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La via della Narrazione (2022) di Alessandro Baricco – Recensione

Chi desideri leggere questa raccolta di pensieri, avrà l’opportunità di incontrare quell’incertezza in grado di ripristinare quanto di definitivo e collaudato riteneva di portare dentro di sé

Di Cristi Marcì

Pubblicato il 02 Gen. 2023

Baricco nel suo volume “La via della Narrazione” racconta come narrare non racchiuda un significato univoco, bensì una molteplicità simbolica in grado di far emergere più aspetti della propria storia.

Trascrizione opportunamente lavorata di una lezione tenuta alla Scuola Holden nel novembre 2021 – Un nuovo approccio per riflettere su quegli schemi che rischiano di limitare la nostra libertà di scelta nel panorama contemporaneo.

 

 In questa concisa e chiara raccolta di pensieri, Baricco controbilancia l’ovvio al mistero, invitando chi desideri leggerlo ad andare oltre quello che pensa di avere appena appreso. Intesse dunque una trama che, per quanto semplice, vuole accompagnare il lettore oltre le sue convinzioni, legittimandogli quel dubbio che altro non può se non fargli scoprire stili del tutto nuovi attraverso cui riscrivere la trama della propria storia. In questo breve incontro si avrà l’occasione di intraprendere un viaggio più lungo del solito, dove le placide acque della futile prevedibilità altro non sono se non il preludio di una tempesta pronta a scuotere gli ingranaggi, con i quali siamo soliti etichettare le nostre esperienze come certe, definitive, prevedibili e dal finale già collaudato. Pagina per pagina la trama, la narrazione e lo stile iniziano a riflettere quei concetti adornati non tanto di una stabilità definitiva, quanto piuttosto di una labilità pronta a sgretolarsi; e grazie ad essa la trama delle nostre vite e i processi con cui si è soliti raccontare quanto si vive, sono pronti per essere riscritti. Chi desideri leggere questa raccolta di pensieri, avrà l’opportunità di incontrare quell’incertezza in grado di ripristinare quanto di definitivo e collaudato riteneva di portare dentro di sé.

Nondimeno quanto emerge pagina per pagina è il giusto equilibrio tra coscienza e incoscienza, tra ciò che si ritiene di conoscere e quanto ancora ci sia da scoprire. Perché è proprio quest’ultima nota a delineare l’insorgere di un infinito di cui “occorre fare la guardia, poiché a esso gli umani affidano il fondamentale legame tra storia e libertà”.

Perché se essere liberi vuol dire scegliere, viceversa potrebbe la scelta riflettere uno stile che non sia circoscritto ad una sola trama? Per giunta unilaterale?

 A tal proposito, “Il viaggio dell’eroe” di Christopher Vogler, secondo l’autore torinese descrive appieno la possibilità di prendere le distanze da qualcosa che essendo comune a tutti rischia di assumere un carattere archetipico/collettivo e dall’esito sempre identico, col rischio, tuttavia, di dimenticare che ogni individuo è unico nel suo genere, portatore di una trama diversa e ricco di uno stile che non necessariamente deve rispecchiare una trama comune. Nel libro di Vogler infatti, predomina un’unica certezza, ovvero che tutte le storie del mondo derivino da un unico modello originario e archetipico. Una storia declinata all’infinito nella quale le tappe del viaggio da sempre e per sempre si traducono in una convinzione in cui la propria unicità si scontra con una dimensione unilaterale connotata da schemi già prefissati, in cui tutto il raccontabile rischia di approdare in un porto sicuro, dove “ormeggia solo un repertorio di certezze”. Baricco pertanto, sembra voler dissuadere il lettore dall’impiegare “quel metodo riduttivo e semplicistico” attraverso il quale da troppo tempo si è voluta narrare la propria storia e che altro non rappresenta se non il prodotto artificiale di un pensiero dominante che da generazioni e generazioni tramanda una vicenda madre in cui è contenuto un Dna mentale, etico e normativo.

Narrare. pertanto, non racchiude un significato univoco, bensì una molteplicità simbolica in grado di far emergere più aspetti della propria storia, la quale, se raccontata, può riflettere trame differenti, legittimandole, per di più, uno stile privo di certezze e, al contrario, ricco di mistero.

Insegnare a narrare dunque coincide con l’essere in grado di rigenerare quote di libertà, rimuovendo blocchi e paure, ma soprattutto vincoli normativi che altro non fanno se non soffocare il proprio grido autentico, libero e sempre pronto a scegliere una nuova rotta grazie alla quale riscrivere una nuova trama.

La narrazione quindi come messaggio dall’inconscio, come parola a lungo rinviata e infine pronunciata.

L’inconscio non è il contenitore di un passato rimosso, ma il capitolo lasciato ancora in bianco nel testo di un’esistenza.

Quanto appena riportato è la testimonianza del noto psicoanalista francese Jaques Lacan, secondo il quale la parola. o come dall’autore stesso definita la “lalangue”, rispecchiava una moltitudine di scelte provenienti non tanto dalla ragione, quanto piuttosto da quel che non siamo ancora. Da una dimensione inconscia rispetto alla quale il desiderio di controllo cede il passo ad una forma più autentica, imprevedibile e per questo originale: un nuovo stile.

 

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SCRITTO DA
Cristi Marcì
Cristi Marcì

Psicologo, Specializzando in Psicoterapia

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Baricco, A., (2022), “La via della narrazione”, Feltrinelli Editore, 2022.
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