Il ruolo delle emozioni nell’apprendimento musicale: una prospettiva psicologica
Quando pensiamo alla musica, spesso la consideriamo in quanto forma d’arte o passatempo. Eppure, la musica può anche essere un potente alleato nei processi di apprendimento, soprattutto grazie al ruolo fondamentale che le emozioni giocano nel modo in cui impariamo, ricordiamo e ci motiviamo.
Nella psicologia contemporanea, le emozioni vengono descritte come sistemi complessi e multidimensionali, capaci di attivare risposte fisiologiche, comportamentali e cognitive. Secondo Plutchik, esistono circa 90 definizioni differenti di emozione, a dimostrazione della loro complessità (Plutchik, 2001). Egli identifica otto emozioni primarie, organizzate in coppie opposte — gioia/dolore, rabbia/paura, accettazione/disgusto, sorpresa/attesa — che possono combinarsi in un numero essenzialmente infinito di esperienze emozionali diverse (Plutchik, 2003).
Applicare queste conoscenze al contesto musicale significa riconoscere che l’apprendimento musicale non può essere separato dal coinvolgimento emotivo. Come dimostrato da Bigand et al. (2005), molte persone categorizzano i brani musicali in base a due dimensioni fondamentali: la valenza emotiva (positiva o negativa) e l’arousal (alto o basso livello di attivazione).
La musica come linguaggio emotivo soggettivo
La musica comunica emozioni in modo diretto e profondo: attraverso il tempo, il modo e il timbro di un brano, possiamo sperimentare sensazioni di malinconia, entusiasmo, tensione o rilassamento. Queste caratteristiche strutturali, che trovano un parallelo nella voce umana, contribuiscono a rendere la musica un linguaggio emotivo soggettivo a tutti gli effetti, in quanto sul piano percettivo ci può essere somiglianza nella percezione della stessa musica da parte di diversi individui, mentre sul piano emotivo non si può fare la stessa affermazione. La storia soggettiva e lo stato emotivo di un dato momento, quindi, rendono complesso lo studio delle emozioni in musica (Schön et al., 2007).
Non solo tecnica: perché le emozioni contano quando si studia musica
La pedagogia musicale contemporanea valorizza sia la dimensione cognitiva che quella emotiva. L’apprendimento musicale, infatti, non è solo sviluppo di abilità tecniche, ma anche formazione di un pensiero espressivo e personale. Howard Gardner, nella sua teoria delle intelligenze multiple, ha riconosciuto l’intelligenza musicale come una forma autonoma di intelligenza, con una sua localizzazione cerebrale specifica e un rapporto indipendente dagli oggetti fisici del mondo (Gardner, 1987).
In questo senso, la musica diventa un’attività a sé stante, come il linguaggio, con una sua grammatica e un suo lessico emotivo. La presenza di emozioni nel processo di apprendimento musicale non è solo accessoria, ma centrale. Le emozioni vissute durante l’apprendimento agiscono come potenti organizzatori dell’impegno e della motivazione.
Uno studio condotto in Australia da St. George et al. (2013) ha approfondito questo aspetto, indagando il rapporto tra coinvolgimento emotivo e apprendimento musicale strumentale. I risultati mostrano che quanto più un individuo è emotivamente coinvolto in modo positivo nella musica, tanto più partecipa con costanza al percorso formativo e ottiene risultati migliori.
In definitiva, emozioni e musica possono formare una relazione reciproca e fertile, capace di sostenere l’apprendimento, stimolare la memoria e rinforzare la motivazione. La musica non è solo un insieme di suoni ordinati, ma può rivelarsi un’esperienza umana complessa, in grado di attivare, modulare e dare senso alle nostre emozioni più profonde.