
Questo studio mira a segnalare la presenza di una diagnosi categoriale e dimensionale di disturbi di personalità negli adulti con una lunga storia di disturbi alimentari e a indagare se i cambiamenti nel disturbo di personalità sono predittivi dei cambiamenti nella sintomatologia alimentare, o viceversa.
Disturbi di personalità e disturbi alimentari
Diverse meta-analisi (Friborg et al., 2014; Martinussen et al., 2017; Rosenvinge et al., 2000) hanno mostrato una presenza significativamente maggiore dei Disturbi di Personalità (PD; Personality Disorders) in pazienti con Disturbi Alimentari (EDs; Eating Disorders) rispetto ai controlli sani. Questa comorbilità è associata a un aumento dei livelli di psicopatologia generale nonostante l’elevato utilizzo di trattamenti. Una recente revisione sistematica (Simpson et al., 2022) ha rivelato esiti terapeutici più sfavorevoli per i disturbi alimentari, forse perché i sintomi tendono a diventare più gravi e intrattabili quando si verificano in contemporanea a un disturbo di personalità.
Poiché la ricerca dei predittori dell’esito del trattamento dei disturbi alimentari ha fornito risultati estremamente eterogenei, è fondamentale controllare diverse variabili per evitare di giungere a conclusioni imprecise. Per esempio, l’Indice di Massa Corporea (Body Mass Index – BMI) risulta molto rilevante, poiché la malnutrizione e il sottopeso potrebbero essere correlati a sintomi come il comportamento ossessivo-compulsivo e la mentalità rigida (Friborg et al., 2014); da notare inoltre che punteggi più elevati di disturbi di personalità sono stati rilevati nei campioni di pazienti sottopeso rispetto ai campioni di pazienti con normopeso o sovrappeso (Martinussen et al., 2017).
Disturbi di personalità e disturbi alimentari: uno studio di follow up
Questo studio mira quindi a (1) segnalare la presenza di una diagnosi categoriale e dimensionale di disturbi di personalità negli adulti con una lunga storia di disturbi alimentari dopo un trattamento ospedaliero e dopo un follow-up a 1 anno, 2 anni, 5 anni e 17 anni; e (2) indagare se i cambiamenti nel disturbo di personalità sono predittivi dei cambiamenti nella sintomatologia alimentare, o viceversa (Eielsen et al., 2022).
Eielsen e colleghi hanno quindi reclutato tutti i pazienti con un’età maggiore di 18 anni con diagnosi di Anoressia Nervosa (AN), Bulimia Nervosa (BN) o Disturbo dell’Alimentazione con Altra Specificazione (OSFED), che sono stati ricoverati in un reparto psichiatrico specializzato per disturbi alimentari in Norvegia, dall’agosto 1998 al giugno 2001. Tutti i pazienti, durante il ricovero, hanno partecipato a sessioni di terapia cognitivo-comportamentale. Inoltre, sono stati sottoposti a vari test diagnostici quali: SCID-II (utilizzata per identificare una diagnosi sia categoriale che dimensionale del disturbo di personalità) ed EDE-17 (utilizzata per valutare e generare una diagnosi di disturbi alimentari). Entrambi sono stati somministrati durante il trattamento ospedaliero e al follow-up a 1, 2, 5 e 17 anni. Informazioni relative all’età, alla durata del trattamento e alla durata della malattia sono state raccolte in precedenti interviste. Il peso e l’altezza dei pazienti invece sono stati misurati al momento del ricovero e sono stati utilizzati per calcolare il BMI.
Dai risultati emerge una marcata riduzione sia della psicopatologia della personalità che di quella alimentare al follow-up di 17 anni. I Disturbi di Personalità Evitante, Borderline, Dipendente, Paranoide e Ossessivo-Compulsivo sono stati quelli più frequentemente rilevati nelle valutazioni. Livelli basali più elevati di Disturbo Borderline di Personalità erano particolarmente svantaggiosi per gli esiti a lungo termine del disturbo alimentare, prevedendo meno riduzione della sintomatologia. Inoltre, è emerso che i disturbi di personalità tendono a essere più elevati nei pazienti ricoverati rispetto ai pazienti ambulatoriali o residenti in comunità. Diversi studi hanno concluso che la gravità dei sintomi sembra giocare un ruolo significativo nella comorbilità di disturbi alimentari e disturbi di personalità (Rowe et al., 2009; Wonderlich et al., 1994) e il disturbo alimentare di lunga durata è correlato a sintomi sociali e psicologici che potrebbero complicare il processo di recupero.
Un altro fattore che può influire sulla presenza dei disturbi di personalità è il BMI dei pazienti, considerando che il basso peso risulta associato a una proporzione più alta di disturbi di personalità (Martinussen et al., 2017). Sebbene gli sforzi dello studio fossero quelli di ridurre il rischio di sovrastima del disturbo di personalità, un terzo del campione era ancora sottopeso al momento della dimissione; questo potrebbe avere aumentato la prevalenza di disturbi di personalità. Riguardo quindi al BMI, esso sembra non avere un impatto significativo sulla comorbilità tra disturbi alimentari e disturbi di personalità. Indipendentemente da questo, però, non si può escludere la possibilità che la presenza di un disturbo di personalità sarebbe diversa se i pazienti avessero raggiunto il normopeso.
Disturbi di personalità e disturbi alimentari: il Cluster C
Messaggio pubblicitario Durante tutto il periodo di follow-up, c’è stato un costante calo del numero di disturbi di personalità. Ciò era particolarmente vero per il Disturbo Borderline di Personalità, risultato che è anche in linea con gli studi che concludono che quest’ultimo sembra essere dannoso per l’esito del disturbo alimentare (Hessler et al., 2019; Wonderlich et al., 1994). La prognosi sfavorevole potrebbe essere spiegata da diversi fattori. Molte caratteristiche tipiche del Disturbo Borderline di Personalità, come l’ideazione e i comportamenti suicidari, potrebbero mettere in ombra la psicopatologia del disturbo alimentare (Cassin & Vonranson, 2005; Chen et al., 2011; Pettersen et al., 2008; Wildes et al., 2011). Inoltre, il Disturbo Borderline di Personalità è generalmente correlato a difficoltà relazionali dovute alla disregolazione emotiva, il che presenta un grave ostacolo nello stabilire l’alleanza terapeutica (Hessler et al., 2019; Olofsson et al., 2020). Una tendenza contraria invece è stata verificata dalla stabilità del Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità, che non mostra miglioramenti significativi alla valutazione di follow-up dopo 17 anni.
In linea con la maggior parte degli studi sui disturbi di personalità tra i pazienti con disturbi alimentari (Friborg et al., 2014; Martinussen et al., 2017), il Cluster C (Disturbi di personalità evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo) è rimasto il più frequentemente diagnosticato nel campione in tutte le valutazioni. Si ipotizza quindi che una comorbidità con una diagnosi di disturbo di personalità del Cluster C potrebbe rappresentare un ostacolo ai benefici del trattamento, oltre che nel dirigere meno attenzione clinica nel trattamento di un disturbo alimentare (Vrabel et al., 2010).
I risultati attuali sono di importanza clinica in quanto possono indicare che disturbi alimentari e disturbi di personalità “viaggiano insieme”, aspetto fondamentale da prendere in considerazione nella formulazione degli obiettivi terapeutici e del trattamento.
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Bibliografia
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