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Il Disagio Psicologico? Punti di vista! il Self Discrepancy Monitoring

Disagio Psicologico. Perché decidiamo di utilizzare la lente del “cosa manca” piuttosto di quella della “cosa ho raggiunto”?

Di Chiara Manfredi

Pubblicato il 20 Giu. 2012

 

DISAGIO PSICOLOGICO: QUANTO CONTANO I PUNTI DI VISTA? NUOVA RICERCA SULLA SELF-DISCREPANCY  

Il Disagio Psicologico? Punti di vista! il Self Discrepancy Monitoring. - Immagine: © archinte - Fotolia.comLa prospettiva da cui si guarda il mondo non è rappresentativa del mondo stesso, ma di certo è predittiva degli stati d’animo e delle valutazioni su di sé e sul mondo che ne conseguono. Ogni situazione può essere osservata attraverso lenti diverse, che ci restituiscono diverse percezioni. Questo ce lo insegnano le immagini ambigue, i due profili bianchi che racchiudono una coppa nera, la giovane donna voltata che subito dopo diventa una anziana signora di profilo. E se questo è un effetto della diversità che caratterizza tutti noi, diventa problematico nel momento in cui facilita l’assunzione di un particolare punto di vista, che tende a riproporsi nelle diverse situazioni. Se è vero che i sistemi che funzionano sono i sistemi flessibili, quando un sistema è rigido, e in più anche settato su aspetti negativi e mancanti, questo può essere un problema che favorisce il mantenimento di emozioni sgradevoli.

Sembrerebbe la famosa storiella del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: l’acqua è un dato oggettivo, ma io cosa decido di guardare? Si è dimostrato, per esempio, che focalizzarsi in modo ripetitivo e inconcludente sulle cause del proprio umore depresso e sulle sue conseguenze faciliti le ricadute depressive (Nolen-Hoeksema, 2000), e per questo la “ruminazione” diventa un importante focus terapeutico per la prevenzione delle ricadute, una sorta di “boostering phase” della terapia, che rafforza appunto i risultati raggiunti.

Come o Perché? E le conseguenze per il pensiero.
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Se non ci interessa più di tanto capire cosa spinge una persona a percepire la figura di giovane donna voltata o quella di anziana signora di profilo, per le scarse ricadute applicative, è interessante invece capire cosa spinga le persone a focalizzarsi più sull’acqua mancante o su quella presente, più sul tragitto percorso o su quello che si ha ancora davanti.

Perché decidiamo di utilizzare la lente del “cosa manca” piuttosto di quella della “cosa ho raggiunto”?

Wells negli ultimi 10 anni ha messo un importante focus sulle credenze metacognitive, intese come convinzioni che ognuno di noi possiede circa l’utilità o il danno di determinati stili di pensiero (Wells, 2000). Come dire, se pensi in questo modo sarà perché ne percepisci un’utilità.

Alla luce dell’importanza della prospettiva che si adotta nel valutare e interpretare un evento o una serie di situazioni, il Gruppo Ricerca della Scuola di Specializzazione Studi Cognitivi sta implementando uno studio che mira a:

  1. Raccogliere dati circa la frequenza con cui le persone appartenenti alla popolazione generale tendono a utilizzare uno stile di pensiero focalizzato su ciò che c’è o ciò che manca;
  2. Valutare se e in che misura questo stile di pensiero si correla con i livelli di sintomi ansiosi e depressivi;
  3. Esplorare le credenze che le persone hanno circa l’utilità o il danno di uno stile di pensiero focalizzato su ciò che manca, sul bicchiere mezzo vuoto.

 

A questo scopo, chiediamo il vostro aiuto nella compilazione di 4 questionari che potrete visionare e riempire tramite internet in circa 10 minuti.

 

Questo è l’indirizzo: https://www.surveymonkey.com/s/discrepancymonitoring

Ovviamente tutti i dati verranno raccolti in forma anonima.

I risultati saranno pubblicati presto su State of Mind!

 

 

LEGGI ANCHE: La Solitudine: il modello della Discrepanza Cognitiva in Psicologia

 

 

BIBLIOGRAFIA:

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Chiara Manfredi
Chiara Manfredi

Teaching Instructor presso Sigmund Freud University Milano, Ricercatrice per Studi Cognitivi.

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