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The Covenant (2023): l’Alleanza (terapeutica)

Ambientato sullo sfondo della guerra in Afghanistan, il film The Covenant (2023) rimanda ad alcuni aspetti chiave del concetto di alleanza terapeutica

Di Jacopo Cammarata

Pubblicato il 05 Nov. 2024

The Covenant: può un film di guerra parlare dell’alleanza terapeutica?

>>> Attenzione! L’articolo può contenere spoiler <<<

Una squadra dell’esercito statunitense in missione in Afghanistan e un interprete che si incontrano, permettendo la nascita di un legame fraterno, di fiducia e, anche, sopravvivenza. Questo l’incipit della vicenda narrata nell’ultima opera di Guy Ritchie, autore – tra gli altri – dei celebri blockbuster come Sherlock Holmes (2009), Sherlock HolmesGioco di ombre (2011) e di The Gentlemen (2019, da cui una serie spin-off targata Netflix del 2024). Ambientato sullo sfondo della guerra in Afghanistan, The Covenant, film d’azione e drammatico del 2023, narra la storia del sergente John Kinley (Jake Gyllenhaal) e di Ahmed (Dar Salim), interprete afghano, che rischierà la sua vita per sfuggire alla cattura dei talebani e salvare entrambi. 

Non c’è da prendersi in giro: The Covenant è un film di guerra con una narrazione, tra le altre, particolarmente attenta agli aspetti militari. Il tracciare una similitudine tra una storia come questa e l’alleanza terapeutica della psicologia clinica può sembrare azzardato. Ma forse è proprio tra soldati, in cui i legami che si stringono in situazioni di isolamento e stress costante diventando fratellanza, che un rapporto diadico può essere o diventare più intenso. E quindi, il paragone diventare più azzeccato.

Due persone appartenenti a due culture diverse, due vite diverse, mondi diversi. Le loro storie arrivano a incrociarsi e viene fondato un patto. Devono imparare a fidarsi l’uno dell’altro, processo che richiede tempo, e che avviene per prove ed errori. Per esempio, un momento vede Ahmed prendere l’iniziativa, compiere un gesto che non viene condiviso a parole, senza riflettere e “istintivamente” (in una seduta terapeutica, potremmo parlare di enactment). Ma la rottura viene riportata nel dialogo, spiegata, condivisa e ricomposta. Con lo svolgersi della trama, la storia dei due protagonisti arriva a un punto critico, in cui tra la vita e la morte, la fiducia reciproca è essenziale e uno pone la propria vita nelle mani dell’altro, che la salva. Si crea così un legame, successivo al patto, che riconduce poi il salvato dal salvatore, che sente di essere legato e di non poter recidere quello che unisce.

L’alleanza terapeutica in The Covenant

Secondo Luborsky (1976), l’alleanza terapeutica può essere definita e si sviluppa come un concetto dinamico. Egli distingue due tipi di alleanza: quella riscontrabile nelle prime fasi della terapia, basata sulla percezione del paziente del terapeuta come di supporto, e l’alleanza tipica delle fasi successive del lavoro. Quest’ultima rappresenta la relazione collaborativa tra paziente e terapeuta che si instaura per superare i problemi, condividere le responsabilità e raggiungere gli obiettivi (della terapia).

Allo stesso modo, si riscontrano parallelamente nel film queste due fasi, in due momenti distinti in modo molto chiaro. Nella prima parte della pellicola, la percezione di supporto e beneficio è presente sia in John (esplicitamente) che in Ahmed (implicitamente), mentre nella seconda parte la relazione emerge chiaramente come collaborazione tra i due, per permettere di superare i problemi reciproci, tra la vita e la morte. Ancora, l’alleanza terapeutica si compone di tre elementi essenziali: condivisione degli obiettivi del trattamento, accordo sui compiti reciproci e sviluppo di un legame personale positivo tra paziente e terapeuta. Quest’ultimo componente risulta avere un ruolo privilegiato, perché permette di stabilire e rispettare obiettivi e compiti. Il rapporto di fiducia e stima tra paziente e terapeuta permette che il primo creda nella capacità del secondo di aiutarlo, e che il terapeuta a sua volta debba avere fiducia nelle risorse del paziente (Bordin, 1979).

Emerge chiaramente il carattere collaborativo dell’alleanza terapeutica, e quindi di conseguenza della psicoterapia in generale, come lavoro condiviso tra due soggetti interagenti tra loro ed entrambi attivi.

Perché si instauri un legame solido e di fiducia reciproca, o perché più in generale si costruisca una alleanza forte e una terapia abbia buon esito, è allora necessario che i due mondi interni di paziente e terapeuta si incontrino. Entrambi, infatti, giocano allo stesso modo un ruolo fondamentale, e sono ciascuno rappresentanti di appartenenze diverse, così come storie personali e di vita, contesti e sviluppi, non per forza simili. Questa differenza è sottolineata e veicolata nel film, attraverso le scene di condivisione familiare o con amici di entrambi i personaggi, sottolineando però proprio in questo modo le similitudini e i punti di contatto che i protagonisti condividono, pur provenendo da background e mondi, appunto, diversi.

In sintesi, è possibile notare come l’alleanza terapeutica sia questo: basandosi sul conoscersi reciprocamente, sul fidarsi l’uno dell’altro, il paziente porta il suo mondo al terapeuta, che se ne prende carico, se ne prende cura, e lo salva. Perché quello che avviene è un “salvare la vita” del paziente, quando questi non è in grado di vedere, o di agire, per il proprio bene e la propria salvaguardia. Nel momento in cui il paziente è preso in cura dal terapeuta, a lavoro iniziato, esso è salvato, perché le sue istanze sono ascoltate. Ma anche il terapeuta, prendendosi cura del paziente, salva se stesso (come Ahmed salva sé e la sua famiglia), dal momento che il lavoro fonda parte della propria identità, ci permette di avere un ruolo sociale, e così un posto. Il patto che viene stabilito vede benefici per entrambi, così come responsabilità e fatiche. Nella pellicola, Ahmed salva Kinley e da lui si farà salvare.

L’importanza dell’alleanza terapeutica

Dopo aver definito il concetto dell’alleanza terapeutica nella pratica clinica, è fondamentale sottolineare la sua importanza. Già con Freud (1913), viene sostenuto il valore fondamentale che la relazione tra analista e paziente riveste per il successo della terapia, basandosi sui sentimenti positivi che si sviluppano tra curatore e curato. Oggi è di estrema rilevanza come la forza della relazione collaborativa tra paziente e terapeuta sia stata riconosciuta come cruciale da terapeuti provenienti da diversi background teorici (Summers & Barber, 2003), e la qualità dell’alleanza risulti più predittiva dell’esito positivo rispetto al tipo di intervento attuato (Ardito & Rabellino, 2011). L’alleanza terapeutica costituisce quindi il fattore terapeutico aspecifico con maggiore capacità di predire l’esito positivo di un trattamento psicoterapeutico, rappresentando così un nucleo concettuale e clinico di estrema rilevanza (Ardito & Rabellino, 2011; Horvath, Del Re, Flückiger, & Symonds, 2011; Summers & Barber, 2003). 

Un ulteriore passaggio interessante è anche quello che viene fatto quando viene rimarcata la differenza tra tradurre e interpretare. Ahmed non è chiamato solo a tradurre, ovvero la trasposizione quanto meno “manomessa” possibile da una lingua a un’altra, bensì a interpretare: quindi, dall’interpretazione dei sogni di Freud (1895), decifrare un contenuto manifesto per rendere esplicito quello latente. Il dare un significato a parole, pensieri e comportamenti, il restituire un contesto e un senso al suo interno, una visione più ampia che permetta di comprendere cosa si possa celare dietro a qualcosa che semplicemente “tradotto” lo nasconderebbe. 

L’Alleanza: un legame, una promessa, un impegno

In conclusione, nei crediti di coda il regista esplicita il significato dell’Alleanza: un legame, una promessa, un impegno. Una terapia condivide o può condividere queste tre componenti, e l’alleanza terapeutica che si instaura tra paziente e terapeuta li rispecchia. Il paziente sarà curato affidandosi al terapeuta ma agendo in prima persona nella propria vita, il terapeuta potrà curare efficacemente un paziente solo sforzandosi e impegnandosi, rispetto alle resistenze e agli ostacoli che saranno posti. 

The Covenant, in ultima istanza, non si basa su una storia vera, ma piuttosto dipinge la moltitudine di storie delle persone che hanno lavorato come interpreti per l’esercito americano in Afghanistan. I titoli di coda restituiscono il destino di questi individui, uccisi dai talebani o costretti a nascondersi. Il tradimento del patto tra contingenti militari di paesi occidentali e forze e interpreti locali non è l’oggetto di questo articolo, così come considerazioni di natura geo-politica o morale. L’approfondimento di queste tematiche è lasciato alla discrezione del lettore.   

L’intero punto di The Covenant è onorare la parola data, la sacra responsabilità di mantenere la propria parte di un accordo: l’impegno preso vicendevolmente, i patti che strutturano le relazioni, in guerra così come in terapia. 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ardito, R. B., & Rabellino, D. (2011). Therapeutic alliance and outcome of psychotherapy: historical excursus, measurements, and prospects for research. Frontiers in psychology2, 270.
  • Bordin, E. S. (1979). The generalizability of the psychoanalytic concept of the working alliance. Psychotherapy, 16, 252–260. 
  • Freud, S. (1913). On the beginning of treatment: further recommendations on the technique of psychoanalysis. In J. Strachey (a cura di), The Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud (pp. 122-144). Londra: Hogarth Press.
  • Horvath, A. O., Del Re, A. C., Flückiger, C., & Symonds, D. (2011). Alliance in individual psychotherapy. Psychotherapy48(1), 9.
  • Luborsky, L. (1976). Helping alliances in psychotherapy: the groundwork for a study of their relationship to its outcome. In J. L. Cleghorn (a cura di) Successful Psychotherapy (pp. 92-116). New York: Brunner-Mazel. 
  • Summers, R. F., & Barber, J. P. (2003). Therapeutic alliance as a measurable psychotherapy skill. Academic Psychiatry, 27(3), 160-165.
  • State of Mind. Relazione terapeutica 
  • Los Angeles Times. Review: ‘Guy Ritchie’s the Covenant’ interprets the intense bond of brotherhood forged in war
  • The Washington Post. ‘Guy Ritchie’s The Covenant’: A masterfully manipulative war thriller
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