Britton, Neale e Davey (2018) hanno esaminato gli effetti della manipolazione sperimentale del rimuginio sull’intolleranza all’incertezza, le credenze negative e positive a proposito delle conseguenze del rimuginio stesso e le emozioni di ansia e tristezza.
Il rimuginio è stato definito da Borkovec e colleghi come una “catena di pensieri e immagini, carica di sentimenti negativi e relativamente incontrollabile” (1983, p.10). Il modello metacognitivo fa una distinzione tra rimuginio e valutazioni sul rimuginio, nonché su metacredenze positive (ad es. “preoccuparmi mi fa chiarire i pensieri e mi fa concentrare”) e metacredenze negative (ad es. “preoccuparmi mi rende teso e irritabile”). Il rimuginio viene attivato in risposta a stimoli che provocano ansia ed è collegato alle metacredenze positive, mentre le valutazioni sul rimuginio sono correlate alle metacredenze negative come “se ci penserò troppo, impazzirò” (Britton et al., 2018). Le metacredenze negative possono far attivare una serie di meccanismi per tentare di ottenere il controllo sul rimuginio stesso: alcuni di questi meccanismi sono la soppressione del pensiero e l’evitamento, che paradossalmente portano a un effetto contrario (Britton et al., 2018).
Rimuginio e intolleranza all’incertezza
L’intolleranza all’incertezza è definita come una “caratteristica che deriva da un insieme di credenze negative sull’incertezza, sulle sue connotazioni e sulle sue conseguenze” (Birrell et al., 2011, p.1200). Koerner e Dugas (2006) hanno identificato alcune credenze che supportano l’intolleranza all’incertezza, come “non è tollerabile, è pericolosa, non posso affrontarla”. Nel modello dell’intolleranza all’incertezza (Dugas et al., 1997; 2004) viene proposta la presenza del pensiero dubbioso “e se…?” quando le persone si ritrovano in condizioni di incertezza angoscianti, pensiero che spinge le persone a un orientamento negativo del problema, che accresce l’evitamento cognitivo e le emozioni negative. Diversi studi hanno dimostrato come l’intolleranza all’incertezza sia correlata al rimuginio (Buhr e Dugas, 2006), così come alle metacredenze positive e negative (Cartwright-Hatton e Wells, 1997).
Thielsch, Andor ed Ehring (2015) hanno valutato la preoccupazione, per un periodo di una settimana con sette misurazioni giornaliere, utilizzando l’Ecological Momentary Assessment. Gli autori hanno scoperto che l’intolleranza all’incertezza e le credenze negative sono significativamente correlate al rimuginio, a differenza delle credenze positive (Thielsch et al., 2015). Meeten e colleghi (2012) hanno mostrato sperimentalmente che l’intolleranza all’incertezza ha un effetto causale sul rimuginio: su un campione composto da soggetti non clinici, è stato chiesto di descrivere un evento che ha causato loro incertezza e di riconoscere se i livelli di intolleranza provati erano alti o bassi. I risultati hanno mostrato come il gruppo con la più alta intolleranza all’incertezza ha trascorso molto più tempo a rimuginare su un compito rispetto al gruppo con una bassa intolleranza (Britton et al., 2018).
Le evidenze suggeriscono anche che l’umore negativo ha una relazione bidirezionale con il rimuginio, con la valutazione di quest’ultimo (Buhr e Dugas, 2009; Johnston e Davey, 1997; McLaughlin et al., 2007), con l’intolleranza all’incertezza (Britton e Davey, 2014) e con le credenze positive e negative (Cartwright-Hatton e Wells, 1997).Rimuginio ed emozioni negative
Britton, Neale e Davey (2018) hanno esaminato gli effetti della manipolazione sperimentale del rimuginio sull’intolleranza all’incertezza, le credenze negative e positive a proposito delle conseguenze del rimuginio stesso e le emozioni di ansia e tristezza. Tale studio ha voluto comprendere se l’umore negativo sia un potenziale mediatore tra il rimuginio e l’intolleranza all’incertezza (Britton et al., 2018).
Un campione non clinico è stato suddiviso in due gruppi: ai partecipanti del gruppo sperimentale (n=29) è stato chiesto di generare 20 potenziali preoccupazioni a proposito di uno scenario ipotetico, mentre al gruppo di controllo (n=28) è stato chiesto di generare due potenziali preoccupazioni a proposito dello stesso scenario. Prima della divisione casuale nei due gruppi, è stato somministrato il Penn State Worry Questionnaire (PSWQ; Meyer et al., 1990) per valutare la frequenza e l’intensità del rimuginio nel campione. Dato che le misure dell’intolleranza all’incertezza e delle credenze positive e negative potrebbero essere non sufficientemente sensibili per registrare le modifiche risultanti da manipolazioni sperimentali, sono state selezionate delle domande dalla Intolerance of Uncertainty Scale – Short Form (IUS-12; Carleton, Norton e Asmundson, 2007) e dalla Consequences of Worry Scale per misurarle (COWS; Davey, Tallis e Capuzzo, 1996). Poiché i gruppi non differivano significativamente in termini di umore negativo, ansia e tristezza non sono state esplorate come possibili mediatrici, ma sono stati osservati gli altri dati ottenuti (Britton et al., 2018). I dati evidenziano come il gruppo sperimentale ha ottenuto dei punteggi più alti del gruppo di controllo nelle misurazioni sull’intolleranza all’incertezza e sulle credenze positive e negative. A differenza dei risultati ottenuti da Thielsch (2015) si è visto come l’intolleranza all’incertezza risulta positivamente correlata con le credenze positive e negative.
I dati sono in linea con le ricerche che mostrano la bidirezionalità tra i sintomi correlati all’ansia e ai costrutti clinici associati, nonché coerenti con un approccio che vede i sintomi ansiosi come parte di un sistema evoluto e integrato, per la gestione di minacce o di sfide e obiettivi, che possono essere raggiunti attraverso il coordinamento delle funzioni cognitive, comportamentali e affettive (Britton et al., 2018). Se tali implicazioni vengono considerate nella pratica clinica, l’effetto del rimuginio e le credenze innescate possono essere trattate focalizzandosi sul rimuginio stesso, con lo scopo di ridurre i sintomi ansiosi (Britton et al., 2018).