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People-pleasing: come smettere di voler piacere agli altri a tutti i costi

Il people pleaser si mostra estremamente disponibile e accomodante con gli altri nel tentativo di compiacerli e ottenere così la loro approvazione

Di Micol Agradi

Pubblicato il 05 Lug. 2023

Aggiornato il 13 Lug. 2023 15:49

I “people-pleaser” sono quelle persone che tentano di piacere agli altri a tutti i costi. Questa tendenza è spesso legata a una paura dell’abbandono sviluppata nel corso di un’infanzia difficile. Tre sono i modi possibili per liberarsi da essa: coltivare l’auto-consapevolezza, definire i confini e lasciare andare le opinioni degli altri.

Cos’è il fenomeno del people-pleasing

 In psicologia il termine “people-pleasing” fa riferimento alla tendenza a voler piacere agli altri a tutti i costi. Si tratta di un vero e proprio stile di funzionamento per cui la persona si mostra estremamente disponibile e accomodante con gli altri nel tentativo di compiacerli e ottenere così la loro approvazione.

È innegabile che la condiscendenza e la capacità di venire incontro agli altri siano tratti desiderabili, ma non per questo anche interamente vantaggiosi. Come in molte cose, la salute sta nell’equilibrio: nei people-pleaser, il problema non sarebbe tanto la presenza di queste tendenze, quanto la loro costanza e pervasività nel delineare un pattern di funzionamento ricorrente in diverse situazioni. Di fatto, molto spesso, dietro il bisogno di mettere costantemente gli altri al primo posto si nasconderebbe una risposta al trauma, che con il tempo può portare a un dannoso abbandono di sé.

L’infanzia dei people-pleaser

Come molte problematiche psicologiche, la tendenza assolutistica a voler essere approvati dalle persone pone le sue radici nel passato di questi individui. Nella maggior parte dei casi, infatti, i people-pleaser nascondono un’antica paura dell’abbandono come conseguenza di traumi relazionali e di attaccamento vissuti in infanzia, dove la loro fiducia epistemica nelle relazioni è stata recisa alla base. L’esperienza infantile riportata da questi individui rimanda all’idea che, a un certo punto della loro crescita, hanno imparato che avere dei limiti, affermare i propri bisogni ed esprimere la propria individualità avrebbe necessariamente portato a sentimenti di colpa o vergogna e a condizioni di giudizio o separazione.

Per potersi immedesimare nel vissuto di queste persone, potrebbe essere utile immaginare un bambino che, in risposta all’espressione di emozioni forti (ad esempio, attraverso il pianto), si trova di fronte a una di queste reazioni genitoriali: una in cui l’adulto cerca in tutti i modi di mettere a tacere il bambino con comunicazioni imperative e aggressive e una in cui l’adulto ignora il figlio, invitato a continuare a piangere da solo nella propria stanza, senza farsi vedere. In entrambi i casi, il messaggio che il bambino assorbe è che esprimere come ci si sente e avere dei bisogni è troppo per gli altri, dunque reprimere i propri sentimenti è l’unico modo per poter essere accettati e inclusi. Se pensiamo alla natura del bambino, il cui bisogno emotivo più essenziale è essere visto, apprezzato e sentire di appartenere, questo messaggio può risultare estremamente confondente e disorganizzante.

Il servilismo dell’adulto traumatizzato

Se, nel corso della sua infanzia, il bambino cresce in un’atmosfera familiare repressiva ed evitante, da adulto potrà diventare un people-pleaser che compiace gli altri, a costo di sacrificare la sua verità interiore. In altre parole, potrà diventare una persona che, nella sofferenza di dover mettere i propri bisogni in secondo piano per sopravvivere, è in continua lotta per mantenere un equilibrio mentale.

Questo stile di funzionamento, nel lungo termine, non porterebbe solo a sviluppare delle credenze mentali distorte su se stessi (“Se dico quello che penso, gli altri mi rifiuteranno”), ma anche dei corrispondenti pattern fisici di servilismo e adulazione.

 Anche se, nel panorama scientifico psicologico, le risposte più comuni del sistema nervoso al trauma rimangono lotta, fuga e congelamento, negli ultimi tempi la risposta servile è diventata un modello sempre più riconosciuto fra gli esperti del trauma (Walker, 2013). In questo contesto, con servilismo gli autori si riferiscono alla tendenza dei people-pleaser di evitare o ridurre il conflitto per sentirsi protetti e più sicuri con l’altro, in modo da guadagnarne l’approvazione.

Certamente una quota di adulazione può essere un tratto necessario e vantaggioso in alcuni contesti (pensiamo a quelli dove c’è una differenza di potere, come quello lavorativo), ma quando si tratta di uno stile di risposta cronico, ciò può diventare fisicamente estenuante ed emotivamente stressante.

Come liberarsi dell’obbligo di compiacere gli altri

Date queste premesse, molti psicologi si sono interrogati su quale sia il modo migliore per favorire il benessere psico-fisico dei people-pleaser.

Secondo Allyn, tre possono essere gli interventi più efficaci per aiutare queste persone a smettere di ottenere a tutti i costi l’approvazione dell’altro.

Coltivare l’autoconsapevolezza

Dal momento che i people-pleaser sono molto concentrati sul garantire il benessere dell’altro così da essere accettati, è importante che essi inizino a traslare questo obiettivo su di sé. In termini pratici, dovrebbero imparare ad attenzionare ed accogliere i propri bisogni emotivi, fisici e relazionali per quelli che sono, senza combatterli o reprimerli. Dovrebbero iniziare a notare quando scatta la risposta servile del sistema nervoso, praticando la respirazione e il movimento per centrarsi su di sé e radicarsi. Solo così essi potrebbero passare da una mente reattiva a una mente razionale, riconoscendo ed esprimendo le proprie esigenze momento dopo momento.

Definire i confini

Il people-pleaser dovrebbe essere incoraggiato a perseguire la cura di sé come imperativo primo, sapendo che questo passa anche attraverso il dire di no. Sebbene le persone che avevano sempre beneficiato della mancanza di confini del people-pleaser potrebbero inizialmente respingere i limiti nuovi che egli impone, questo non elimina il suo diritto ad averli. Sviluppare dei confini è un modo sano per preservare la propria energia così da poterla restituire autenticamente agli altri.

Lasciare andare le opinioni altrui

È naturale voler essere apprezzati, ma è un’illusione pretendere di piacere a tutti. Gli esseri umani sono delle entità complesse che, in quanto tali, non sempre possono essere accettati da tutti per le sfaccettature che mostrano. In questa direzione, non controllare costantemente ciò che l’altro pensa su di sé e ricordarsi che a volte l’opinione dell’altro può celare una proiezione personale che nulla ha a che fare con noi, può essere veramente d’aiuto per i people-pleaser.

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