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Schema Corporeo

Come si è giunti al concetto di “schema corporeo”? Perché il termine spesso si sovrappone a quello di “immagine corporea”? Qual è la differenza tra i due?

Quando parliamo di rappresentazione del corpo, ci riferiamo a due costrutti: l’immagine corporea, argomento di discussione psicologica e lo schema corporeo, che interessa maggiormente la neuropsicologia.

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Come si è giunti al concetto di “schema corporeo”? Perché il termine “immagine corporea” si riferisce alla sola patologia psichica o psichiatrica? Quali sono i punti di sovrapposizione?

Il concetto di schema corporeo nasce agli inizi del XX secolo, ma una primissima elaborazione teorica sulla rappresentazione mentale del nostro corpo si può far risalire alla seconda metà del XIX secolo nella ricerca fisiologica e neurologica dell’epoca.

Il primo ad utilizzare il termine “schema corporeo” fu Bonnier, nel 1905, distinguendo il senso dello spazio e l’orientamento soggettivo rispetto al mondo esterno. Il criterio topologico di Bonnier ci consente di occupare un luogo nello spazio (solo nostro), all’interno del quale sappiamo orientarci e localizziamo le diverse parti del corpo. Egli definisce “aschematia” l’alterazione di tale rappresentazione topografica e spaziale e individua nell’attività vestibolare il contributo principale ad essa.

Schilder, nella sua opera “Immagine di sé e schema corporeo” (1935), definisce l’immagine del corpo umano come “il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi” oppure “lo schema corporeo è l’immagine tridimensionale che ciascuno ha di se stesso: possiamo anche definirlo immagine corporea”.

Schilder fu un autore molto apprezzato, ma l’errore che il mondo scientifico non gli ha perdonato è quello di aver utilizzato i termini “schema corporeo e immagine corporea” come se si trattasse dello stesso costrutto, mentre oggi sappiamo che lo schema corporeo è inconsapevole, mentre l’immagine corporea è presente alla coscienza.

Merleau-Ponty (1945), invece, oppone un “corpo-oggetto” ad un “corpo-me” assimilato al pensiero cosciente: conosciamo il nostro corpo attraverso le rappresentazioni mentali che ci facciamo di esso. Il soggetto è fatto di corpo e lo schema corporeo è un modo di esprimere che “il mio corpo è al mondo”, che funziona nel mondo come il cuore nell’organismo, e l’uomo è coscientemente in possesso dei suoi organi di cui conosce ogni posizione e orientamento.

La svolta in campo neuropsicologico si ha con Critchley (1953) e la sua opera The Parietal Lobes, la prima descrizione dettagliata dei disturbi dello schema corporeo quali l’anosognosia, la negligenza spaziale unilaterale, il terzo arto fantasma.

La ricerca moderna nasce solo nel secondo dopoguerra, grazie all’utilizzo dei metodi di indagine anatomofunzionale. Le ricerche localizzarono lo schema corporeo nel lobo parietale destro e attribuirono a questa localizzazione la maggior parte dei disturbi della rappresentazione corporea.

Lo schema corporeo può essere localizzato nella corteccia parietale destra, che comprende le aree 5, 7, 39 e 40 di Broadman. Le circonvoluzioni pre e postrolandica sono caratterizzate da somatotopia, cioè a definite zone del corpo corrispondono aree specifiche della corteccia cerebrale, così come rappresentato nell’Homunculus di Penfield.

I concetti di schema corporeo e di immagine corporea condividono la possibilità di rappresentare la totalità e la complessità del corpo umano. Mentre il primo è un articolato schema percettivo legato al processo di localizzazione spaziale compiuto dal sistema nervoso, la seconda include le componenti soggettivo-cognitivo-affettive delle rappresentazioni corporee. Essendo oggettivo il primo e soggettivo il secondo costrutto, divennero, rispettivamente, interesse della neuropsicologia e della psicologia.

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