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Santa Claus is Nudging to Town

L’uso del nudging si è rivelato efficace per promuovere alcune condotte e disincentivarne altre; un ambito del suo utilizzo è certamente quello del marketing

Di Beatrice Baroni

Pubblicato il 23 Dic. 2022

È interessante osservare come, durante il periodo natalizio, la dinamica decisionale è spesso alterata da bias ed errori di giudizio. I bias possono essere gestiti tramite l’uso di strumenti conosciuti con il nome di nudge (dall’inglese “to nudge” ossia “pungolare”): utilizzarli significa posizionare strategicamente all’interno di alcuni interventi dei pungoli, vale a dire delle “spinte gentili” che agiscono da rinforzo e influenzano il comportamento.

 

Decision making e bias

 Cosa vuol dire prendere una decisione? In che modo si articola il nostro pensiero quando ci troviamo a dover scegliere tra più opzioni? L’economia comportamentale studia proprio in che modo gli stimoli esterni influenzano l’architettura delle scelte; interessante osservare come, durante il periodo natalizio, la dinamica decisionale è spesso alterata da bias ed errori di giudizio.

Prendere una decisione non è sempre un’azione scontata. Decidere significa effettuare una scelta, rendere concreta una propria preferenza e agire di conseguenza adottando una condotta comportamentale coerente con l’obiettivo finale.

In psicologia le decisioni sono un costrutto a cui sono stati dedicati molti studi a partire dalla fine degli anni ’70. Sono molto noti i lavori dei due psicologi israeliani Amos Tversky e Daniel Kahneman in cui si analizzarono i processi decisionali in situazioni di rischio e di incertezza (Kahneman & Tversky, 1979). A fronte delle loro ricerche, gli autori notarono che le persone preferiscono di gran lunga decidere in situazioni in cui c’è una componente di rischio da poter calcolare, invece che in circostanze dettate dall’incertezza. Questo, spiegano, è dovuto alla tendenza dell’uomo a calcolare e cercare di programmare, e possibilmente anche prevedere, possibili esiti delle situazioni in base alle scelte che compiono (Tversky & Kahneman, 1991).

Questi studi posero le basi che in seguito diedero vita all’Economia Comportamentale (in inglese Behavioral Economics), una disciplina che coniuga al suo interno diverse filosofie di pensiero derivanti dal mondo dell’economia, della sociologia, della psicologia e anche delle neuroscienze.

Il testo di riferimento nel mondo dell’economia comportamentale “Nudge. La spinta gentile” a opera di Richard Thaler (premio Nobel per l’Economia nel 2017) e Cass Sunstein, esamina la componente di razionalità all’interno dell’architettura decisionale (Thaler & Sunstein, 2008). La razionalità, infatti, non è un ingrediente onnipresente nei processi decisionali (Moratti, 2020), tanto che spesso quando si opera una scelta è facile cadere preda di bias (dall’inglese, “preconcetto”, “pregiudizio”) e di euristiche. Questo accade perché, come sostenuto dal Professor Dan Ariely, pedagogista della Duke University, secondo l’Economia Comportamentale prendiamo decisioni in funzione dell’ambiente in cui ci troviamo. Tuttavia, bias cognitivi ed euristiche possono essere gestiti tramite l’uso di strumenti conosciuti con il nome di nudge (dall’inglese “to nudge” ossia “pungolare”): utilizzarli significa posizionare strategicamente all’interno di alcuni interventi dei pungoli, vale a dire delle “spinte gentili” che agiscono da rinforzo e influenzano il comportamento al fine di portare le persone ad assumere condotte virtuose e benefiche per la propria vita e il proprio benessere.

I nudge infatti risultano essere estremamente efficaci principalmente perché si possono applicare in modo trasversale a diversi contesti e situazioni, inoltre perché non vengono percepiti come imposizioni od obblighi, ma lasciano sempre aperta la possibilità della libera scelta individuale (Thaler & Sunstein, 2008).

Come vengono usati i nudge?

La letteratura propone moltissimi studi condotti in svariati contesti che dimostrano come l’utilizzo strategico di nudge all’interno di micro interventi mirati, abbia portato a un risparmio di risorse come tempo, denaro, salute ed energie. Sicuramente l’esperimento che ha ottenuto più successo – diffondendo la Behavioral Economics e dimostrandone il potenziale – è stato lo studio condotto nel 1990 all’interno dell’aeroporto di Schiphol di Amsterdam dove, per ridurre i costi di pulizia nelle toilette maschili, si è pensato di posizionare degli adesivi a forma di mosca all’interno degli orinatoi. Il risultato è stata una sorprendente riduzione dei costi di pulizia dell’8% e una modifica della condotta, ridotta fino all’80% (Evans-Pritchard, 2013).

 Nello specifico per promuovere alcune condotte, prevenire scenari di sofferenza psicofisica oppure incentivare la raccolta differenziata ed agire in un’ottica di ecosostenibilità, l’uso di nudge si è rivelato essere particolarmente efficace (Berger et al., 2020; Kwan et al., 2020). Studi recenti sono stati condotti per disincentivare le condotte sedentarie e promuovere la perdita di peso per mezzo di app strutturate secondo una logica di gamification (ossia sfruttando il potenziale dei giochi come spinta motivazionale a compiere determinate attività) in aggiunta al supporto di una community (Kurtzman et al., 2018). Oppure, per incentivare il consumo di frutta e verdura si è visto che posizionare snack sani vicino alle casse ne ha aumentato le vendite (Kroese et al., 2015).

Nudging bells

Come affermato da Jim Pooler nel suo libro “Why we shop: Emotional rewards and retail strategies” (2003), l’atto del fare shopping mette le persone in una posizione controllante: decidere, compiere delle scelte aumenta la sensazione di potere, rendendoci tutti dei potenziali “decision makers”. (Pooler, 2003, p. 105-106).

In particolare il periodo natalizio è un momento dell’anno per certi aspetti insolito. Le persone tendono a essere più solidali e caritatevoli, quasi fosse un atto per espiare i peccati commessi durante l’anno. E il modo più nobile per rimediare è donare. Esso è un gesto che infonde nelle persone un sentimento di vicinanza e reciprocità; un regalo è un modo per attivare un senso di similarità tra donatore e ricevente (Dunn et al., 2008). Questo è ciò che spinge le persone a scegliere il regalo perfetto, affinché l’altro le apprezzi di più e magari migliori anche l’opinione che ha di loro; di questo Pooler scrive che “le persone sono ansiose di compiacere gli altri” (Pooler, 2003, p. 106). Spesso però, accecati dalla bramosia di essere apprezzati, ci si scorda di essere razionali. Ecco quindi che nella corsa al regalo perfetto si rischia di cadere in alcuni bias che ci fanno spendere di più e con meno consapevolezza. Gli esperti di marketing sanno bene quanto funzioni l’effetto dell’overwhelming stimulus (traducibile dall’inglese come “inondazione di stimoli”): decorazioni, profumi, luci e canzoni sono tutti input che influenzano le scelte d’acquisto facendo leva sulla componente emotiva delle persone, spingendole a usare meno la razionalità. Così facendo le persone saranno più distratte e meno portate a riflettere su quanto stanno acquistando.

Si crea quindi il terreno perfetto per azionare il “principio di scarsità”: se la quantità di un bene scarseggia, esso avrà inevitabilmente un prezzo di vendita più alto e creare scarsità è un modo per sfruttare lo stress dei consumatori che sono in preda allo shopping dell’ultimo minuto (Neville, 2022). La fretta infatti è un elemento determinante, promotore dello shopping impulsivo: si vedano ad esempio gli espositori –o banner nel caso di siti– che sfoggiano promozioni con la scritta “affrettatevi ultimi pezzi!”, come riportato in questa immagine di un noto sito e-commerce; oppure durante lo shopping online, non è raro imbattersi nell’ansiogeno timer che segna il countdown per concludere l’acquisto.

Le insidie dunque sono numerose, ma nonostante questo l’atmosfera sembra giustificare ogni nostra azione. E come dice un famoso spot pubblicitario “A natale puoi fare quello che non puoi fare mai”.

 

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