’azione dei sistemi motivazionali interpersonali e possono esserne considerate indicatori di attività.

Quindi, secondo Liotti, ogni specifica esperienza emotiva può essere meglio compresa se rapportata al sistema motivazionale interpersonale entro cui si colloca. Le emozioni sono modalità di funzionamento dei sistemi motivazionali interpersonali e possono essere avvertite dalla coscienza. Quando due persone si incontrano, dunque, il loro scambio intersoggettivo è sempre regolato e motivato dagli SMI che, di conseguenza, si attivano.
 Gli SMI sono sistemi di regolazione fisiologici che, una volta attivati, organizzano il comportamento sociale, interpersonale, oltre che l’esperienza emozionale e la rappresentazione di “sé-con-l’altro”.

Emozioni e Sistemi Motivazionali Interpersonali

Le emozioni giocano un ruolo intermedio fra la percezione della situazione, che attiva un dato sistema motivazionale, e la condotta che mira alla meta del sistema. Le operazioni di regolazione della condotta di ogni SMI sono radicalmente inconsce e le emozioni, dunque, sono le prime fasi nell’attività del sistema che possono essere esperite dalla coscienza. Le emozioni sono parte delle operazioni di un sistema motivazionale, e non hanno di per sé proprietà motivanti se non a livello di causalità prossimale.

Alcune emozioni sembrano attivarsi solo in concomitanza di uno specifico sistema motivazionale e non si manifestano mai durante l’attivazione di altri sistemi interpersonali. Altre emozioni, invece, si possono attivare nell’ambito di più di un sistema motivazionale, all’interno di sequenze emozionali molto diverse tra loro.

Ogni sistema motivazionale quindi opera attraverso una sequenza di emozioni specifica e caratteristica. Le emozioni sono le prime fasi dell’attività di un sistema che possono divenire coscienti.

Vediamo in che modo da ogni SMI si generano emozioni diverse.

Emozioni nel sistema d’attaccamento

Il sistema motivazionale dell’attaccamento è finalizzato all’ottenimento di aiuto e vicinanza protettiva da parte di un’altra persona individuata come idonea. Il sistema si attiva e assume il controllo di emozioni e comportamenti nelle situazioni di dolore, pericolo, percezione di vulnerabilità e solitudine.

Il sistema, quando attivo e lontano dal raggiungere la meta, regola le emozioni di paura e collera da separazione, tristezza da perdita, disperazione e distacco emozionale.

Una volta raggiunta la meta, le emozioni esperite sono quelle di gioia per la ri-unione, conforto, fiducia e sicurezza.

Emozioni nel sistema di accudimento

Il sistema è reciproco a quello dell’attaccamento. Esso porta all’offerta di cura verso un conspecifico, agevolando le possibilità di sostentamento di altri individui all’interno del proprio gruppo. Il sistema è attivato dai segnali di richiesta di conforto e protezione emessi da un altro individuo, a sua volta motivato dal sistema di attaccamento, o da percezione della sua fragilità/condizione di difficoltà.

Le emozioni derivanti dagli ostacoli al raggiungimento della meta del sistema sono ansia da sollecitudice, compassione, tenerezza protettiva o colpa per il mancato accudimento.

Al disattivarsi del sistema si provano emozioni di sollievo, tenerezza protettiva e gioia

Emozioni e sistema sessuale di coppia

Il sistema della sessualità è finalizzato alla formazione e al mantenimento della coppia sessuale. Il sistema è attivato da segnali fisiologici interni all’organismo, come variazioni ormonali, più importanti negli animali che nell’uomo, e da segnali comportamentali di corteggiamento emessi da un altro individuo.

Quando si incontrano ostacoli nel raggiungimento della meta perseguita dal sistema si attivano emozioni di pudore, paura del rifiuto e gelosia.

La percezione dell’avvicinarsi della meta invece è collegata all’esperienza emotiva del desiderio e piacere erotico.

L’orgasmo pone termine all’attivazione del sistema, che può essere disattivato anche dall’attivazione di altri SMI. All’interno della coppia sessuale può naturalmente verificarsi l’attivazione di altri SMI (attaccamento-accudimento, agonistico, cooperativo) con il conseguente arricchimento di forma e qualità della relazione.

Le emozioni nel sistema agonistico

Il sistema agonistico di competizione per il rango è finalizzato alla definizione dei ranghi di potere e di dominanza/sottomissione per regolare all’interno di un gruppo il diritto prioritario di accesso alle risorse. Una volta stabilita la gerarchia all’interno del gruppo, questa rimane presente ed attiva nel tempo, con il vantaggio biologico di eliminare la necessità di continue lotte che potrebbero sfiancare gli individui. La definizione dei ranghi avviene attraverso forme ritualizzate in cui l’aggressività non è primariamente finalizzata a ledere l’antagonista ma ad ottenere da quest’ultimo un segnale di resa.

Dagli ostacoli nel raggiungimento della meta perseguita dal sistema derivano le emozioni di: paura da giudizio, vergogna, umiliazione, tristezza da sconfitta e invidia.

Le emozioni associate alla disattivazione del sistema sono: collera da sfida, trionfo, orgoglio, disprezzo, superiorità.

Emozioni e sistema cooperativo paritetico

Il sistema cooperativo ha come meta il conseguimento di un obiettivo comune, più facile da raggiungere attraverso un’azione congiunta. Il sistema è attivato appunto dalla percezione che risorse non limitate risultano più accessibili attraverso uno sforzo congiunto di più individui.
 Il sistema è attivato dalla percezione degli altri individui interagenti, in funzione dei fini prefissati e la percezione da parte dei “pari” di segnali di non-minaccia agonistica, come il sorriso.

Gli ostacoli al raggiungimento della meta perseguita dal sistema sono associati ad emozioni di colpa, rimorso, isolamento, sfiducia, odio per il tradimento.

Il raggiungimento della meta invece porta a provare conforto, gioia da condivisione, lealtà, amicizia, sicurezza e fiducia.

I Sistemi Motivazionali in terapia

Secondo Liotti, due sistemi motivazionali sono chiaramente coinvolti nelle esperienze traumatiche: il sistema di difesa (fuga-lotta) e il sistema di attaccamento. Il sistema di attacco-fuga coinvolge emozioni di paura estrema e di collera distruttiva e inibisce, quando è attivo, le capacità riflessive (alexitimia post-traumatica) e la costruzione di memorie autobiografiche episodiche (amnesia e intrusione di frammenti mnestici). Il trauma psicologico attiva, per definizione, il sistema di difesa: i sintomi post-traumatici derivano dalla attivazione abnormemente protratta del sistema di difesa dopo l’esposizione a un evento traumatico (Cantor, 2005).

Dopo l’esposizione a un trauma, il sistema di difesa viene normalmente inibito dal sistema di attaccamento. Tuttavia l’insicurezza nell’attaccamento e soprattutto la disorganizzazione dell’attaccamento ostacolano un tale effetto inibitorio e dunque sono fattori di rischio per i disturbi correlati a esperienze traumatiche.

Il sistema di attaccamento e il sistema di difesa funzionano normalmente in sinergia ma nell’Attaccamento Disorganizzato, i due sistemi entrano in conflitto, creando una situazione di paura senza sbocco. Ciò ha conseguenze importanti per la comprensione dei disturbi e per il trattamento (Liotti, 2015):

  • La sofferenza che ha motivato la richiesta di psicoterapia determina prima o poi l’attivazione del sistema di attaccamento, difficile da gestire per il paziente e, dunque, la possibile rottura dell’alleanza terapeutica: a livello implicito, infatti, la memoria di precedenti interazioni di attaccamento può determinare distorsioni della percezione interpersonale durante il dialogo clinico (transfert).
  • Sviluppi psicopatologici anche gravi possono conseguire alla cooptazione difensiva di altri SMI (competitivo, sessuale o di accudimento) in funzione vicariante il sistema di attaccamento: ciò dà vita a transfert multipli complessi.
  • Quando nel paziente si osservano queste reazioni transferali multiple che si susseguono rapidamente, improvvise difficoltà di mentalizzazione, e conseguenti gravi difficoltà nella relazione terapeutica, è utile pensare che si sia attivato il sistema di attaccamento, e che da ciò conseguano: una paura senza sbocco nella relazione, delle rappresentazioni di sé-con-l’altro multiple e non integrate e un deficit di mentalizzazione.
  • Questo si accompagna ad un deficit nella rappresentazione del significato e del valore di alcune emozioni, o persino dell’accesso alla coscienza di quelle emozioni.
  • L’ alleanza terapeutica e l’empatia permettono di attivare il sistema cooperativo: ciò dà vita all’assetto ideale per la piena fruizione della capacità di metacognizione e della capacità riflessiva (Liotti e Monticelli, 2014). In un assetto relazionale cooperativo, le emozioni che erano confinate al solo livello implicito possono essere convalidate nel dialogo cosciente, ricevere un nome ed un senso, e dunque essere meglio regolate.
  • Successivamente, sarà utile validare l’emozione rimasta a livello implicito, prima di procedere ad una riflessione congiunta sull’origine di essa e degli stati mentali congiunti (interpretazione genetica) o ad interpretazioni di transfert.

Dunque il modello dei Sistemi Motivazionali suggerisce che vi siano schemi organizzativi impliciti assai prevedibili alla base della rottura dell’alleanza terapeutica. Tali schemi, legati a sviluppi abnormi del sistema dell’attaccamento, implicano spesso attivazioni difensive improprie di altri SMI limbici. Il deficit nell’intersoggettività ne consegue inevitabilmente, essendo l’intersoggettività una proprietà emergente dagli evoluzionisticamente più arcaici SMI limbici.

La teorizzazione di Liotti ha una ricaduta di primaria importanza nella relazione terapeutica con pazienti traumatizzati: un terapeuta troppo accudente potrebbe far emergere i modelli operativi interni disorganizzati, con la fobia dell’attaccamento e la fobia della perdita di attaccamento. Un migliore assetto relazionale è invece garantito da una posizione collaborativa, paritetica, fra terapeuta e paziente. La costruzione e la riparazione dell’alleanza terapeutica ancora una volta, sembra essere uno dei principali strumenti del trattamento, soprattutto per pazienti pesantemente traumatizzati.

Bibliografia:

  • Bowlby J. (1969). Attaccamento e perdita, Vol. I, Torino, Bollati Boringhieri, 1972.
  • Bowlby J. (1973). Attaccamento e perdita, Vol. II, Torino, Bollati Boringhieri, 1975.
  • Bowlby J. (1980). Attaccamento e perdita, Vol. III, Torino, Bollati Boringhieri, 1983.
  • Farina B., Liotti G. (2011) L’incontro con la teoria dell’attaccamento e la svolta relazionale della psicoterapia cognitiva. Psiche
  • Gilbert P. (1989). Human nature and suffering. London, Erlbaum.
  • Laurito, F. (2010). I Sistemi motivazionali interpersonali. [online] Available at: http://www.drfrancescolaurito.it/2010/12/i-sistemi-motivazionali-interpersonali.html [Accessed 13 Aug. 2018].
  • Lichtenberg J.D. (1989). Motivazione e psicoanalisi. Milano, Cortina, 1995.
  • Liotti, G. (1994/2005) La dimensione interpersonale della 
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  • Liotti, G., Monticelli, F. (2014) Teoria e clinica dell’alleanza terapeutica: la prospettiva cognitivo-evoluzionista (Cortina)
  • Liotti, G. Presentazione PDF “Disturbi dell’adulto che conseguono al trauma complesso nel corso dello sviluppo: Psicopatologia, Nosografia, Psicoterapia”. Centro Congressi FAST, Milano. 13-15 Marzo 2015.
  • Liotti, G. Presentazione PDF “I sistemi motivazionali nel dialogo clinico. Una prospettiva darwiniana”. Centro Congressi FAST, Milano. 11-13 Marzo 2016.
  • Lorenz K. (1974). L’altra faccia dello specchio. Milano, Adelphi, 1991.
  • Lorenz K. (1989). L’anello di re Salomone. Milano, Adelphi, 1989.
  • MacLean, P. D.( 1990). The triune brain in evolution. Role in paleocerebral functions. Plenum New York Press
  • Panksepp J. (1998). Affective neuroscience: The foundation of human and animal emotions. Oxford (UK), Oxford Univ. Press.
  • Riello, M. (2018). Presentazione di PowerPoint “Attaccamento e Sistemi Motivazionali”. Università del Salento. [online] Available at: https://slideplayer.it/slide/10206236/ [Accessed 13 Aug. 2018].
  • 
http://www.unabasesicura.it/teorie-02-evoluzionistica.html

 

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