Linguaggio negativo come indicatore di ansia e depressione
Un recente studio condotto in Polonia ha osservato che l’uso di parole a valenza negativa nel linguaggio spontaneo può essere associato all’aumento di sintomi di ansia e depressione nel tempo (Kaźmierczak et al., 2024).
Secondo i ricercatori, infatti, il linguaggio e, in particolare, la frequenza delle parole con valenza negativa (ad esempio, “orribile”) potrebbe fungere da marcatore affidabile di alcune condizioni di salute mentale.
Lo studio sull’ansia e la depressione
La ricerca ha reclutato 40 individui tra 22 e 44 anni, che avevano sperimentato nella loro vita un evento spiacevole e non avevano intrapreso alcun intervento di psicoterapia. A seguito della somministrazione della Structured Clinical Interview-I (SCID-I), i partecipanti sono stati divisi in depressi e non depressi, mentre attraverso il questionario Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) è stata rilevata l’intensità dei loro sintomi depressivi e ansiosi. Nell’arco di un anno, gli individui sono stati sottoposti a tre interviste strutturate, in cui descrivevano gli avvenimenti critici vissuti nella loro vita. Le tre sessioni erano distanziate tra loro in modo da conformarsi a tre fasi dell’elaborazione emotiva degli eventi negativi: una fase di shock iniziale entro due mesi dall’evento, un periodo di crisi interiore circa cinque mesi dopo e una fase di ricostruzione a partire da otto mesi dopo l’evento critico.
Le narrazioni delle esperienze vissute, raccolte all’interno delle interviste, sono state registrate, trascritte e analizzate in base alla valenza – positiva o negativa – delle parole utilizzate dai partecipanti per descrivere i propri stati d’animo. La valutazione della valenza delle parole adottate ha permesso ai ricercatori di tracciare cambiamenti negli stati emotivi e mentali degli individui e di differenziare diversi livelli di sintomi ansiosi e depressivi.
Il linguaggio come indicatore dello stato di salute mentale
I risultati dello studio evidenziano che i partecipanti che in genere utilizzavano più parole negative nel loro linguaggio mostravano anche sintomi di depressione e ansia più gravi, una tendenza presente sia nel gruppo di individui clinicamente depressi che in quelli non depressi.
Al contrario, l’uso di parole a valenza positiva (ad esempio, “bello”) era associato a livelli leggermente inferiori di depressione e ansia, sebbene tale associazione fosse risultata più debole rispetto a quella evidenziata nel linguaggio negativo.
Inoltre, variazioni nella frequenza dell’utilizzo di parole positive o negative nel tempo non erano associate a cambiamenti nei sintomi di ansia e depressione. Alla luce di tale osservazione, gli autori hanno ipotizzato che un pattern stabile di linguaggio potrebbe rivelarsi un indicatore affidabile dello stato di salute mentale degli individui.
Questi modelli linguistici a valenza negativa rappresentano un importante potenziale per il futuro nella valutazione della gravità dei sintomi di ansia e depressione.