Cos’è la psicopatia?
Colman (Colman, 2001) definisce la psicopatia come “Un disturbo mentale approssimativamente equivalente al disturbo antisociale di personalità, ma con enfasi su tratti affettivi e interpersonali come il fascino superficiale, la menzogna patologica, l’egocentrismo, la mancanza di rimorso e l’insensibilità”.
Generalmente, quando si descrive una persona psicopatica si pensa a un soggetto di genere maschile, dotato di scarsa empatia e scarso senso di colpa, con spiccate abilità nel mentire, manipolatore e spietato, costantemente alla ricerca di potere e controllo. Pian piano, negli anni, si è leggermente sfumata la convinzione che gli psicopatici siano criminali violenti con disturbo antisociale di personalità, ma ciò che non è cambiato è la convinzione che la psicopatia riguardi prevalentemente il genere maschile (Davis, 2024).
Secondo Clive Boddy (Boddy, 2005), esperto di psicopatia nel mondo aziendale e professore presso l’Anglia Ruskin University, il numero di donne che soffrono di questo specifico disturbo psichiatrico potrebbe essere molto più alto di quanto si possa immaginare. Il motivo principale per cui le donne psicopatiche non vengono notate così tanto quanto gli uomini psicopatici, risiede in una esternalizzazione comportamentale molto più contenuta: il comportamento delle donne psicopatiche risulta sottile e meno evidente di quello maschile e riesce più facilmente a passare inosservato. Le donne psicopatiche vengono descritte da Boddy come inclini ad esprimere la violenza in forma verbale piuttosto che fisica, oltre a prediligere una violenza prettamente di natura emotiva e relazionale, attuando, inoltre, comportamenti subdoli per ottenere vantaggi personali.
La principale causa dell’esclusività di genere della psicopatia
Il problema principale risiede nella struttura della scala di valutazione utilizzata per identificare i tratti psicopatici, la scala di psicopatia auto-riportata di Levenson (LSRP), che era stata creata tenendo in considerazione unicamente il genere maschile. Questo perché, un tempo, gli studi sulla psicopatia venivano effettuati prettamente su un campione criminale detenuto in carcere, che non vedeva coinvolto il genere femminile. Non a caso, la LSRP era suddivisa in due moduli: nel primo si analizzava il distacco emotivo, l’insensibilità, la manipolazione e l’egoismo, mentre nel secondo modulo, che si focalizzava sullo stile di vita psicopatico, ci si concentrava sulla violenza e sui comportamenti antisociali, i quali, come già anticipato, sono maggiormente tipici del comportamento psicopatico maschile e quasi per nulla di quello femminile (Davis, 2024).
Uomini vs Donne, cosa ci dicono le statistiche sulla psicopatia?
Per molto tempo si è creduto che il rapporto tra psicopatici maschi e psicopatiche femmine fosse di dieci a uno, ma secondo Boddy (Boddy, 2005) si tratterebbe quasi di un rapporto uno a uno. Non a caso, i risultati basati sul primo modulo della LSRP indicano che all’incirca il 23% degli uomini presenta tratti sufficienti per essere considerati problematici per la società, pur non essendo stati diagnosticati come psicopatici e, secondo gli studi di Boddy, tali tratti non sono così rari nelle donne. Infatti, all’incirca il 12/23% delle donne presenta tratti potenzialmente problematici per la società.
In generale risulterebbe fondamentale svolgere ulteriori studi in merito alla psicopatia femminile, per essere in grado non solo di avere statistiche più attendibili ed esaustive, ma anche per poter affinare ulteriormente i servizi di salute mentale e gli interventi specifici volti al trattamento di questa condizione psichiatrica.