Giovazolias e Paschalidi (2022) hanno ipotizzato che la sensibilità al rifiuto fosse associata alla paura dell’intimità attraverso la mediazione dell’ansia interpersonale nelle relazioni intime.
L’intimità è definita dai “sentimenti di vicinanza, connessione e legame nelle relazioni d’amore” (Sternberg, 1997, p. 315) ed è un elemento importante delle relazioni strette. È stato rilevato che influisce sulla qualità delle relazioni, sulla soddisfazione relazionale e sul benessere (Thelen et al., 2000; Weisskirch, 2018).
Le ricerche esistenti sottolineano l’importanza delle relazioni nell’età adulta emergente per il benessere di tutta la vita (ad es., Desjardins & Leadbeater, 2017; Rohner, 2008). Sembra che durante la prima età adulta le relazioni possano avere un impatto maggiore sull’adattamento psicosociale rispetto alle esperienze parentali ricordate, poiché i bisogni di attaccamento tendono a essere trasferiti dalla famiglia ai partner romantici e ai coetanei (Arnett, 2000; Dykas & Siskind, 2018).
Paura dell’intimità, stile di attaccamento e sensibilità al rifiuto
Un fattore significativo che sembra costituire un ostacolo alla formazione di relazioni sentimentali è la paura dell’intimità che si riferisce alla “capacità inibita di un individuo di scambiare pensieri e sentimenti di significato personale con un altro individuo molto apprezzato” (Descutner & Thelen, 1991, p. 219). Ricerche e teorie precedenti si sono concentrate sull’effetto delle prime relazioni di attaccamento sulla capacità di creare relazioni romantiche intime in età adulta (Phillips et al., 2013). I modelli di attaccamento insicuri che si sono sviluppati fin dalla prima infanzia possono portare a diverse difficoltà nel processo di intimità. In particolare, secondo Bartholomew (1990), le persone con un’elevata paura dell’intimità cercano l’intimità ma non hanno le competenze adeguate per raggiungerla, oppure negano il bisogno stesso di relazioni intime.
Un altro costrutto importante in questi processi è la sensibilità al rifiuto introdotto da Downey e Feldman (1996). Secondo il loro modello teorico, le esperienze di rifiuto sistematico interpersonale e (soprattutto) parentale nell’infanzia possono portare a una maggiore sensibilità nell’esperienza del rifiuto. Le persone altamente sensibili al rifiuto tendono ad avere aspettative, percezioni e reazioni più intense alle esperienze di rifiuto (Downey & Feldman, 1996).
Le aspettative di rifiuto sembrano attivarsi in circostanze in cui c’è una maggiore probabilità di una risposta emotiva negativa, come ad esempio il processo di intimità (Zimmer-Gembeck, 2015).
Secondo Montgomery (2005), i giovani adulti che evitano l’intimità cercano di proteggersi dalla possibile esposizione al rifiuto. Si potrebbe per cui pensare che la sensibilità al rifiuto possa portare a un desiderio e a una capacità inibiti di relazioni intime nell’età adulta emergente.
La teoria e la ricerca, inoltre, indicano che l’esperienza del rifiuto, reale o percepito, è legata a un aumento dell’ansia e del disagio interpersonale (Preti et al., 2018). L’ansia interpersonale è definita come una paura diffusa nei contesti relazionali, attivata da stimoli relazionali (Rohner, 2008). L’ansia relazionale è anche legata alla tendenza al ritiro da contesti sociali significativi per lo sviluppo, come il processo di intimità (Shulman & Connolly, 2013).
Sensibilità al rifiuto e paura dell’intimità
Giovazolias e Paschalidi (2022) hanno per cui ipotizzato che la sensibilità al rifiuto fosse associata alla paura dell’intimità attraverso la mediazione dell’ansia interpersonale nelle relazioni intime.
I risultati del loro studio hanno rilevato che le donne mostrano una maggiore sensibilità al rifiuto e ansia interpersonale rispetto agli uomini, mentre per quanto riguarda la paura dell’intimità questi hanno riportato punteggi più alti delle donne. Questo risultato può essere compreso attraverso il ruolo di genere orientato alla relazione delle donne, che può motivarle a sperimentare l’intimità in misura maggiore rispetto agli uomini (North & Fiske, 2014).
La sensibilità al rifiuto sembra influire sullo sviluppo della paura dell’intimità. Questo risultato conferma l’ipotesi teorica che la paura dell’intimità sia il risultato di rappresentazioni disfunzionali che si sono sviluppate nell’ambito del rifiuto percepito (Cash et al., 2004). L’aspettativa di rifiuto e la ricezione di stimoli di rifiuto potrebbero inibire la capacità di sviluppare relazioni interpersonali intime e strette (Norona et al., 2016).
Un’altra ipotesi confermata nello studio è che l’ansia interpersonale agisce come mediatrice nella relazione tra sensibilità al rifiuto e paura dell’intimità. Questo risultato ha una duplice importanza: da un lato, suggerisce che la presenza di un’elevata sensibilità al rifiuto può prevalere sulla presenza di ansia interpersonale nelle relazioni; dall’altro, propone un modo attraverso il quale essa può portare a un aumento della paura dell’intimità. Infatti, l’ansia interpersonale può portare alla paura dell’intimità, poiché è stato dimostrato che gli individui con un’elevata ansia interpersonale rispondono alle condizioni sociali con pensieri più negativi e adottando comportamenti evitanti nelle relazioni (Afram & Kashdan, 2015).
Per quanto riguarda invece il ricordo del rifiuto paterno e materno, preso in considerazione nelle analisi, non sono state osservate differenze di genere. L’ipotesi che l’accettazione ricordata dai genitori avrebbe moderato le relazioni tra sensibilità al rifiuto, ansia relazionale e paura dell’intimità è stata parzialmente confermata. In particolare, l’analisi di mediazione moderata ha mostrato che l’accettazione materna ricordata può inibire lo sviluppo della paura dell’intimità nei giovani adulti con un’alta sensibilità al rifiuto e un’elevata ansia interpersonale.
L’effetto moderatore dell’accettazione materna sullo sviluppo della paura dell’intimità denota l’esistenza di fattori protettivi specifici che possono ridurre gli effetti collaterali delle rappresentazioni mentali disfunzionali relative al rifiuto. Inoltre, sembrerebbe indicare il ruolo differenziale di ciascun genitore negli obiettivi relazionali (Desjardins & Leadbeater, 2017).
Questo risultato probabilmente riflette in parte il forte ruolo della figura materna nelle famiglie patriarcali. Secondo Georgas et al. (2006), la madre nella famiglia patriarcale possiede il ruolo espressivo, ovvero il sostegno emotivo e la cura dei membri della famiglia. Ricerche pertinenti hanno mostrato che, nelle società patriarcali (come quella greca), l’accettazione materna ricordata può influenzare l’adattamento psicosociale più dell’accettazione paterna ricordata, forse perché le madri sono quelle più attivamente coinvolte nella cura e nella crescita dei figli (Sultana & Khaleque, 2016).
In ogni caso, questo risultato conferma la posizione teorica secondo la quale l’accettazione dei genitori è legata a un migliore adattamento interpersonale (Rohner, 2008). Conferma, inoltre, che la qualità della relazione materna è cruciale per la capacità di esprimere l’intimità (Alperin, 2006; Rohner et al., 2019).