Lo stress negli ambienti lavorativi è una delle lamentele più diffuse tra i dipendenti e può essere causato dal ruolo dell’intensità di un conflitto interpersonale in un contesto lavorativo mediata dalle emozioni negative (Gallup, 2019).
Il conflitto interpersonale nel contesto lavorativo
Alcuni studi hanno scoperto che le persone possono passare tantissimo tempo (fino al 42%) a risolvere conflitti lavorativi e talvolta i manager dedicano il 20% del tempo che hanno a disposizione a risolvere lamentele o conflitti interni, nelle aziende o in altri contesti lavorativi (Gupta et al., 2011). Dal momento che le previsioni per il futuro sono che i livelli di stress e di conflitto aumenteranno sempre di più a causa di una forza lavoro molto diversificata in termini demografici, diversi ricercatori si sono chiesti in che modo lo stress personale fosse collegato a quello sul lavoro, identificando alcuni fattori, tra cui il conflitto interpersonale, che sono strettamente legati alla salute e al lavoro dei dipendenti (Mulki et al., 2015).
Il conflitto interpersonale è definito come un fattore di stress sociale che misura il disaccordo tra le parti (Spector & Jex, 1998); in ambito lavorativo, l’aggressione sul posto di lavoro include diverse variabili tra cui bullismo, insidia sociale e inciviltà, che possono variare a seconda di alcune caratteristiche tra cui l’intensità. Spesso il conflitto interpersonale è associato a risultati negativi quali basso rendimento e soddisfazione lavorativa, stress, turnover, e a sintomi di scarsa salute fisica (Nixon et al., 2017).
I fattori che hanno un forte impatto sui lavoratori possono essere spiegati mediante un modello incentrato sulle emozioni che fornisce un possibile meccanismo attraverso il quale il conflitto influisce sugli esiti lavorativi; tale modello prevede che le reazioni affettive siano un mediatore all’interno della relazione tra stress personale e lavorativo (Spector & Bruk-Lee, 2008). Questo implica che la valutazione personale che ciascuno dà a un evento stressante sul lavoro porta a reazioni emotive avverse che peggiorano ulteriormente l’evento in sé. Tale concetto è ripreso dalla teoria degli eventi affettivi (AET) che postula che gli incidenti sul lavoro, sia positivi che negativi, portano a stati emotivi che influenzano molti atteggiamenti o comportamenti (Fisher, 2000). Le emozioni si riferiscono a stati affettivi transitori che dipendono dall’ambiente e influenzano diversi esiti sia di salute che di organizzazione (Watson & Clark, 1984). Numerosi sono infatti gli studi che hanno trovato una relazione tra conflitti sul lavoro ed esiti negativi lavorativi, collegati ad un forte disagio psicologico e mediati da reazioni emotive negative (Ilies et al., 2011).
Conflitto interpersonale e aggressività nel contesto lavorativo
L’intensità delle aggressioni sul posto di lavoro varia a seconda della gravità percepita di un comportamento aggressivo contro di sé; diversi studi, infatti, hanno dimostrato che l’intensità modula la relazione tra l’aggressione sul posto di lavoro (comprensiva del conflitto interpersonale), le tensioni psicologiche e gli atteggiamenti organizzativi (Nixon & Spector, 2015). Inoltre, l’intensità all’interno di un conflitto influenza il modo in cui le persone lo valutano e reagiscono ad esso, per esempio alcuni conflitti a bassa intensità sono percepiti come benigni o positivi in circostanze nelle quali è richiesto uno scambio di opinioni (Leon-Pereze et al., 2015).
Uno studio di Burnard e colleghi del 2021 aveva come obiettivo quello di esaminare l’intensità del conflitto come moderatore della relazione tra il conflitto interpersonale e lo stress percepito, i sintomi fisici e la soddisfazione lavorativa, attraverso le emozioni negative.
Le ipotesi degli autori erano quindi che il conflitto interpersonale sul lavoro fosse correlato negativamente alla soddisfazione lavorativa e positivamente allo stress percepito e ai sintomi fisici; che le emozioni negative mediassero la relazione tra il conflitto interpersonale, la soddisfazione lavorativa, lo stress percepito e i sintomi fisici; infine che l’intensità percepita moderasse gli effetti del conflitto interpersonale sulla soddisfazione lavorativa, sullo stress percepito e sui sintomi fisici, in modo tale che l’effetto indiretto fosse più forte quando l’intensità era elevata.
Il campione dello studio era composto da 306 dipendenti di varie aziende a cui sono state somministrate: la scala Interpersonal Conflict at Work Scale (ICAWS; Spector & Jex, 1998), per valutare il conflitto interpersonale sul lavoro; la Job-Related Affect Well-Being Scale (JAWS; Van Katwyk et al., 2000) per misurare le emozioni negative sul lavoro; il Physical Symptoms Inventory (PSI; Spector & Jex, 1998) per valutare i sintomi fisici; la Perceived Stress Scale (PSS; Cohen et al., 1983) per lo stress percepito e, infine, la Michigan Organizational Assessment Scale (Cammann et al., 1979) per la soddisfazione lavorativa.
I risultati, come ipotizzato, mostrano che i dipendenti che sperimentano livelli più elevati di conflitto interpersonale sul lavoro riportano reazioni emotive negative, minore soddisfazione lavorativa e un aumento di stress e di sintomi fisici. Inoltre, è emerso che le emozioni negative mediano la relazione tra questi. Infine, sembra che l’intensità del conflitto abbia moderato la relazione indiretta tra il conflitto interpersonale e la soddisfazione lavorativa, lo stress percepito e i sintomi fisici: infatti, quando le esperienze di conflitto erano percepite come moderatamente o altamente sconvolgenti, gli effetti del conflitto sono stati moderati.
Sarebbe importante dunque considerare l’efficacia di diversi stili e strategie di gestione del conflitto nella risoluzione di controversie di diversa intensità e conoscere differenti approcci per gestire al meglio il conflitto e affrontarlo efficacemente al fine di migliorare l’interazione sociale e facilitare le norme di collaborazione all’interno dei contesti organizzativi e lavorativi.