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La formulazione condivisa del caso nella terapia cognitivo-comportamentale standard

La formulazione condivisa del caso consente di condividere col paziente un modello della sua disfunzione emotiva, del razionale del cambiamento comportamentale e degli interventi.

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 10 Mag. 2023

Il nucleo della formulazione condivisa del caso si riferisce al fatto che ogni passo è attuato al fine di aumentare la consapevolezza del paziente della formulazione stessa e del razionale del trattamento.

Gli assunti della CBT

Secondo la terapia cognitivo-comportamentale standard i disturbi emotivi dipendono da contenuti mentali distorti che possono essere rielaborati attraverso la riattribuzione verbale cosciente. In accordo con Dobson e Dozois (2010), gli approcci CBT (cognitive behavioral therapy) storici (tra cui ritroviamo la terapia cognitivo comportamentale standard) condividono i seguenti assunti:

  • a) Il ruolo di mediazione della cognizione: c’è sempre un’elaborazione cognitiva degli eventi interni ed esterni che possono influenzare la risposta dell’individuo a questi eventi;
  • b) La possibilità che l’attività cognitiva sia accessibile alla coscienza e può essere monitorata, valutata, misurata e rielaborata attraverso scelte consapevoli all’interno di una collaborazione esplicitamente negoziata tra paziente e terapeuta;
  • c) Il cambiamento dei comportamenti può essere mediato e incoraggiato da queste valutazioni cognitive.

La formulazione condivisa del caso

Il capitolo di Ruggiero, Caselli e Sassaroli intitolato “La formulazione del caso nella Terapia Cognitivo Comportamentale standard” (Ruggiero, Caselli e Sassaroli, 2022) e pubblicato all’interno del libro edito dagli stessi autori, affronta la tematica della formulazione condivisa del caso tra paziente e terapeuta nella terapia cognitivo-comportamentale standard, in cui le credenze cognitive negative sul sé giocano un ruolo chiave nella formulazione del caso e nella condivisione di esso con il paziente stesso.

È importante sottolineare che formulare il caso in maniera condivisa con il paziente consente di evitare il rischio di ridurre il processo terapeutico a una mera identificazione delle credenze distorte del paziente da parte del terapeuta: secondo tale modello il paziente non viene “passivamente istruito delle proprie credenze disfunzionali e distorsioni cognitive per poi abbandonarle a seguito di un processo di riapprendimento cognitivo in seduta”. Anzi, in un’ottica che tecnicamente viene definita “empirismo collaborativo” (Hollon e Beck 1979) il paziente stesso è chiamato ad assumere un ruolo attivo in cui la valutazione dei meccanismi disfunzionali viene visto come uno strumento condiviso per un cambiamento consapevole.

Gli autori del capitolo sottolineano che vi sono state critiche di razionalismo (Guidano 1987, 1991; Mahoney 1995, 2003) mosse alla terapia cognitivo-comportamentale standard, come se presupponesse “l’imposizione non condivisa di un software da impiantare nella mente del paziente e che può funzionare senza la sua attiva cooperazione” (Ruggiero, Caselli e Sassaroli, 2022).

Altri autori Tee e Kazantzis (2011) hanno risposto a tali critiche affermando che l’empirismo collaborativo di Beck “non è semplicemente volontà di coinvolgimento del paziente né solo un accordo sui compiti o sugli obiettivi. Piuttosto, il terapeuta cognitivo mira a coinvolgere il paziente in una genuina condivisione del lavoro di definizione degli obiettivi e di creazione attiva dei compiti terapeutici, incoraggiandolo progressivamente ad assumere il ruolo principale in queste attività, per quanto possibile” (Tee e Kazantzis 2011, p. 49).

In tal senso, l’empirismo collaborativo può agire come un processo di cambiamento specifico poiché il cambiamento delle credenze disfunzionali accadrà più facilmente se la spinta al cambiamento proviene da uno sforzo collaborativo, piuttosto che da un insegnamento didattico del terapeuta (Dattilio e Padesky 1990).

Secondo Ruggiero, Caselli e Sassaroli (2022) la formulazione condivisa del caso presuppone l’empirismo collaborativo e anzi ne rappresenta un’evoluzione in termini operativi: da un punto di vista operativo condividere con il paziente la formulazione del caso significa condividere un modello della sua disfunzione emotiva, del razionale del cambiamento comportamentale e degli interventi.

Il ruolo attivo del paziente

La comprensione condivisa deve essere ricercata in un accordo iniziale in cui il paziente accetta di sperimentare il modello di terapia proposto. Come sottolinea Beck è necessario negoziare un accordo tra le aspettative del paziente e quelle del terapeuta (Beck 1976) riconoscendo la tensione tra la speranza del paziente di trovare sollievo emotivo senza impegno attivo e il compito del terapeuta di incoraggiare il paziente a cercare questo sollievo attraverso un impegno attivo. Secondo questo modello, la speranza del paziente di ricevere passivamente un sollievo emotivo non è attribuibile ad una resistenza più o meno inconscia, ma a credenze errate sul funzionamento mentale, come ad esempio credenze secondo cui il paziente sottovaluta la propria capacità di gestire il proprio funzionamento mentale. Allora ecco per quale motivo diventa fondamentale la condivisione attiva con il paziente della conoscenza consapevole della propria disfunzionalità cognitiva e comportamentale, che è poi la condivisione della formulazione del caso.

Ad esempio, uno strumento concreto di condivisione del caso nella terapia cognitiva di J. Beck è il Diagramma di Concettualizzazione Cognitiva (Cognitive Conceptualization Diagram, CCD, Beck 2011), in cui il terapeuta utilizza le credenze centrali, le credenze intermedie e le strategie di coping, per trovare insieme al paziente un’interpretazione psicopatologica e una ristrutturazione terapeutica delle situazioni problematiche riferite. Il termine “condivisione” sottolinea il compito del terapeuta di comunicare e condividere costantemente con il paziente gli aspetti emergenti della formulazione e di utilizzarla come strumento per gestire la terapia.

Formulazione condivisa del caso e alleanza terapeutica

In tal senso, il nucleo della formulazione condivisa del caso si riferisce al fatto che ogni passo è attuato al fine di aumentare la consapevolezza del paziente della formulazione stessa e del razionale del trattamento: in questo modo si promuove un’alleanza terapeutica in termini emotivi, cioè un’atmosfera di fiducia e cooperazione, e in termini pratici, cioè condividendo con il paziente un’ipotesi generale del suo disagio psicologico e del meccanismo del trattamento. Anche in termini di monitoraggio della terapia è più che auspicabile che questo venga eseguito in una modalità condivisa: monitorando congiuntamente l’andamento, il terapeuta e il paziente ritornano regolarmente sulla formulazione del caso, che diventa sempre più la cartina tornasole del progresso terapeutico.

Quindi, secondo gli autori, la formulazione condivisa del caso diviene lo strumento principe per la gestione dell’alleanza terapeutica tra paziente e terapeuta, fondamentale per lavorare in modo efficace in termini di trattamento.

 

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Linda Confalonieri
Linda Confalonieri

Redattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Beck, J. S. (2011). Cognitive Behaviour Therapy: Basics and Beyond (2nd ed.). New York: Guilford Press.
  • Dattilo F. M. & Padesky C. A. (1990). Cognitive therapy with couples, Sarasota: Professional resource exchange.
  • Dobson, K. S., & Dozois, D. J. A. (2010). Historical and philosophical bases of the cognitive-behavioral therapies. In K. S. Dobson (Ed.), Handbook of cognitive-behavioral therapies (pp. 3–38). Guilford Press.
  • Guidano, V. F. (1987). Complexity of the Self. New York: Guilford (Trad. It.: “La complessità del Sé”, Bollati Boringhieri, Torino, 1988).
  • Guidano, V. F. (1991). The Self in process. New York: Guilford (Trad. It.: “Il Sé nel suo divenire”, Bollati Boringhieri, Torino, 1992).
  • Hollon, Beck (1979). Cognitive Therapy of depression. Cognitive Behavioural Interventions: Research and procedures.
  • Mahoney, M. J. (Ed.). (1995). Cognitive and constructive psychotherapies: Theory, research, and practice. Springer Publishing Co.
  • Mahoney, M. J. (2003). Constructive psychotherapy: A practical guide. Guilford Press.
  • Tee, J., Kazantzis, N. (2011).  Collaborative Empiricism in Cognitive Therapy: A Definition and Theory for the Relationship Construct. Clin Psychol Sci Prac 18: 47–61
  • Ruggiero, G.M., Caselli, G. e Sassaroli, S. (2022). La formulazione del caso nella Terapia Cognitivo Comportamentale standard. In Ruggiero, Caselli e Sassaroli (2022) "La formulazione del caso in terapia cognitivo comportamentale. Gestire il processo terapeutico e l’alleanza di lavoro". Erickson.
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