Etnopsicologia e psicologia interculturale
L’etnopsicologia, definita anche psicologia etnica o psicologia delle minoranze etniche, è una branca della psicologia sociale che studia come fattori quali cultura, tradizioni, lingua e pratiche sociali tipiche di una nazione o di un territorio, influenzano atteggiamenti, esperienze e comportamenti individuali e collettivi (APA Dictionary of Psychology, 2018). L’etnopsicologia esamina il modo in cui il contesto culturale ed etnico plasma la nostra comprensione ed espressione della salute e della malattia mentale (Angelini, 2023).
Il termine etnopsicologia fu inizialmente coniato dai filosofi dell’800 Moritz Lazarus e Heymann Steinthal e successivamente recuperato da Wundt nel ‘900, che la definì come lo studio dei prodotti mentali creati dalle comunità (Belsiyal, 2016).
La psicologia interculturale è descritta dall’American Psychological Association come interessata alle somiglianze e alle variazioni nel comportamento umano nelle diverse culture per identificare i diversi costrutti psicologici e modelli esplicativi utilizzati da queste culture (APA Dictionary of Psychology, 2018). In altri termini, la psicologia interculturale esplora le somiglianze e le differenze nel pensiero e nel comportamento tra individui provenienti da culture diverse. Gli scienziati che utilizzano un approccio interculturale si concentrano e confrontano partecipanti di diversi gruppi culturali per esaminare i modi in cui stili cognitivi, percezione, espressione emotiva, personalità e altre caratteristiche psicologiche si relazionano ai contesti culturali. Confrontano anche i gruppi culturali su dimensioni ampie come individualismo e collettivismo, ovvero quanto una cultura enfatizzi l’individualità dei suoi membri rispetto ai loro ruoli in un gruppo più ampio.
La psicologia interculturale in parte prende in prestito idee, teorie e approcci dall’antropologia; riconosce inoltre l’importanza di analizzare le differenze interculturali identificate attraverso meccanismi socio-psicologici (Berry, 2013).
Il ruolo dello psicologo “di frontiera”
Etnopsicologia e psicologia interculturale rappresentano due approcci che enfatizzano la diversità umana (a partire da quella psicologica), pur affermando che nessuna delle differenze psicologiche identificate tra le culture suggerisce che una sia migliore dell’altra (Henrich, 2020). In una società caratterizzata da un livello di interconnessione tra culture senza precedenti, soprattutto a seguito della pandemia da Covid-19 che ha favorito i collegamenti da remoto tra individui provenienti da ogni parte del mondo, figure quali l’etnopsicologo e lo psicologo interculturale possono rivestire ruoli preminenti nella cura e nella promozione della salute mentale.
In particolare, gli psicologi che lavorano con popolazioni con diversità etnica, linguistica e culturale possono favorire i seguenti processi:
- aumentare negli utenti la consapevolezza dei propri valori e delle proprie norme culturali;
- tenere conto di pratiche, lingue, filosofie e visioni del mondo appartenenti a popolazioni indigene, a minoranze sociali e culturali, in quanto è attraverso queste visioni del mondo che gli individui danno un senso a se stesse e al mondo;
- promuovere a livello istituzionale la comprensione, il rispetto e l’apprezzamento per l’individualità e la diversità delle convinzioni dei pazienti con diverso background etnico-culturale;
- aiutare i pazienti a determinare se un “problema” derivi da razzismo o pregiudizi negli altri (si vedano le linee guida APA per l’erogazione di servizi psicologici a popolazioni etnicamente, linguisticamente e culturalmente diverse);
- incorporare nelle ricerche sperimentali fattori culturali, in modo da non ignorare il background dei partecipanti e il suo impatto sugli esiti degli studi (Wang, 2016);
- considerare non solo criteri utili alla diagnosi differenziale, ma anche convinzioni e valori culturali dei pazienti e della loro comunità nel fornire un intervento. A tal riguardo, le linee guida APA illustrano il caso di un disturbo diffuso tra i nativi americani Navajo, chiamato “Moth Madness”, con sintomi simili a crisi epilettiche. I Navajo ritengono che il disturbo sia il risultato soprannaturale di pensieri o comportamenti incestuosi. Sia la diagnosi differenziale che l’intervento, in questo caso, dovrebbero tenere in considerazione fattori culturali della Moth Madness;
- favorire, nella presa in carico di rete dei servizi, interazioni nella lingua richiesta dal paziente, incentivando il ricorso a traduttori e/o mediatori linguistici e culturali;
- rispettare i ruoli dei membri della famiglia, delle strutture della comunità e delle gerarchie all’interno della cultura del paziente, identificando eventuali risorse nella famiglia e nella comunità più ampia;
- rilevare e rimuovere conflitti tra valori culturali e diritti umani, pregiudizi, distorsioni e pratiche discriminatorie che possono influenzare il benessere psicologico della popolazione assistita.