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Neurobiologia: perché nell’anoressia viene ignorato lo stimolo della fame

Secondo Christina E. Wierenga nei pazienti anoressici sarebbe presente un alterato funzionamento dei circuiti cerebrali coinvolti nei processi decisionali.

Di Redazione

Pubblicato il 27 Apr. 2015

Sabrina Guzzetti

FLASH NEWS

Che cosa rende le persone con anoressia nervosa così poco sensibili alla ricompensa? Secondo Christina E. Wierenga, professore associato di psichiatria dell’Università della California, la risposta risiederebbe nella presenza di un alterato funzionamento dei circuiti cerebrali coinvolti nei processi decisionali.

L’anoressia nervosa è un disturbo alimentare caratterizzato da un peso corporeo al di sotto dei limiti della normalità, dalla paura di prendere peso e da un’alterata percezione dell’immagine corporea. Molte persone hanno difficoltà a seguire una dieta e spesso riguadagnano peso dopo averlo perso; al contrario gli anoressici possono limitare drasticamente l’assunzione di calorie per anni.

Che cosa rende i secondi in grado di ignorare quegli stessi segnali di fame che, invece, spingono i primi a mangiare? Le persone con anoressia hanno generalmente un temperamento inibito e controllato e faticano a trovare gratificazioni che vadano al di là dalla perdita di peso. La propensione ad ignorare i segnali che riguardano la fame potrebbe essere quindi ascrivibile, almeno in parte, ad un’alterazione più generale dei normali “meccanismi di ricompensa”, che vengono attivati da stimoli gratificanti che inducono piacere, come cibo, denaro, sesso e così via.

Ma che cosa rende le persone con anoressia nervosa così poco sensibili alla ricompensa? Secondo Christina E. Wierenga, professore associato di psichiatria dell’Università della California, la risposta risiederebbe nella presenza di un alterato funzionamento dei circuiti cerebrali coinvolti nei processi decisionali.

In un esperimento pubblicato lo scorso anno sulla rivista Biological Psychiatry, la professoressa Wierenga e i suoi collaboratori hanno sottoposto 23 donne con anoressia nervosa in remissione e 17 donne di controllo (con anamnesi negativa per disturbi alimentari) ad un esame di risonanza magnetica funzionale (fMRI) durante l’esecuzione di un compito di delay discounting. Questo compito viene comunemente utilizzato proprio per esaminare i processi decisionali in relazione a stimoli gratificanti. Le partecipanti erano chiamate a scegliere di volta in volta tra due diverse opzioni, ciascuna delle quali comprendente una somma di denaro, più o meno alta, e il tempo necessario per poterla ottenere, più o meno lungo.

Attraverso la fMRI, i ricercatori hanno così potuto evidenziare il circuito cerebrale coinvolto nella scelta di ricompense immediate e quello implicato nella scelta di ricompense future, eventualmente più ingenti. Il primo, il “circuito della ricompensa”, comprende lo striato ventrale, il caudato dorsale e la corteccia cingolata anteriore; il secondo, il “circuito del controllo cognitivo” include la corteccia prefrontale ventrolaterale e l’insula. L’esperimento è stato inoltre svolto dalle partecipanti in due diverse condizioni metaboliche: fame (a digiuno da 16 ore) e sazietà (2 ore dopo aver consumato una colazione personalizzata).

Nel gruppo di controllo lo stato di fame ha determinato un incremento significativo dell’attivazione del “circuito della ricompensa”, mentre la sazietà ha aumentato l’attivazione delle regioni cerebrali incluse nel “circuito del controllo cognitivo”. Ciò significa che lo stato metabolico è normalmente in grado di influenzare i processi decisionali, e che la fame rende le ricompense immediate più appetibili. Le donne con anoressia in remissione, invece, non hanno mostrato alcun incremento di attivazione nel “circuito della ricompensa” quando affamate e hanno mostrato un costante elevato livello di attivazione del “circuito del controllo cognitivo”, a prescindere dal loro stato metabolico.

Questo studio, sottolinea Walter H. Kaye, senior author della ricerca, indica che la presenza di alterazioni nel funzionamento cerebrale rende le persone con anoressia nervosa meno sensibili alla ricompensa e alla spinta motivazionale della fame. Tale scoperta evidenzia l’apporto non trascurabile che un approccio di tipo neurobiologico può dare allo studio dell’anoressia nervosa.

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