Quello dell’aviazione è un settore tanto affascinante quanto complesso. Per questo la psicologia dell’aviazione agisce nel supporto e nella tutela della salute mentale di tutto il personale di viaggio, anche grazie all’integrazione di tecnologie sempre più avanzate.
Il tema della salute mentale nel mondo dell’aviazione ha cominciato a destare l’interesse da parte dei professionisti in maniera più massiva in seguito all’attentato alle Torri Gemelle, quando molti piloti rimasero profondamente scioccati – come del resto ognuno di noi – da un evento di tale impatto, sviluppando in alcuni casi un quadro assimilabile al disturbo da stress post-traumatico (Bor et al., 2002).
Prima di allora c’era una grande disuguaglianza tra le fonti in letteratura: da una parte moltissimi scritti sulle procedure e gli strumenti di selezione del personale di volo, dall’altra quasi nessun contributo che indagasse nello specifico le sfide e le situazioni fortemente stressogene che la mente di un pilota doveva sopportare (Bor et al., 2002).
A più di vent’anni di distanza si può osservare un buon patrimonio redazionale che include materiale interessante sui trend dettati dalle nuove frontiere tecnologiche nel campo della salute mentale.
Tuttavia, ci sono voluti altri tragici eventi prima di raggiungere quella consapevolezza essenziale per prendere seriamente in considerazione il tema della cura mentale nel mondo dell’aviazione.
In questo senso, la moderna figura dello psicologo che opera in questo ambito è diventata essenziale nel supportare tutto il personale di volo a partire dalle prime selezioni fino alla formazione e al training vero e proprio.
Breve storia dell’aviazione
L’evento che battezzò il campo dell’aviazione fu l’esperimento condotto nel 1903 dai fratelli Wright: pionieri aviatori che provarono come anche “un mezzo più pesante dell’aria” potesse spiccare il volo e mantenere quota (Infante, 2022). Già dalla Prima Guerra Mondiale e successivamente con la Seconda, il campo dell’aviazione si consolidò e con esso anche l’attenzione nei confronti della figura del pilota, al quale erano richieste estrema lucidità, concentrazione e sprezzo del pericolo: l’obiettivo era mirare e colpire in modo preciso con l’artiglieria mentre si viaggiava ad alta quota e in scarse condizioni di sicurezza.
Successivamente, questa stessa figura è andata incontro a un’evoluzione dettata soprattutto dal progresso tecnologico che ha profondamente migliorato le condizioni di sicurezza e modificato l’ergonomia delle cabine di pilotaggio trasformandole in un coacervo di spie luminose, leve, pulsanti e complessi strumenti aerodinamici.
Oggigiorno essere un pilota non significa solo avere eccellenti capacità tecniche: è una professione molto più complessa che mette a dura prova oltre che la resistenza fisica anche quella mentale.
Il caso del volo Germanwings e la nascita della psicologia dell’aviazione
L’evento che ha portato il mondo dell’aviazione a valutare seriamente la possibilità di introdurre un regolamento a tutela della salute mentale, è stato il caso del volo Germanwings del 2015 in cui il copilota a bordo ha intrapreso un’azione suicidaria facendo schiantare il velivolo sulle Alpi francesi nella tratta Barcellona-Düsseldorf; una tragedia in cui persero la vita 150 persone (Pinsky et al., 2020; Vuorio & Bor, 2020).
Il copilota era un giovane di 27 anni con una buona esperienza di volo alle spalle, a cui qualche anno prima della tragedia era stata diagnosticata una depressione aggravata dalla presenza di manifestazioni suicidarie. Dopo undici mesi di sospensione, il ragazzo venne riammesso e reinserito, visto il superamento a pieno punteggio dei testi medici e psicologici.
La portata di tale evento ha creato grande riverbero mediatico, in seguito al quale l’Agenzia Europea per la Sicurezza Aera (EASA) prese provvedimenti per introdurre nel nuovo regolamento europeo una norma per la tutela della salute mentale, soprattutto dei piloti. Successivamente, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) ha deliberato la figura professionale di psicologo dell’aviazione con l’obiettivo, non solo valutare l’eventuale presenza di psicopatologie, quanto più di assicurare che l’assetto psicologico, emotivo e affettivo del soggetto sia coerente con quanto richiesto dalla professione, dando prova di essere responsivi anche in situazioni di emergenza. A conferma di quanto sia necessario il monitoraggio della salute mentale in tale ambito, a partire da agosto 2020 è stato istituito l’obbligo di valutazione psicologica a tutto il personale di viaggio.
Fattori predittori di outcome psicopatologici
Variabili psicologiche come stress da lavoro, emotività e strategie di coping disfunzionali possono influenzare profondamente le performance del pilota durante l’attività di volo (Luciani et al., 2022; Cahill et al., 2021) e, nel lungo termine, portare allo sviluppo di quadri psicopatologici come ansia e depressione, che risultano tra i più comuni (DeHoff & Cusick, 2018). Si stima che circa il 40% dei soggetti sostiene di aver raggiunto la soglia per diagnosticare una depressione moderata, condizione psicopatologica che sembra diminuire con l’avanzare dell’età (Pasha et al., 2018; Wu et al., 2016). Tuttavia, stress da lavoro e disturbi del sonno, abbinati a un’alterazione dei ritmi circadiani, sono fattori predittivi di una sintomatologia depressiva, specialmente nella popolazione femminile (Pinsky et al., 2020).
Come illustra il disastro Germanwings, un altro scoglio importante nel mondo dell’aviazione riguarda il rischio suicidario tra i piloti, che, soprattutto durante il periodo di pandemia, ha registrato un picco in aumento del 15% (Fitzpatrick et al., 2020). Dai dati in letteratura, sembra che un quadro da Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) sia connesso a incidenti aerei fatali (Vuorio & Bor, 2020). Non solo, secondo uno studio del 2020 gli incidenti aerei di matrice suicidaria sono commessi da uomini con un’età media di 38 anni e che per sostenere i ritmi frenetici dettati dalla professione ricorrono a strategie di coping disfunzionali quali uso di alcol e stupefacenti. In particolare, il consumo di alcol e il sovradosaggio di farmaci è un dato molto allarmante. A questi si aggiungono fatica, stress, deprivazione del sonno e voli molto lunghi, tutti elementi che possono indurre distrazione, portando il pilota a sottovalutare segnali allarmanti (Pinsky et al., 2020; Gordon et al., 2017).
Prevenzione con realtà immersiva e biomarker
La tecnologia in questo sta dando un grande contributo, sia nella fase di training e formazione, sia nel caso in cui si deve valutare il margine di rischio nei piloti senior (Schaffernack et al., 2021).
Attraverso un simulatore di volo che sfrutta la modalità immersiva e il Machine Learning (un tipo di intelligenza artificiale che consente di migliorare alcune specifiche prestazioni), è possibile valutare la memoria visiva e quella prospettica, e predire con una certa accuratezza la probabilità di fare incidenti in base alla performance (Van Benthem & Herdman, 2021).
Per quanto concerne la sfera della psicopatologia, i dispositivi indossabili (wearable) permettono di monitorare in presa diretta le diverse modificazioni fisiologiche: in questo modo, sfruttando il fenotipo digitale (digital phonotype), si possono analizzare pattern di funzionamento psicofisiologico ricorrenti riconducibili a specifici quadri psicopatologici (Müller & De Rooy, 2021).
Sebbene il digital phonotype sia una risorsa straordinaria frutto delle nuove frontiere della tecnologia, è necessario condurre ulteriori studi empirici al fine di garantire la validità e l’affidabilità di tali strumentazioni in termini diagnostici e clinici.