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Il seminario avanzato della Mentalization Based Therapy di Fonagy e Bateman

Il seminario avanzato della Mentalization Based Therapy di Fonagy e Bateman: Reportage dal Anne Freud Centre di Londra. Peter Fonagy ha ucciso Freud...

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 28 Feb. 2013

 

CRONACHE LONDINESI #2:

 Il seminario avanzato della Mentalization Based Therapy di Fonagy e Bateman

Reportage dal Anne Freud Centre di Londra, dove si tiene in questi giorni il modulo Advanced del training della Terapia Basata sulla Mentalizzazione

Mentalization Based Therapy di Fonagy e Bateman - Advanced Course MBT - STATE OF MIND
Londra: la casa di Sigmund e Anne Freud, a pochi passi dal Anne Freud Centre, dove si tiene in questi giorni il modulo Advanced del training per la Terapia Basata sulla Mentalizzazione (MBT) di Peter Fonagy e Anthony Bateman.

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In questo inizio di seminario sulla MBT (Mentalization Based Therapy) Peter Fonagy ha ucciso Freud. E lo ha fatto nell’Anna Freud Institute, al numero 12 di Maresfield Gardens, una silenziosa strada di Londra. Siamo a pochi metri dal numero 20, dove Freud ebbe il suo ultimo indirizzo su questo pianeta, e nell’Istituto che porta il nome della figlia del padre della psicoanalisi e Fonagy ci dice che il modello pulsionale di Freud “has little evidence.

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Lo fa durante una delle sue esposizioni delle basi teoriche della MBT, in cui, come spesso fa, Fonagy collega la mentalizzazione a ricerche neuroscientifiche e neuropsicologiche sull’apprendimento e sulla comunicazione. A mio parere questa tendenza di Fonagy a chiamare in soccorso i dati della neurologia e psicologia dell’apprendimento a favore della sua teoria non è tra le sue cose migliori. Mi paiono collegamenti un po’ forzati, sono più una cornice generale che prove a favore, ma lui tende a presentarle così, come conferme del suo modello.

Terapia Dinamica Interpersonale Breve. Lemma A., Target M., Fonagy P.. Raffaello Cortina Editore, 2012
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O forse proprio questo è l’obiettivo di Fonagy: collegare la sua teoria alle ricerche sull’apprendimento infantile e sganciarla definitivamente dalle teorie di Freud. In questo modo Fonagy si può permettere quel divorzio da Freud che era già intuibile qualche anno fa, quando avevo affrontato il primo livello del corso MBT. Tutto questo però lo avevo già sentito. È destino che a ogni seminario MBT io mi debba sorbire le chiacchiere che servono a Fonagy per liberarsi dell’ombra di Freud? A quanto pare si, e così se ne va l’intera mattinata.

Nel pomeriggio si fa finalmente un po’ di pratica. Però la si fa subito, senza preamboli. Non c’è quella spiegazione passo per passo della tecnica MBT che attendevo ardentemente. La tecnica è affidata al manuale: “Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione. Per il disturbo borderline della personalità di Anthony Bateman e Peter Fonagy, pubblicato da Cortina nel 2010. Altra fregatura.

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Ci fanno assistere a un video di Bateman in seduta con una giovane paziente. Con l’inglese me la cavo, ma comprendere i video (così come la TV o il cinema) è un’impresa peggiore che capire cosa dicono le persone in carne e ossa. Arrivo a capire che la signorina in questione è la solita border che litiga con mezzo mondo: madre, fidanzato ed ex-fidanzato. E Bateman che fa? Interloquisce spesso e chiede continuamente alla paziente chiarimenti. Cosa pensava, cosa sentiva, perché pensava di avere sentito questa emozione nell’incontro con la madre, perché pensava di avere sentito quell’altra emozione nell’incontro col suo ex, e cosa presumibilmente pensava e sentiva la madre e cosa presumibilmente pensava e sentiva il suo ex. E così via.

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Insomma, un gran lavoro di chiarificazione di pensieri ed emozioni, attraverso una tecnica che mi pare tendenzialmente rapsodica e non troppo direttiva (è il paziente che sceglie gli argomenti, i problemi e le situazioni da discutere) ma incalzante (è previsto che il terapeuta interrompa anche spesso il paziente). La tecnica si articola in varie domande così classificate:

Empatia e supporto: “Vedo che si sente male”

Chiarificazione ed elaborazione: “Vedo che si sente ferito e mi chiedo: come mai?”

Intervento di mentalizzazione di base: “Vedo che si sente male e questo deve rendere difficile per lei venire a trovarmi / stare con me oggi” (dipende dal livello di attivazione affettiva che si desidera raggiungere)

Interventi di mentalizzazione di transfert: “Vedo che si sente male e questo mi ricorda di come spesso lei reagisce quando lei sente che qualcuno non fa esattamente quello che lei vuole che faccia”

L’ultimo intervento è una concessione alla teoria dinamica, ma Bateman e Fonagy raccomandano di usarlo con cautela.

Lo Specchio Riflessivo (Psicoterapia e Video Feedback) - Immagine: © skvoor - Fotolia.com -
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Visto il video, lo valutiamo in gruppo usando una scala di aderenza. Qui mi rendo conto di come i miei colleghi di corso siano tutti di formazione dinamica. C’è un gran parlare di transfert e di ricerca disperata di interpretazioni di transfert, per arrivare alla conclusione sconsolata che nel video Bateman non fa nemmeno un intervento di transfert che sia uno.

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Sono tutti delusissimi: volevano il transfert e hanno trovato la MBT! Ma che si aspettavano? Certo che la confusione regna sovrana. Ci si meraviglia tanto della quantità –a parere dei miei colleghi eccessiva per non dire spropositata- di interruzioni che Bateman infligge alla paziente. Si definisce il lavoro di Bateman con la paziente “very cognitive” mentre per me lo è poco, visto che ci si limita solo all’accertamento di pensieri ed emozioni.

Ma forse con pazienti così impulsivi -per non dire “incazzosi”- come i border la tecnica di Fonagy è adatta. Insomma, sono tutti degli psicoanalisti e Fonagy li sta spellando vivi. Il tutto per me è affascinante, anche se, lo confesso, va a finire che molte cose le sapevo già fare. Va sempre così ai seminari MBT.

Infine mi fanno girare un video con un’attrice. Sul serio. L’esercitazione finale consiste in un seduta con una paziente border simulata da un’attrice. Devo dire che l’attrice era bravissima. Pazzesco, mi hanno filmato con un’attrice. Questi mentalizzatori sono degli esaltati. Domani mi valuteranno la prestazione cinematografica. Insomma, finale hollywoodiano.

Vedremo come va a finire. Non so cosa pensare. Anzi, lo so. Voglio l’Oscar. Anzi, ne voglio tre. Come Daniel Day-Lewis.

 

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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