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L’intolleranza alla frustrazione

I pensieri irrazionali sull’intolleranza alla frustrazione davanti ad eventi difficili non fanno che alimentare il malessere psicologico

Di Maria Gazzotti

Pubblicato il 29 Set. 2023

Quante difficoltà possiamo sopportare?

L’intolleranza alla frustrazione è la convinzione che non si riuscirà a sopravvivere o superare qualcosa di spiacevole: “Non posso sopportarlo”, “Non saprei come affrontare la situazione”.

Le persone credono di essere nate con una certa soglia di sopportazione dei problemi o delle sofferenze e, una volta superata una certa quantità di essi, credono di non poterne tollerare altri (DiGiuseppe, 2014). Ma è davvero così?

Lucia, 24 anni, ha da 8 anni una relazione sentimentale con Giovanni, si sono conosciuti al liceo e da lì sono sempre stati insieme. Ora, però, Giovanni ha espresso a Lucia alcuni dubbi sul loro rapporto e le ha comunicato che vorrebbe porre fine alla relazione. Questa notizia ha sconvolto Lucia, che afferma di non sapere come fare; non ha più voglia di uscire con gli amici e non riesce a lavorare. La situazione le sembra insopportabile e si sente disperata.

Come accennato sopra, gli esseri umani hanno la tendenza a monitorare la frustrazione e la sofferenza che sperimentano, con l’idea che ci sia un limite a quanto possono sopportare, in base a quelle che sono le proprie presunte risorse e capacità di fronteggiare le difficoltà. La possibilità che la vita ci metta di fronte a eventi che appaiono insostenibili genera ansia e sconforto e sono proprio i pensieri irrazionali sull’intolleranza della frustrazione ad alimentare il malessere psicologico portando a emozioni come ansia, depressione o rabbia e allo sviluppo di disturbi psicopatologici (DiGiuseppe, 2014).

L’obiettivo della Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT) di Albert Ellis è quello di riconoscere al paziente che si trova ad affrontare una situazione complicata e dolorosa, che può richiedere una maggior tolleranza della frustrazione rispetto alla media, ma dopodiché andare oltre, utilizzando i principi di tolleranza e accettazione.

La bassa tolleranza alla frustrazione

Il termine inizialmente utilizzato da Ellis per indicare questo concetto non era intolleranza alla frustrazione, bensì bassa tolleranza alla frustrazione. Questa espressione è stata poi abbandonata e sostituita in quanto rischiava di essere invalidante per il paziente e poco utile per portare al cambiamento e alla riduzione della sofferenza psicologica.

Parlare di bassa tolleranza alla frustrazione rischiava infatti di dare l’impressione che secondo il clinico il paziente non fosse in grado di sopportare gli eventi negativi, quando, talvolta, la persona si trova oggettivamente ad affrontare una situazione difficile e che prevede più frustrazioni di altre. Pensiamo per esempio a chi si trova ad affrontare la malattia di un proprio caro e si scontra con cure inefficaci. In questo caso le frustrazioni possono essere più numerose di quelle che altri possono trovarsi ad affrontare. Il problema non è quindi la bassa tolleranza alla frustrazione ma la percezione che la propria capacità di tollerare le frustrazioni non sia sufficiente per raggiungere i propri scopi (DiGiuseppe, 2014).

Le tipologie di intolleranza alla frustrazione

Harrington ha individuato quattro tipi di intolleranza alle frustrazioni (Harrington, 2005), che condividono lo stesso meccanismo sottostante:

  • Intolleranza alle emozioni: incapacità di sopportare la sofferenza emotiva
  • Intolleranza alle ingiustizie: indisponibilità a tollerare la violazione di quelli che si ritengono essere i propri diritti o quelli altrui
  • Intolleranza ai disagi: incapacità di sopportare ostacoli dovuta all’idea che la vita dovrebbe essere “più facile”
  • Intolleranza agli insuccessi: frustrazione davanti al fallimento di un proprio scopo

Sviluppare la tolleranza della frustrazione

Saper tollerare la frustrazione è necessario per poter vivere a pieno la propria vita, senza lasciarsi spaventare o condizionare dalle eventualità negative.

Ora, non possiamo negare che una situazione come quella di Lucia sia dolorosa e che questo possa arrecarle sofferenza, ma cosa significa il fatto che per lei sia insopportabile? Cosa intende Lucia con questa affermazione?

Fermandoci a riflettere possiamo riconoscere che le sarà necessaria una buona dose di tolleranza alla frustrazione, che passerà un periodo difficile, sperimenterà parecchie emozioni negative, ma dove sta scritto che non può sopravvivere a questo evento?

È qui che entrano in gioco i concetti di tolleranza e accettazione, che devono essere introdotti nel colloquio clinico esplicitando come il messaggio non sia quello di sminuire i problemi dell’altro, ma, al contrario, trasmettere la convinzione che ogni difficoltà sia in qualche modo affrontabile. In effetti, riprendendo il caso di Lucia, capita a (quasi) tutti di vivere una delusione sentimentale e di avere l’impressione di non sapere come superarla, ma in qualche modo è possibile andare avanti, accettare l’accaduto e trovare le risorse per tollerarlo e proseguire con la propria vita.

Quindi ricordiamoci che spesso abbiamo più risorse di quel che pensiamo e che le difficoltà possono sembrare insuperabili, ma possiamo trovare dentro di noi la capacità di tollerare la frustrazione anche quando a primo impatto ci sembra insopportabile.

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Maria Gazzotti
Maria Gazzotti

Redattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Harrington, N. (2005). The Frustration Discomfort Scale: development and psychometric properties. In Clinical Psychology and Psychotherapy, 12, pp. 374-387.
  • DiGiuseppe, R.A., Doyle, K.A., Dryden, W. & Backx, W. (2014). Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale. Raffaello Cortina Editore.
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