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Choice overload, why more is less

Avere molte opzioni da un lato aumenta la libertà di scelta, ma dall'altro può anche portare effetti negativi. Perchè questo avviene?

Di Alessandro Jarach

Pubblicato il 08 Nov. 2024

Libertà di scelta: l’official dogma di Schwartz

C’è un dogma (chiamato da Schwartz, “official dogma”) che permea tutte le società industriali occidentali quando si parla di welfare. Si pensa che il modo per massimizzare il benessere dei cittadini sia di massimizzare la loro libertà. Conseguentemente, per massimizzare la libertà, bisogna massimizzare le possibilità di scelta; infatti, più scelte si hanno, più libertà si ha e, più libertà si ha, più benessere c’è (Schwartz, 2004). Questo dogma, purtroppo, non è sempre veritiero, infatti esso presenta due facce. Per quanto riguarda la “faccia positiva”,  la ricerca psicologica evidenzia una correlazione positiva tra la varietà di scelta e la motivazione intrinseca (Deci et al., 1985), felicità (Taylor & Brown, 1988; Taylor, 1989) e senso di controllo (Langer, 1975; Schulz & Hanusa, 1978). Infatti,  disporre di maggiore possibilità di scegliere rende più probabile appagare i propri bisogni (Anderson, 2006). Un altro aspetto intuitivamente positivo è che l’ampia scelta permette più facilmente di realizzare il desiderio di cambiamento (Ariely &Levav, 2000) e di aumentare la libertà di scelta (Reibstein et al., 1975). 

Il paradosso della libertà di scelta

Quindi, se da un lato la presenza di molte scelte consente all’individuo una maggior libertà di decisione, dall’altro, un eccesso di opzioni disponibili può comportare dei lati negativi.

Troppe opportunità di scelta comportano il rischio di: 

  • paralisi al posto di libertà (Schwartz, 2004; Iyengar & Lepper, 2000). Infatti, con troppe opzioni disponibili le persone hanno difficoltà a selezionare una scelta, ciò crea procrastinazione e paralisi fino addirittura a far preferire al decisore di delegare la scelta a qualcun altro (Beattie et al., 1994).
  • Anche nel caso in cui si riuscisse a superare questa paralisi ed effettuare una scelta, la probabilità che la scelta fatta sia soddisfacente decresce all’aumentare delle opzioni di scelta che si hanno (Iyengarm et al., 2006; Schwartz 2004).

 Infatti, più opzioni di scelta sono disponibili, più il risultato della scelta sarà difficile che ci soddisfi pienamente rispetto a quanto lo si sarebbe se ci fossero state meno opzioni tra cui scegliere, e ci sono diverse ragioni per questo. 

La prima ragione è quella che, con l’aumentare delle scelte disponibili, aumenti anche il possibile rimpianto riguardo alla scelta effettuata. Più opzioni di scelta ci sono, più è facile provare rimpianto per qualsiasi (anche minima) aspetto non completamente soddisfacente riguardante l’opzione scelta. Questo minimo aspetto non completamente soddisfacente verrà catastrofizzato, elicitando rimpianto nella persona riguardo al fatto che avrebbe potuto compiere un’altra scelta priva di difetti  (anche se minimi) difetto. Questa dinamica di rimpianto sottrae quindi soddisfazione dalla decisione fatta, anche se si trattava di  una buona scelta (Inbar et al., 2011; Schwartz, 2004). 

Un’altra ragione della minore soddisfazione  in merito alla scelta fatta è ben spiegata nel costrutto (appartenente alla microeconomia) di “Opportunity cost” (Von Weiser, F., 1914). Il modo in cui attribuiamo valore alle cose dipende da ciò con cui le confrontiamo. Perciò, quando le alternative di scelta da considerare sono molte, molti sono anche gli aspetti attraenti (solitamente idealizzati) di tutte le alternative che si sono scartate. Come nel caso del rimpianto, l’opportunity cost rende meno soddisfacente la scelta anche quando questa è buona. Ciò accade perché, quando si seleziona una scelta, se ne stanno automaticamente scartando altre con caratteristiche attraenti, il che renderà la scelta selezionata meno soddisfacente. Infatti, più opzioni  da considerare ci sono, più aspetti attraenti di queste opzioni saranno percepiti come opportunity costs (Haynes, 2009; Schwartz, 2004; Botti et al., 2004).

Infine, l’ultima ragione è collegata all’esaltazione delle aspettative in quanto statisticamente parlando, più è elevata la quantità di scelte possibili più è elevata l’opportunità di fare una scelta che potenzialmente ti rende soddisfatto e minore è il rischio di fare una scelta che non avresti mai voluto fare (Anderson, 2006). Quest’abbondanza di scelte, però, ha un altro effetto collaterale oltre al rimpianto e all’opportunity cost già citati. Si tratta di un effetto collaterale che agisce sulle aspettative che si hanno prima di prendere una decisione. Infatti, la ricerca scientifica indica che il livello di felicità e appagamento relativo ad una scelta intrapresa decresce all’aumentare del numero di opzioni che si avevano a disposizione (Schwartz, 2000). In poche parole, ci si sente peggio di come ci si sarebbe sentiti dopo aver fatto una scelta in un contesto in cui le opzioni erano minori. Con tante opzioni disponibili, infatti, le aspettative riguardanti la scelta aumentano. L’individuo tende a idealizzare e ad avere aspettative molto alte riguardo alla qualità di un’opzione potenzialmente disponibile (Schwartz, 2004). Il processo di esaltazione delle aspettative avviene con le seguenti passaggi:

  • L’individuo che si trova nella situazione di dover fare una scelta in un contesto con molte opzioni disponibili tende ad avere aspettative elevate riguardo al fatto che, tra tutte le scelte disponibili, ce ne sarà una (o almeno una) che possa soddisfarlo pienamente.  Queste aspettative derivano dal fatto che, dato che ci sono molte scelte disponibili, ci sono elevate probabilità che almeno una si confaccia a ciò di cui ha bisogno.
  • L’individuo quindi non solo tende a pensare che, tra le tante opzioni di scelta disponibili, ce ne sia una che lo soddisferà, ma tenderà a idealizzarla, ritenendo che questa abbia le potenzialità per essere perfetta o comunque molto soddisfacente (Story, G. W. et al., 2024).

Per processo inverso, al diminuire delle opzioni di scelta disponibili, diminuiscono anche le aspettative riguardo alla qualità di queste. Meno opzioni di scelta a disposizione si hanno, minori aspettative si avranno. In questa situazione infatti vengono a mancare i presupposti in cui il processo di idealizzazione possa svilupparsi. Nel caso di un contesto in cui ci sono poche opzioni disponibili, l’individuo non ha lo spazio di fantasticare o di avere aspettative che non siano conformi a ciò che è immediatamente accessibile alla coscienza; infatti, in un contesto del genere, l’individuo conosce tutte le opzioni disponibili e sa che non ci potrebbe essere nient’altro che quello (Schwartz, 2004). 

  • Il terzo, ed ultimo, passo del processo è successivo al momento della scelta. All’aumentare delle aspettative si riscontra un abbassamento della soddisfazione riguardo alla scelta fatta (Botti et al., 2004; Chernev, 2014; Schwartz, 2002). Nel momento in cui si compara quello che si è scelto con le nostre aspettative iniziali, ciò che abbiamo scelto verrà percepito come meno soddisfacente rispetto a ciò che ci si aspettava di avere. Quindi, più scelte a disposizione si hanno, più decresce la soddisfazione relativa alla scelta fatta, anche quando quest’ultima, sulla carta, è una buona scelta. Nelle società industriali di oggi non esiste più la sorpresa, il massimo a cui si può ambire è che il risultato della scelta selezionata eguagli le aspettative che si avevano prima di fare quella scelta (Schwartz, 2000; 2004).

Gli effetti negativi prodotti da una sovrabbondanza di scelte

In conclusione, tutti questi effetti negativi prodotti da una sovrabbondanza di scelte convergono e impattano gravosamente sul protagonista che deve compiere la scelta, ossia, su se stessi. Infatti, che ci si trovi a vivere un momento di paralisi o di rimpianto relativo ad una scelta fatta, ci si autoincolperà della situazione che si sta vivendo. Alla domanda riguardo a chi sia il responsabile di questa scelta (o di questa non scelta), la risposta è ben chiara: sei tu! Sei tu che avresti potuto fare di meglio; con tutte quelle scelte disponibili non c’è nessuna scusa per fallire (Schwartz 2000; 2004; Harrison, P. et al., 2022).

Quindi, tornando all’Official Dogma di Schwartz, il risultato è che avere tante opzioni di scelta permette all’individuo di percorrere la strada più adeguata verso la propria autorealizzazione o verso il soddisfacimento dei propri bisogni. In generale, però, ci sentiamo peggio (Iyengar et al., 2006). Aggiungere opzioni alle vite delle persone non può essere d’aiuto nell’aumentare il welfare, anzi, rischia di creare paralisi e procrastinazione, rimpianto e opportunity costs, alte aspettative destinate a non essere realizzate, poca soddisfazione riguardo alla scelta e self-blame (Schwartz, 2004).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Anderson, Chris (2006), The Long Tail: Why the Future of Business Is Selling Less of More, New York: Hyperion.
  • Beattie, J., Baron, J., Hershey, J. C., & Spranca, M. D. (1994). Psychological determinants of decision attitude. Journal of Behavioral Decision Making, 7(2), 129 144.
  • Botti, S., & Lyengar, S. S. (2004). The psychological pleasure and pain of choosing: when people prefer choosing at the cost of subsequent outcome satisfaction. Journal of personality and social psychology, 87(3), 312–326. 
  • Chernev, Alexander; Böckenholt, Ulf; Goodman, Joseph (2015). Choice overload: A conceptual review and meta-analysis. Journal of Consumer Psychology, 25(2), 333–358. 
  • Dan Ariely, Jonathan Levav, Sequential Choice in Group Settings: Taking the Road Less Traveled and Less Enjoyed, Journal of Consumer Research, Volume 27, Issue 3, December 2000, Pages 279–290.
  • Deci, E. and Ryan, R. (1985). Intrinsic Motivation and Self-Determination in Human Behavior. New York: Plenum Press
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  • Harrison, P., Lawrence, A. J., Wang, S., Liu, S., Xie, G., Yang, X., & Zahn, R. (2022). The Psychopathology of Worthlessness in Depression. Frontiers in psychiatry, 13, 818542.
  • Iyengar, S. S., & Lepper, M. R. (2000). When choice is demotivating: Can one desire too much of a good thing? Journal of Personality and Social Psychology, 79(6), 995–1006. https://doi.org/10.1037/0022-3514.79.6.995
  • Iyengar, S. S., Wells, R. E., & Schwartz, B. (2006). Doing better but feeling worse. Looking for the “best” job undermines satisfaction. Psychological science, 17(2), 143–150. https://doi.org/10.1111/j.1467-9280.2006.01677.x
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  • Von Wieser, F. (1914). Theorie der gesellschaftlichen Wirtschaft. English translation Social Economics (1927), translated into English by A. Ford Hinrichs, with a preface by Wesley Clair Mitchell. New York: Adelphi and co. Reprinted by Augustus M. Kelly, New York, (1967).
  • Yoel Inbar; Simona Botti; Karlene Hanko (2011). Decision speed and choice regret: When haste feels like waste. , 47(3), 0–540. 
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