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Perché certe persone rivelano molto di se stesse e altre sono più riservate?

Quali sono le motivazioni sottostanti all’auto-apertura rispetto alla riservatezza nelle relazioni interpersonali?

Di Lucia Salatini

Pubblicato il 09 Gen. 2024

Perché alcune persone sono più aperte e altre più riservate?

Può capitare di chiedersi perché certe persone tendano a parlare di sé e della propria vita più spesso e con maggiore apertura, mentre altre tendano ad essere più riservate e a non condividere molto di se stesse. A questo proposito, Miller e colleghi (Miller et al., 1983) hanno condotto un esperimento per comprendere le differenze tra queste due tipologie di persone e capire meglio le motivazioni che portano i soggetti a metterne in pratica un determinato comportamento a discapito di un altro.

Lo studio di Miller (Miller et al., 1983) parte da alcuni limiti di ricerche precedenti; ad esempio studi precedenti non avrebbero considerato alcune variabili situazionali significative nella dinamica della condivisione di sé con l’altro, quali ad esempio il livello di intimità con l’interlocutore. In tal senso, il livello di confidenza e di intimità dei contenuti rivelati da una persona ad un’altra, non è solo il prodotto di un singolo individuo, ma un’interazione influenzata da entrambi i membri della diade.

Come le caratteristiche dell’interlocutore influenzano la riservatezza

Generalmente, le persone tendono a rivelare informazioni personali e intime a coloro che si dimostrano calorosi e con buone capacità d’ascolto. A questo proposito, è stato svolto un esperimento in cui i soggetti sperimentali si ritrovavano singolarmente a conversare con uno sconosciuto e venivano spronati a raccontare aneddoti delle loro vite. Dai risultati è emerso che, quando lo sconosciuto reagiva positivamente durante l’interazione, dimostrandosi caloroso e ricettivo (ad esempio, ascoltando attivamente e sorridendo), le persone tendevano a rivelare più facilmente alcune informazioni personali. Quando invece l’interlocutore si presentava poco accogliente e disattento nei loro confronti, i soggetti erano più restii a condividere informazioni personali (Heller, 1972).

Una scala per misurare apertura e riservatezza

In questo studio, Miller e i suoi colleghi hanno innanzitutto ideato una “scala di apertura” per indagare sia la capacità di auto-apertura delle persone, sia la capacità di promuovere la condivisione di contenuti personali in altre persone. La scala d’apertura ideata dagli studiosi è composta da 10 item, ciascuno dei quali è accompagnato da una scala Likert a 5 punti che va da (4) fortemente d’accordo a (0) fortemente in disaccordo. Per quanto riguarda il contenuto, gli item rientrano in una delle tre opzioni: a) le reazioni percepite dagli altri (ad esempio, “le persone si sentono rilassate quando mi circondano”), (b) interesse nell’ascoltare gli altri (ad esempio, “mi piace ascoltare le persone”) e (c) abilità interpersonali (ad esempio, “riesco a far parlare le persone di sé”). La scala d’apertura è stata somministrata a 740 studentesse universitarie.

Risultati e conclusioni

I risultati dello studio hanno dimostrato che, nelle interazioni tra estranei, le persone che tendono a rivelare poco di sé stesse, rivelano più informazioni quando il loro interlocutore è una persona tendenzialmente più aperta e che condivide molte sue informazioni personali, rispetto a quando si interfacciano con una persona a sua volta molto riservata.

Un altro risultato interessante di questo studio riguarda i dati relativi al gradimento; nelle fasi iniziali delle interazioni con estranei le persone molto espansive non sono piaciute di più di quelle riservate. Tuttavia, nelle relazioni a lungo termine, quindi ad esempio quelle amicali, coloro che si rivelano maggiormente venivano apprezzati di più di coloro che non rivelavano molto di sé. Naturalmente, i risultati di questo studio si basano su un campione di donne e, pertanto, è necessario procedere con cautela nel generalizzare i risultati ottenuti su campioni maschili. Tuttavia, le ricerche condotte finora su un campione maschile, suggeriscono che i risultati potrebbero essere simili (Purvis & Hopper, 1981).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ehrlich, H. J., & Graeven, D. B. (1971). Reciprocal self-disclosure in a dyad. Journal of Experimental Social Psychology7(4), 389-400.
  • Miller, L. C., Berg, J. H., & Archer, R. L. (1983). Openers: Individuals who elicit intimate self-disclosure. Journal of personality and social psychology44(6), 1234. 
  • Heller, K. (1972). Interview structure and interviewer style in initial interviews. In Studies in dyadic communication (pp. 9-28). Pergamon.
  • Jourard, S. M., & Resnick, J. L. (1970). Some effects of self-disclosure among college women. Journal of Humanistic Psychology10(1), 84-93.
  • Pedersen, D. M., & Breglio, V. J. (1968). The correlation of two self-disclosure inventories with actual self-disclosure: A validity study. The Journal of Psychology68(2), 291-298. 
  • Purvis, J. A., Dabbs Jr, J. M., & Hopper, C. H. (1984). The” opener” skilled user of facial expression and speech pattern. Personality and Social Psychology Bulletin10(1), 61-66.
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