Il perdono, “un balsamo miracoloso” in grado di curare le ferite emotive. Questo il tema del testo “Perdonare se stessi e gli altri. Strategie per fare pace con il passato”, scritto a quattro mani, nato dalla collaborazione di un noto monaco Guidalberto Bormolini ed una stimata psicoterapeuta, Roberta Milanese, entrambi autori di già numerose pubblicazioni.
Il perdono libera l’anima, rimuove la paura.
È per questo che il perdono è un’arma potente.Cit. Nelson Mandela (p.5)
Il perdono non è soltanto oggetto di interesse nell’ambito della religione, ma anche in quello di diversi altri settori, dalla psicologia alla spiritualità e alla medicina; negli ultimi trent’anni ne sono stati messi in luce i suoi effetti benefici a livello psicofisico. Un “balsamo miracoloso” per le ferite emotive, lo definiscono gli autori del testo, ma, seppur utile, estremamente difficile da concedere e concedersi.
Rabbia, risentimento, rancore sono tra le emozioni che abitano il cuore della persona ferita, emozioni che diventano tossiche più per chi le prova che per la persona a cui sono indirizzate, ossia l’offensore. Ma chi è in grado di ferirci di più?
Genitori, fratelli, figli, partner. Spesso infatti la ferita è molto più sensibile al tipo di legame affettivo che all’effettivo danno.
Ma, ancora, dolore, senso di colpa, rimorso, vergogna, paura di soffrire nuovamente, desiderio di vendetta, spesso attanagliano la persona ferita, ma come affermava Francis Bacon “un uomo che medita la vendetta mantiene fresche le sue ferite” (p.20).
Cosa rende difficile perdonare?
Gli autori offrono ampie riflessioni, tra queste il confondere il perdonare con il dimenticare, perdonare come “scusare”.
“Nel perdono non si scusa il torto, ma ci si libera di tutte le emozioni e i pensieri negativi legati al ricordo di ciò che si è vissuto” (p.41).
Tra le spiegazioni rientrano anche il bisogno di giustizia, spesso mascherato di desiderio di vendetta, la tendenza a giudicare, ritenere il perdono come atto di debolezza, temere che perdonare debba per forza corrispondere al riconciliarsi.
Nella seconda parte del testo viene approfondito invece, come tali ferite emotive, affinché possano guarire, necessitino di tempo e di cura da parte della persona.
Il testo si focalizza anche sul lavoro in psicoterapia, offrendo utili spunti, tecniche per gli addetti ai lavori, funzionali all’accompagnamento nel difficile, ma non impossibile, viaggio del perdono. Tra queste la scrittura dei torti subiti, la “congiura del silenzio” come manovra terapeutica utile ad evitare il continuo socializzare del problema, l’“epistolario della rabbia e della vendetta”, utile strumento volto a far decantare emozioni tossiche che impedirebbero il perdono, ed altro ancora, esposto con chiarezza e precisione.
Infine, l’ultima parte apre le porte a riflessioni più profonde sul registro spirituale. Il significato e l’importanza del perdono all’interno della religione cristiana, la confessione come strumento potente di riconciliazione, il perdono concesso anche in ambito giuridico. Tutti gli ambiti dell’uomo sono intrisi di colpe, pene e perdono per tornare alla vita; ancora una volta si evidenzia come il perdono sia faticoso ma essenziale strumento di guarigione non tanto e non solo verso chi è rivolto, quanto per la stessa persona che lo concede.
Una lettura dal tema importante ma resa leggera, un pregio riconoscibile nello stile di entrambi gli autori del testo. Se il perdono è un prezioso dono, questo testo ne sa esaltare anche la bellezza e utilità.