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La percezione delle affordance sulla scena del crimine. Uno spunto letterario

Quali oggetti, progettati per altri scopi, potrebbero invitare all’uso criminoso? A volte le affordance dipendono dal contesto e dalle intenzioni

Di Francesco Consiglio

Pubblicato il 27 Lug. 2023

Un esempio letterario

Mary Maloney è la classica moglie americana degli anni Cinquanta, una donna operosa e devota che attende il marito lavorando all’uncinetto o preparando la cena. È incinta al sesto mese, e il futuro che l’aspetta è fatto di giorni passati a occuparsi della casa e dei bambini. Quando Patrick, il marito poliziotto, bussa alla porta, lei è pronta a celebrare un rituale che si ripete dal giorno del loro matrimonio: lascia pentole e fornelli, lo aiuta a sfilarsi il cappotto e gli versa un bicchiere di whisky. Ma il quadro idilliaco si lacera d’un tratto. L’uomo le comunica la sua intenzione di chiedere il divorzio, senza darle alcuna spiegazione.

La prima reazione di Mary è quella di augurarsi di essere in un brutto sogno dal quale bisogna uscire in fretta. Come un automa, scende le scale della cantina per prendere la carne da cucinare. Apre il freezer e istintivamente afferra un cosciotto d’agnello. Lo porta di sopra, reggendo con ambedue le mani l’osso e vede il marito in piedi davanti alla finestra. Lui le dice di non preparare la cena perché ha intenzione di mangiare fuori.

Ciò che accade dopo è narrato dallo scrittore britannico Roald Dahl nel racconto “Lamb to the Slaughter”, pubblicato nel 1953 sulla rivista Harper’s Magazine.

A quel punto, Mary non fece altro che avvicinarglisi e, senza la minima esitazione, brandì alto nell’aria il cosciotto d’agnello e glielo calò con tutta la forza che aveva sulla testa. Fu come se l’avesse colpito con una spranga di ferro.

Affordance e letteratura

Nel 1979, lo psicologo statunitense James Gibson pubblicò un’opera intitolata “Un approccio ecologico alla percezione visiva” in cui introduceva il concetto di affordance (in italiano potremmo tradurlo “invito all’uso”) utile a definire la qualità fisica di un oggetto che suggerisce a un essere umano l’insieme delle azioni che con esso si possono compiere. Esempi tipici di affordance facilmente percepibili sono: manopole da girare, maniglie da aprire, pulsanti da schiacciare. È evidente che alla base della costruzione di questi oggetti ci sia un lavoro di riflessione sulla capacità di un artefatto di assumere determinate funzioni piuttosto che altre. Ad esempio, le affordance di una pistola sono tali da permettere che essa possa essere usata anche come fermacarte, ma la sua vista ci fa subito pensare che è stata costruita per sparare. Se la pistola è finta ed è effettivamente un fermacarte possiamo dire che il designer che l’ha progettata ha voluto ingannarci generando in noi una falsa percezione.

Succede però a volte che le affordance siano ambivalenti e il loro uso dipenda dal contesto e dalle intenzioni dell’utilizzatore. Quali azioni ci suggerisce un coltello? L’esempio è interessante perché la sua forma ci invita a impugnarlo, e questa è un’affordance reale, ma per fare cosa? Tagliare il pane? Uccidere? Una forchetta è uno strumento per portare il cibo alla bocca, ma per un indigeno di una remota tribù potrebbe essere uno strumento di caccia per catturare piccoli animali. Una bottiglia di vetro può servire a bere o come arma di un delitto, se viene prima frantumata in pezzi più piccoli. Ne consegue l’evidenza che le persone non percepiscono tutte le affordance in modo uguale ma solo quelle che sono loro utili.

Torniamo al racconto di Roald Dahl.

Mary chiama la stazione di polizia e racconta, mentendo, che dopo avere fatto la spesa a un emporio alimentare, ha trovato il marito a terra. Due agenti accorrono e cercano in tutta la casa l’arma del delitto. Sospettano che possa essere non tagliente e quasi certamente dura come un sasso. Mentre cercano, il cosciotto di agnello cuoce in forno. Da lì a poco, Roald Dahl ci offrirà uno dei finali più eccentrici e originali della storia della letteratura poliziesca.

“Sarete molto stanchi” dice Mary. “Perché non mangiate quell’agnello che è nel forno? A quest’ora sarà cotto a puntino”.

I due agenti provano a rifiutare. Anche se si tratta della moglie di un collega, le regole di servizio non gli permetterebbero di bere o mangiare.

Ma la donna è irremovibile: “Vi prego. Mangiatelo. Personalmente, io non riuscirei a mangiare un solo boccone. Non in questa casa dove mio marito è stato ucciso. Mi fareste davvero un favore se mangiaste l’agnello”.

Dopo un po’ di esitazione, i poliziotti, in verità molto affamati, si lasciano persuadere e vanno in cucina a servirsi.

“Sono convinto che l’arma del delitto si trovi ancora qui in casa”, dice uno.

E l’altro risponde: “Forse l’abbiamo proprio sotto il naso e non riusciamo a vederla”.

Il significato delle affordance in criminologia

Questo breve articolo, poco più di un divertissement intellettuale, ha la pretesa, forse ingenua e di sicuro presuntuosa, di sollecitare una ricerca sull’esistenza di un potere predittivo delle affordance. Quali oggetti, progettati per altri scopi, potrebbero invitare all’uso criminoso? La letteratura offre parecchi esempi. Ne “La donna della domenica”, romanzo di Carlo Fruttero e Franco Lucentini del 1972, un architetto viene ucciso con un corpo contundente che si rivela essere un fallo di pietra. In “Misery”, romanzo di Stephen King pubblicato nel 1987, uno scrittore fatto prigioniero da una sua fan psicopatica prova a ucciderla scagliandole addosso la macchina da scrivere e provando a soffocarla con le pagine bruciate di un suo manoscritto. In un romanzo della serie “The Ghostwriter” di Noreen Wald c’è un serial killer che ammazza i ghostwriter colpendoli violentemente alla testa con una copia di “Delitto e Castigo” di Dostoevskij.

Un investigatore scientifico che cerca di far “parlare” la scena del crimine dovrebbe essere in grado di individuare velocemente le affordance degli oggetti presenti. Identificare il tipo di affordance di oggetti usati a scopo delittuoso può aiutare a riconoscere gli stimoli percettivi e cognitivi che possono avere inciso sul comportamento e sulle decisioni dell’autore di un delitto.

Ne “Il nome della rosa”, romanzo di Umberto Eco, l’assassino che uccide cospargendo veleno sulle pagine di un libro è un bibliotecario.

Cosciotto d’agnello: casalinga. Libro avvelenato: bibliotecario. Elementary, my dear Watson!

Resta da provare se la letteratura possa essere fatta coincidere con la realtà.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • James J. Gibson (2014) L’approccio ecologico alla percezione visiva. Mimesis, Milano.
  • Roald Dahl (2014), Cosciotto d’agnello, in Il meglio di Roald Dahl, Guanda, Milano.
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