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Comorbilità vera e comorbilità spuria nei disturbi dell’alimentazione: problemi concettuali e strategie di intervento

Report dalla prima giornata del Congresso CBT-Italia 2022.

Di Sara Palmieri

Pubblicato il 04 Nov. 2022

Firenze, dalla prima giornata del Congresso CBT-Italia 2022.

Disturbi dell’alimentazione: comorbilità o casi complessi?

Il simposio dal titolo “Comorbilità vera e comorbilità spuria nei disturbi dell’alimentazione: problemi concettuali e strategie di intervento” si apre con la presentazione della dott.ssa Simona Calugi “Disturbi dell’alimentazione: comorbilità o casi complessi?”. Nel corso della presentazione si sottolinea che importanti quesiti da porsi riguardano la capacità di discriminare tra una comorbilità spuria e una comorbilità vera, come anche la capacità del clinico di chiedersi quante competenze possiede nella valutazione diagnostica e nel trattamento del disturbo coesistente. Relativamente alla tematica di comorbilità psichiatrica e disturbi dell’alimentazione viene messa in luce la rilevanza dell’impatto delle varie condizioni psicopatologiche sulla vita quotidiana del soggetto, la considerazione dell’insorgenza cronologica delle condizioni, il fatto che la ricerca si concentri prevalentemente su piccoli campioni e spesso in assenza di un gruppo di controllo. Inoltre la dott.ssa Calugi evidenzia come la comorbilità, un concetto definito negli anni 70 da Feinstein, sia un tema complesso sia concettualmente che clinicamente. Date le caratteristiche cliniche dei disturbi dell’alimentazione (come ad esempio la presenza di sintomi depressivi o ansiosi nel corso di un disturbo dell’alimentazione) viene delineato come sia più̀ opportuno e clinicamente utile parlare di “casi complessi” piuttosto che di comorbilità. Prendendo nel complesso quanto detto, viene evidenziato che la complessità̀ è la norma piuttosto che l’eccezione nei pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione.

L’approccio pragmatico della CBT-E nella gestione dei casi complessi

Il simposio prosegue con la presentazione della dott.ssa Calugi dal titolo “L’approccio pragmatico della CBT-E nella gestione dei casi complessi”. La terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) si avvale di un approccio pragmatico nell’affrontare la comorbilità coesistente al disturbo dell’alimentazione la quale viene riconosciuta e trattata solamente se significativa e se produce implicazioni cliniche rilevanti. Di conseguenza, la CBT-E divide la comorbilità in tre gruppi: il primo è quello dei disturbi che non interferiscono con il trattamento dei disturbi dell’alimentazione e che probabilmente rispondono ad esso (ad esempio la depressione clinica secondaria e l’ansia sociale). In tal caso i disturbi devono essere individuati, monitorati e rivalutati nel corso del trattamento senza però dare una speciale attenzione ad essi. Un secondo gruppo è quello dei disturbi che non interferiscono con il trattamento dei disturbi dell’alimentazione ma non rispondono ad esso (ad esempio il disturbo post-traumatico da stress e il disturbo ossessivo-compulsivo). In tal caso i disturbi devono essere individuati e affrontati primo o dopo il disturbo dell’alimentazione ma non contemporaneamente. Infine, vi è il gruppo dei disturbi che interferiscono con il trattamento dei disturbi dell’alimentazione (tra cui l’uso di sostanze continuativo, i disturbi psicotici acuti e la depressione clinica). La presentazione sottolinea come questi disturbi debbano essere riconosciuti e affrontati prima di iniziare il trattamento. La dott.ssa Calugi evidenzia quindi che in caso di comorbilità bisogna chiedersi se il disturbo è direttamente attribuibile al disturbo dell’alimentazione o alle sue conseguenze, se può interferire con il successo del trattamento del disturbo dell’alimentazione, e se tale disturbo svanisce dopo il trattamento del disturbo dell’alimentazione.

La gestione CBT-E del disturbo dell’alimentazione associato alla depressione clinica

Il simposio si conclude con al presentazione della dott.ssa Sermattei intitolata “La gestione CBT-E del disturbo dell’alimentazione associato alla depressione clinica”. La coesistenza dei disturbi dell’alimentazione con i disturbi dell’umore è stata riportata in oltre del 40% dei casi, ma frequentemente la diagnosi di depressione clinica co-esistente non è corretta poiché vi è una sovrapposizione concettuale tra i due disturbi e risulta complesso discriminare tra una comorbilità vera o spuria. Viene evidenziato come per l’intervento di terapia sia fondamentale distinguere tra depressione secondaria al disturbo dell’alimentazione e depressione clinica coesistente. Nel caso di depressione secondaria al disturbo dell’alimentazione, questa non dovrebbe essere trattata poichè la sua risoluzione avviene a seguito del miglioramento della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione. Nel caso di una depressione clinica coesistente, invece, essa dovrebbe essere identificata e trattata (ad esempio con un trattamento farmacologico a base di antidepressivi o in taluni casi è possibile considerare un ricovero) dato che interferisce con il trattamento del disturbo dell’alimentazione.

In conclusione, il simposio ha sottolineato come il termine “comorbilità” per descrivere i problemi clinici coesistenti con il disturbo dell’alimentazione sia spesso usato in modo improprio nell’area dei disturbi dell’alimentazione; inoltre è stato rimarcato che spesso nei trattamenti multidisciplinari è raramente valutato se i problemi clinici coesistenti ostacolino o meno il trattamento del disturbo dell’alimentazione.

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