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La realtà virtuale nella valutazione e nel trattamento del Disturbo da Uso di Alcol 

La realtà virtuale è stata utilizzata da recenti ricerche come strumento di valutazione e terapia di esposizione nel disturbo da uso di alcol

Di Elisa Rabarbari

Pubblicato il 19 Apr. 2023

Nell’applicazione clinica della cue-exposure therapy per il disturbo da uso di alcol sono stati riscontrati risultati incoerenti, pertanto alcune ricerche stanno sperimentando l’uso della realtà virtuale.

 Negli ultimi anni si sta assistendo ad un aumento di studi che si occupano di indagare le possibili applicazioni della realtà virtuale nei disturbi di carattere psicologico: disturbi d’ansia come la fobia sociale, bulimia nervosa e binge eating disorder, anoressia nervosa e anche nei disturbi da uso di sostanze.

Disturbo da uso di alcol

Il Disturbo da Uso di Alcol rientra, secondo il DSM-5 (Diagnostic and statistical manual of mental disorders; APA, 2013), all’interno della categoria diagnostica dei Disturbi da Uso di Sostanze, e consiste in una modalità patologica di consumo della sostanza che conduce a disagio o compromissione clinicamente significativi. Una condizione che caratterizza le persone affette da questo disturbo è il craving, ovvero un fenomeno multidimensionale che comporta un intenso bisogno di consumare la sostanza ed è percepito come un’esperienza individuale di “desiderio” dell’alcol che può provocare pattern comportamentali di motivazione e di ricerca della sostanza (Van Lier et al., 2018), un impulso impetuoso a consumare la sostanza (Hartwell & Ray, 2017).

Il craving è uno dei meccanismi principali nel disturbo da uso di alcol, poiché ha implicazioni cliniche nello sviluppo della psicopatologia e nel mantenimento del disturbo (Hernández-Serrano et al., 2020) ed è considerato uno dei principali fattori che promuovono la ricaduta dopo la dimissione dal trattamento (Sliedrecht et al., 2019, anche dopo un periodo prolungato di astinenza. Per queste ragioni in letteratura si trovano diversi approcci di trattamento psicologico che si occupano di esplorare il desiderio all’alcol, e tra questi troviamo il paradigma cue-exposure (Mellentin et al., 2017).

Terapia di esposizione (CET, cue-exposure therapy)

La cue-exposure therapy (CET; in italiano “terapia di esposizione allo stimolo”) è nota anche come Exposure and Response Prevention (ERP; in italiano, esposizione e prevenzione della risposta) e comporta un’esposizione ripetuta e prolungata a stimoli correlati all’alcol senza che gli individui possano mettere in atto alcun comportamento alcolico (Hernández-Serrano et al., 2020). Sulla base dei principi del condizionamento classico, alcuni stimoli legati all’alcol diventano trigger, o “altamente sensibili”, per le persone che hanno un disturbo di uso di alcol, in seguito al consumo sistematico e ripetitivo della sostanza accompagnato da proprietà positive e gratificanti dell’uso di alcol (Hernández-Serrano et al., 2020). Secondo questo approccio si ipotizza che tale esposizione ripetitiva e sistematica possa portare ad una riduzione delle risposte psicofisiologiche agli stimoli correlati all’alcol con l’obiettivo ultimo di estinguere le risposte/reazioni inizialmente condizionate agli stimoli alcolici, come il craving (Mellentin et al., 2016).

 Tuttavia, nell’applicazione clinica della cue-exposure therapy per il disturbo da uso di alcol sono stati riscontrati risultati incoerenti, in particolare uno dei maggiori limiti dell’approccio consiste nella difficoltà di generalizzazione gli effetti della terapia nelle situazioni della vita quotidiana (Mellentin et al., 2017). Questo limite è riconducibile al fatto che le sessioni di esposizione in vivo avvengono all’interno di un setting terapeutico, inevitabilmente differente dal luogo dove solitamente emerge il craving, e prevedono l’esposizione ad un solo stimolo alla volta e ciò non rispecchia quello che avviene nella quotidianità (Mellentin et al., 2017). In virtù di questo limite, la cue-exposure therapy si è evoluta attraverso lo sviluppo di approcci terapeutici più esaustivi che possano beneficiare della realtà virtuale (VR; Ghiţă & Gutiérrez-Maldonado, 2018).

Terapia di esposizione in Realtà Virtuale per il disturbo da uso di alcol

La realtà virtuale è una tecnologia che permette di creare ambienti virtuali dove il soggetto interagisce in tempo reale e vive un’esperienza completamente immersiva, grazie a una vasta gamma di stimoli (Ghiţă & Gutiérrez-Maldonado, 2018). Infatti, per ottenere un buon livello di immersione è importante che siano presenti stimoli sensoriali multipli (uditivi, olfattivi, visivi e tattili) poiché questo fa sì che l’esperienza virtuale si avvicini sempre di più a quella reale e che i pazienti possano sperimentare un maggior “senso di presenza”, ovvero la percezione soggettiva di “essere dentro” l’ambiente virtuale (Simon et al., 2020).

Di conseguenza, i soggetti possono generalizzare meglio gli effetti della terapia di esposizione e le strategie di coping apprese in virtù della somiglianza tra ambiente virtuale e situazioni di vita quotidiana (Ghiţă & Gutiérrez-Maldonado, 2018).

Nel disturbo da uso di alcol la realtà virtuale è stata utilizzata sia come strumento di valutazione, per suscitare il craving, sia come strumento di terapia di esposizione, per ridurre l’intensità del craving (Ghiţă & Gutiérrez-Maldonado, 2018). Ghiţă e colleghi (2021) hanno svolto un case study sull’applicazione di un protocollo che prevedeva esposizione in realtà virtuale con un soggetto con diagnosi di disturbo da uso di alcol di livello grave. L’ambiente virtuale è stato creato sulla base di risultati di studi precedenti in cui sono stati individuati gli stimoli scatenanti correlati all’alcol (es: bevande alcoliche preferite) e i contesti significativi per l’attivazione del craving (per esempio: ristorante, bar, pub, ambienti domestici) in un campione di pazienti con diagnosi di disturbo da uso di alcol (Ghiţă et al., 2019). Per quanto riguarda l’efficacia del protocollo nel suscitare il craving gli autori hanno ottenuto risultati positivi in quanto, attraverso valutazioni self-report, hanno osservato che il paziente stava sperimentando un costante e intenso desiderio di alcol soprattutto in presenza di stimoli correlati all’alcol (Ghiţă et al., 2021). Dal punto di vista del trattamento, hanno ottenuto risultati altrettanto promettenti in quanto nella valutazione successiva alle sessioni di realtà virtuale è stata riscontrata una riduzione dei sintomi del disturbo da uso di alcol e del desiderio di bere, ovvero del craving.

In conclusione, si potrebbe affermare che l’esposizione in realtà virtuale per il disturbo da uso di alcol sia un’alternativa funzionale all’esposizione in vivo (Lebiecka et al., 2021) e, inoltre, permette una maggiore possibilità di generalizzazione al contesto di vita quotidiana e la possibilità di esporre il paziente a più stimoli contemporaneamente (Ghiţă & Gutiérrez-Maldonado, 2018).

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