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Le emozioni a valenza negativa: a cosa servono e come non esserne sopraffatti

A tutti noi capita di sperimentare emozioni a valenza negativa, il problema non sta tanto nel provarle, ma in quello che queste possono provocare

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 08 Nov. 2022

Alcune emozioni vengono percepite in modo più forte, risultando più invadenti e capaci di influenzarci. Quando questo accade in seguito ad emozioni a valenza negativa la conseguenza può essere paura immotivata e ansia eccessiva.

 

Le emozioni negative: a cosa servono e come non esserne sopraffatti

 Possiamo pensare alle emozioni come a dei campanelli d’allarme che ci segnalano quando sta accadendo qualcosa che può avere delle conseguenze, positive o negative, su di noi.

In genere si tratta di stati transitori ma possono diventare qualcosa di molto più duraturo, a volte possono essere causa di sofferenze, per questo motivo è importante conoscerle e imparare dar loro il giusto peso.

È possibile rimuovere un pensiero?

Dopo quanto abbiamo detto, la domanda è inevitabile: è possibile imporsi di rimuovere un pensiero? E la risposta è altrettanto inevitabile: no.

A questo proposito citiamo un esempio. George Lakoff, linguista e neuroscienziato, pronuncia questa frase: “Ora per un minuto proviamo a non pensare ad un elefante rosa”.

Proviamoci anche noi.

Assurdo, non è vero? A nessuno di noi sarebbe mai venuto in mente di pensare ad un elefante rosa eppure ora non riusciamo ad allontanare quell’immagine dalla nostra mente. Ci è impossibile seguire quello che ci è stato chiesto di fare.

La nostra mente sfugge al nostro controllo e ci porta a compiere una disobbedienza involontaria. Si innesca infatti un processo curioso seguendo il quale una parte del nostro cervello cercherà effettivamente di allontanare il pensiero, ma un’altra parte continuerà a controllare che non ci torni in mente e, così facendo, continuerà a rievocarlo tenendolo vivo.

Quindi il tentativo di sopprimere un pensiero finisce col produrre l’effetto paradossale di rendere quello stesso pensiero un’ossessione.

Proviamo ora ad aggiungere un passaggio a questo esperimento. Mentre cerchiamo di allontanare dalla nostra mente l’immagine dell’elefante rosa, ci viene chiesto di non pensare nemmeno alle scimmie blu. Soffici scimmie che ci dondolano intorno sulle loro liane, mangiando banane e sorridendoci amichevolmente… A questo punto che cosa ne è stato dell’elefante rosa? Con ogni probabilità l’avremo almeno in parte accantonato per far posto a questo nuovo “non-pensiero”.

Possiamo quindi concludere che il modo per scacciare un pensiero ingombrante sia quello di sostituirlo con un nuovo pensiero. E se consideriamo che nella nostra mente c’è spazio solo per un certo numero di pensieri, ci è facile capire come, se saremo capaci di riempire questo spazio con molti pensieri positivi, ne resterà molto di meno per quelli negativi.

La chiave è riuscire a “dialogare” con la nostra parte interiore facendo spazio a quello che ha l’effetto di incoraggiarci e farci sentire più forti.

La consapevolezza delle emozioni a valenza negativa

Alcune emozioni vengono percepite in modo più forte, risultando più invadenti e capaci di influenzarci. Quando questo accade in seguito ad emozioni a valenza negativa la conseguenza può essere paura immotivata e ansia eccessiva. Se consideriamo le emozioni come delle sentinelle che ci allertano su quello che sta accadendo per prepararci a rispondere nel modo più adeguato, è facile capire come alla nostra sopravvivenza sia più utile essere consapevoli di situazioni potenzialmente pericolose piuttosto che di situazioni che ci possono rendere felici.

Il problema non sta tanto nel provare emozioni a valenza negativa ma in quello che queste emozioni possono provocare.

 Possiamo notare anche come spesso ci si senta più attratti dalle notizie negative rispetto a quelle positive. Questo risulta evidente anche dallo spazio maggiore che i media riservano alle notizie negative come evidente risposta alle richieste e alle esigenze del pubblico. Secondo uno studio condotto dallo psicologo americano John Cacioppo, che conferma quanto accennato poco fa, si tratterebbe dell’effetto negatività spiegato con ragioni evolutive legate alla nostra sopravvivenza, per le quali ignorare un’informazione negativa sarebbe molto più rischioso che ignorarne una positiva. Ignorare l’arrivo di un ciclone può essere in effetti molto più pericoloso che ignorare una storia a lieto fine. Nonostante questo, la maggior parte delle persone sostiene di preferire le buone notizie alle cattive e afferma che preferirebbe ascoltare un maggior numero di notizie a lieto fine.

Si può anche notare come spesso la nostra cultura ci porti a cercare di evitare la tristezza, a relegarla in un angolo, nasconderla o mascherarla perché ritenuta negativa, un segno di debolezza. Sperimentare la tristezza è invece l’unico modo per imparare a gestirla. Il primo passo necessario è di ammettere a noi stessi e agli altri che siamo vulnerabili. Una delle funzioni principali della tristezza è di far capire a chi ci sta vicino che abbiamo bisogno di lui, del suo sostegno e del suo conforto nei momenti difficili. Inoltre ci aiuta a riflettere e analizzare in modo profondo quello che ci succede per trovare un senso al nostro stato d’animo. Aiuta quindi ad elaborare gli eventi spiacevoli e agisce da sprone nel sollecitare un cambiamento.

L’esempio in un film

“Inside Out” è un film di animazione prodotto dalla Disney e uscito nel 2015. Il tema centrale sono proprio le emozioni, il modo in cui si manifestano, interagiscono fra loro e ci influenzano.

Ne vengono prese in considerazione cinque, che si avvicendano nella vita della piccola protagonista: gioia, rabbia, disgusto, paura e tristezza. La loro utilità risulta da subito ben chiara. Su tutte spicca la gioia, sicuramente presentata come l’emozione dominante, che ha lo scopo di assicurare la felicità alla protagonista. Se la rabbia serve a combattere le ingiustizie, paura e disgusto hanno entrambe un compito di tutela della bimba: la paura serve a metterla al riparo dai possibili pericoli mentre il disgusto la preserva dalle contaminazioni. Risulta invece più difficile, almeno all’inizio, dare una spiegazione della funzione della tristezza.

Nella vita della bambina, sino ad un certo momento, i ricordi sono tutti felici finché un giorno, improvvisamente, la situazione cambia e irrompe improvvisamente un’emozione nuova: la tristezza.

A questo punto le altre emozioni entrano in subbuglio, disorientate da questa nuova presenza, e cercano di ristabilire la situazione preesistente cercando di negare e soffocare la tristezza, ma è un tentativo destinato a fallire.

Conclusioni

Sarà solo nel momento in cui la bimba riuscirà ad accettare la sua tristezza che sarà capace di piangere e questo aprirà gli occhi ai genitori, finora ignari del suo malessere. Da loro arriverà il conforto che riporterà la serenità e l’accettazione della tristezza darà luogo a nuovi ricordi e alla consapevolezza (necessaria a ciascuno di noi) che la vita è fatta anche di frustrazioni, più o meno grandi, che vanno superate per non restarne intrappolati ed essere capaci di indirizzare le proprie energie verso nuovi traguardi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Balestrieri, A., (2022), Conoscere le emozioni. Un viaggio alla scoperta di noi stessi. Milano, Independently published.
  • Cacioppo, J. T. et. Al. (1998) Negative Information Weighs More Heavily on the Brain. Consultato il 7 giugno 2022 qui.
  • Lakoff, G., (2019) Non pensare all'elefante rosa.Come riprendersi il discorso politico. Le tecniche per battere la destra e reinventare la sinistra, a partire dalle parole che usiamo ogni giorno. Milano, Chiarelettere.
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