expand_lessAPRI WIDGET

I rischi di una mente veloce: dalle euristiche allo stigma

La psicologia sociale ha studiato come alcune modalità di elaborazione cognitiva, seppur spesso funzionali, possano nascondere dei rischi

Di Marina Morgese

Pubblicato il 18 Ott. 2023

La Social Cognition

In un precedente articolo abbiamo definito, a grandi linee, i concetti di euristiche, bias e stereotipi. Ben consapevoli di far riferimento a costrutti appartenenti alla Psicologia Sociale, in particolare all’approccio della Social Cognition, in cui molte teorie e visioni sono state avanzate in merito ai fenomeni descritti, abbiamo cercato di semplificare le definizioni e rendere i tre concetti più vicini anche ai lettori meno esperti.

Ci muoviamo dunque nell’ambito della Social Cognition che, come abbiamo visto, studia il modo in cui le persone pensano a se stesse, agli altri e al mondo sociale, mettendo in luce sia come i fattori sociali influenzano gli aspetti cognitivi, sia come gli aspetti cognitivi impattano sulla conoscenza dei contesti sociali. Aggiungiamo ora, sempre in ottica divulgativa, dei tasselli in più, cercando di capire come alcune modalità di elaborazione cognitiva, seppur spesso funzionali, possano nascondere dei rischi che si riversano a livello sociale. Per farlo, ci serviremo di un piccolo esempio.

Nb – per la realizzazione di questo articolo nessun Muffin è stato maltrattato!

Euristiche

Come abbiamo spiegato nel precedente articolo, le euristiche sono delle strategie cognitive che portano a conclusioni veloci con il minimo sforzo. Esse facilitano e accorciano i nostri processi di pensiero in quelle situazioni in cui diventa difficile elaborare giudizi, scelte e/o decisioni.

Un esempio: Muffin è un animale autonomo, non condiziona particolarmente i ritmi dei suoi umani, sa stare bene da solo e ama da impazzire giocare coi gomitoli. Che animale è Muffin: un cane o un gatto? Molti di noi, valutando le caratteristiche elencate, risponderanno “probabilmente Muffin è un gatto”. Per rispondere ci è venuta in aiuto l’euristica della rappresentatività, ovvero quell’euristica secondo cui la rilevanza di alcuni criteri di un oggetto è utilizzata per stabilire l’appartenenza dell’oggetto a una determinata categoria (le caratteristiche di Muffin mi fanno pensare che egli faccia parte della categoria “gatti”).

Le euristiche sono spesso accurate, ma possono andare incontro a dei fallimenti, i cosiddetti bias cognitivi.

Bias

I bias cognitivi sono degli errori di pensiero, fondati su percezioni errate o deformate.

Quando quindi ci troviamo in una situazione che richiede un giudizio critico e non intuitivo, i bias ci portano a conclusioni sbagliate.

Un esempio: Devo badare a Muffin (il gatto di un mio amico) per poche ore, bene perché così potrei capire se l’idea di adottare un gatto fa per me. Muffin ha giocato molto col gomitolo ma non mi ha mai fatto le fusa come speravo, è proprio vero quello che dicono “i gatti amano stare da soli”. Forse non prenderò un gatto, voglio un animale più socievole e non uno che ama stare da solo.

In questo caso c’è un bias di conferma: non analizzo la situazione facendo riferimento a più informazioni (il gatto ha comunque giocato, forse non fa le fusa perché non mi conosce ancora bene, non tutti i gatti sono come Muffin, ecc.), ma basandomi solo su un aspetto che conferma una mia precedente idea: Muffin non ha giocato perché i gatti amano stare da soli. Questo bias ha un effetto sulla mia scelta di poter adottare un gatto.

Il pensare in modo veloce anche laddove ci sarebbe bisogno di una elaborazione più approfondita può impattare notevolmente nella vita di tutti i giorni, non solo sulle decisioni o sulla ricerca di soluzioni, ma anche sul modo di relazionarci agli altri.

Stereotipi

Se bias cognitivi ed euristiche sono intesi come processi di pensiero, gli stereotipi hanno natura più nozionistica (Collins e Loftus 1975). Ovvero: se bias ed euristiche si riferiscono a “come penso”, gli stereotipi si riferiscono al “cosa penso”.

Gli stereotipi sono strutture cognitive che immagazzinano le nostre convinzioni e aspettative sulle caratteristiche che i membri di determinati gruppi sociali dovrebbero possedere.

Lo stereotipo si basa sulle nozioni conservate nella nostra memoria semantica, nella quale i concetti sono collegati tramite reti associative (se penso alla “Spagna”, probabilmente mi verrà in mente “corrida” e successivamente “Hemingway”, tutti ricordi legati tra loro tramite reti associative). Anche le associazioni stereotipate (“stare da soli = autonomia” oppure “stare da soli = essere anaffettivi”) sono immagazzinate nella memoria semantica e vengono attivate automaticamente (Devine, 1989) tramite quei bias cognitivi che intaccano il nostro modo di classificare le cose: un solo indizio relativo alla categoria riesce a farci attivare una serie di associazioni automatiche stereotipate in modo inconsapevole (Devine e Sharp, 2009).

Questo processo cognitivo automatico gioca un ruolo non solo nella categorizzazione degli oggetti, ma anche nelle persone, dando così origine –per l’appunto– agli stereotipi sociali.

Gli stereotipi possono essere sia positivi che negativi, ma, trattandosi comunque di ipergeneralizzazioni, sia i cosiddetti stereotipi positivi che quelli negativi sono di fatto imprecisi e potenzialmente dannosi.

Esempio:

“I gatti amano stare da soli, perciò sono animali autonomi” (stereotipo positivo)

 “I gatti amano stare da soli, perciò sono anaffettivi” (stereotipo negativo) 

Gli stereotipi possono essere considerati il nucleo cognitivo del pregiudizio.

Pregiudizi

Il pregiudizio è descritto dalla World Health Organization (2021) come una reazione emotiva o un sentimento, sia di natura positiva che negativa, diretto verso una persona in base alla sua appartenenza a un gruppo, che si manifesta senza che vi sia stata esperienza diretta con quella persona o con quel gruppo.

I pregiudizi tendono ad essere resistenti al cambiamento perché distorcono anche la percezione delle informazioni relative al gruppo o alla persona verso cui abbiamo un pregiudizio.

Esempio:

“I gatti sono anaffettivi, non mi piacciono proprio”.

Discriminazione

Stereotipi e pregiudizi portano spesso a fenomeni di discriminazione. La discriminazione consiste invece nelle azioni, nelle pratiche, nelle politiche che si basano sulla percezione dell’appartenenza degli altri a un determinato gruppo diverso dal proprio e che creano loro sofferenza, svantaggi e disagi.

Esempio:

Trovo il gatto Muffin e il cane Pallino in difficoltà per strada, soccorro Pallino ma non aiuto né chiamo qualcuno che possa soccorrere Muffin.

Stigma

La discriminazione si associa a un altro pericoloso fenomeno, quello dello stigma. Goffman definisce lo stigma come un “attributo profondamente discreditante” e come qualcosa che riduce chi lo porta ad essere visto (e a sentirsi!) come “una persona contaminata”.

Lo stigma dunque contraddistingue una persona come diversa dalle altre e scredita ampiamente la sua identità. Le conseguenze della stigmatizzazione (come quelle di stereotipi, pregiudizi e discriminazione d’altronde!) possono essere, come è facile immaginare, molto gravi.

Esempio:

“Muffin è un gatto! Stategli alla larga!”

Muffin, sapendo di essere un gatto, si isolerà e starà sempre peggio.

Come evitare di incorrere in questi fenomeni?

È chiaro come, per non incorrere in questi fenomeni, risulti importante conoscerli e riconoscerli. Solo capendo come funziona la nostra mente diventa possibile distinguere se e quando è utile pensare in modo veloce e intuitivo e se è quando è più opportuno riflettere su ciò che ci circonda, informarsi su quanto accade intorno a noi e mettere in discussione quegli assunti che diamo per scontati e che fanno male a noi stessi e agli altri.

E comunque… viva i gatti!

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
La mente veloce: definizione di euristiche, bias e stereotipi

Nella presa di decisioni siamo guidati da alcuni meccanismi mentali che velocizzano il processo: euristiche, bias e stereotipi

ARTICOLI CORRELATI
Così fan tutti: il conformismo sociale nell’esperimento di Solomon Asch

La psicologia sociale si è dedicata a lungo alla ricerca e allo studio del tema dell’influenza sociale e del conformismo

Perché seguiamo le norme sociali?

Quali motivi spingono i soggetti a rispettare le norme sociali e a mettere al primo posto il bene sociale piuttosto che la libertà personale

WordPress Ads
cancel