Come i suoni alterano la percezione di ciò che stiamo mangiando
Il crack del cioccolato che ricopre il Magnum mentre si spezza al primo morso, la croccantezza delle Pringles sgranocchiate, il ftzzzzzz della Coca Cola quando apriamo la lattina…
Crackers, cereali, biscotti, wafer, ma anche mele, sedano, carote: gli alimenti producono suoni più o meno rumorosi, “da soli” (es. Il frizzare di una bevanda gassata) o in seguito all’interazione con chi li consuma (es. Il croccare delle patatine masticate).
Non ce ne rendiamo conto, ma i suoni prodotti dagli alimenti giocano un ruolo rilevante nella nostra esperienza degustativa – che è multisensoriale e complessa – e di godimento a tavola.
Per esempio, il suono generato dalla croccantezza ci fornisce informazioni circa la consistenza di ciò che stiamo mangiando e in alcuni casi sulla sua freschezza: si pensi al crock delle foglie di lattuga fresca sotto i denti, al contrario dei biscotti lasciati aperti da un mese, ormai stantii e molli.
Inoltre la croccantezza rende l’alimento più “interessante”: la gradevolezza di molti alimenti infatti è fortemente influenzata dai suoni prodotti quando li mordiamo; quanto ci piace sentire crunch crunch!
Diversi studi di neuroscienze cognitive nel campo della ricerca alimentare (Spence, C., 2015) hanno dimostrato che l’alterazione del suono prodotto da un alimento può modificare la nostra percezione dell’alimento stesso.
Pump up the volume
Nel 2004 Zampini e Spence condussero il primo esperimento basato su un approccio multisensoriale alla percezione del gusto che coinvolgesse anche il senso dell’udito.
Durante lo studio chiesero ai partecipanti di mangiare delle Pringles indossando delle cuffie che riproducevano il suono registrato della loro masticazione. Tuttavia il volume e la frequenza del suono veniva modificati dagli sperimentatori all’insaputa dei soggetti. I risultati dell’esperimento furono talmente inaspettati che valsero nel 2008 ai due ricercatori l’Ig Nobel (celebre premio satirico dedicato alle ricerche scientifiche più assurde, ma utili) nel campo della nutrizione: per aver modificato elettronicamente il suono di una patatina, facendo credere a chi la stava mangiando che fosse più fresca e croccante di quanto non fosse in realtà.
Infatti dalla ricerca emerse che, nonostante le Pringles provenissero dalla stessa confezione, i partecipanti valutavano le patatine come più croccanti e più fresche quando il livello sonoro veniva aumentato e/o quando venivano potenziati i suoni ad alta frequenza e, al contrario, come più rafferme e più molli quando l’intensità del suono veniva ridotta e/o quando i suoni ad alta frequenza associati al morso della patatina venivano attenuati.
Risultati simili furono ottenuti anche in un altro studio che ha indagato la croccantezza e la durezza delle mele Renetta Canada, Golden Delicious e Fuji (Dematté et al., 2014). Anche in questo caso è stato dimostrato che la riduzione del feedback uditivo porta a una riduzione della croccantezza percepita.
Sembra quindi che la nostra percezione della consistenza dei cibi possa essere modificata semplicemente alterando i suoni prodotti dagli alimenti.
Tenetelo a mente la prossima volta che darete una festa: assicuratevi che la musica non sia troppo alta, se non volete essere tacciati di aver rifilato ai vostri ospiti patatine stantie: la croccantezza si deve sentire…anche con le orecchie!