expand_lessAPRI WIDGET

L’ascolto attivo

L'ascolto attivo richiede un'intensa concentrazione e attenzione a tutto ciò che la persona sta trasmettendo, sia verbalmente che non verbalmente

Di Anastasia Capponcelli

Pubblicato il 20 Ott. 2022

Aggiornato il 21 Ott. 2022 12:30

Dal punto di vista clinico, l’ascolto attivo prevede tre elementi essenziali: coinvolgimento emotivo ed espressione non verbale di tale coinvolgimento, astensione da giudizi e parafrasi del messaggio dell’oratore in favore di un’autoriflessione, presa di coscienza ed elaborazione dei contenuti emotivi riportati. 

 

If we could all just learn to listen, everything
else would fall into place.
Listening is the key to being patient centred. 
(Ian McWhinney)

 Durante le ultime settimane a contatto con alcuni pazienti mi sono sentita particolarmente in sintonia con loro da un punto di vista emotivo e mi sono resa conto, dal cambiamento da loro mostrato nei miei confronti a fine seduta, di come, in assenza di specifiche competenze terapeutiche pratiche ancora da sviluppare, il primo passo verso l’altro è la messa in atto di un’abilità difficile da insegnare e da apprendere: l’ascolto attivo. Probabilmente chiunque conosce il significato della parola “ascolto”, definito, cioè, come “processo di ricezione, costruzione di significato e di risposta a messaggi verbali e/o non verbali” e non soltanto mera percezione di un suono attraverso l’udito. Ma chi realmente pratica l’ascolto attivo verso gli altri? Esso è come se si riferisse ad un livello successivo, più profondo, che rimanda ad un’apertura, ad una predisposizione mentale verso l’altro e all’essere emotivamente disposti a condividere il vissuto dell’altro, sia esso di sofferenza o di gioia.

Le teorie inerenti all’ascolto attivo hanno radici nella concettualizzazione dell’ascolto empatico di Rogers (1951), il quale definì l’ascolto empatico come incondizionata accettazione e riflessione imparziale dell’esperienza dell’altro. Dal punto di vista clinico, la maggior parte dei pareri di esperti condivide l’inclusione di tre elementi essenziali nell’ascolto attivo: coinvolgimento emotivo ed espressione non verbale di tale coinvolgimento, astensione da giudizi e parafrasi del messaggio dell’oratore in favore di un’autoriflessione, presa di coscienza ed elaborazione dei contenuti emotivi riportati.

Dunque, l’ascolto attivo estende il ruolo terapeutico oltre la semplice raccolta di informazioni e non rimanda necessariamente a lunghe sessioni trascorse esclusivamente ad ascoltare l’altro; finché non si è in grado di dimostrare uno spirito che rispetti genuinamente il valore potenziale dell’individuo, che consideri i suoi punti di vista, non possiamo considerarci ascoltatori efficaci. Secondo Rogers (1957) l’empatia del terapeuta e la capacità di comunicare tale empatia al paziente sono tra le condizioni iniziali necessarie per l’instaurazione di una relazione, ossia per la costruzione dell’alleanza terapeutica, ed il conseguente raggiungimento del cambiamento terapeutico.

In generale, l’ascolto attivo implica la capacità percepita di instaurare interazioni gratificanti. A tal proposito, la letteratura su tale ambito identifica la comprensione, l’esperienza dell’affetto positivo e la costruzione di relazioni soddisfacenti e significative come prodotti del processo di ascolto attivo, sottolineando che le persone preferiscono interazioni che forniscono ricompense reali o percepite, che a loro volta guidano l’interesse delle persone verso interazioni future.

L‘ascolto attivo è, dunque, una capacità comunicativa specifica che consiste nella libera attenzione e che Knights definisce come: “… mettere tutta la propria attenzione e consapevolezza a disposizione di un’altra persona, ascoltare con interesse e apprezzare senza interrompere”. Questo sembra essere un impegno raro e prezioso, poiché la maggior parte delle discussioni implica la competizione per uno spazio in cui parlare. L’ascolto attivo richiede un’intensa concentrazione e attenzione a tutto ciò che la persona sta trasmettendo, sia verbalmente che non verbalmente. Esso richiede che l’ascoltatore si svuoti si preoccupazioni personali, distrazioni e preconcetti.

 Ancora, diceva Carl Rogers nel 1980: “[…] ascoltiamo non solo con le nostre orecchie, ma anche con i nostri occhi, mente, cuore e immaginazione. Ascoltiamo ciò che sta accadendo dentro di noi, così come ciò che sta accadendo nella persona che stiamo ascoltando. Ascoltiamo le parole dell’altro, ma ascoltiamo anche i messaggi e i significati sepolti nelle parole. Ascoltiamo la voce, l’aspetto e il linguaggio del corpo dell’altro… […] senza aggiungere, sottrarre o modificare.” Dare l’opportunità di seguire un filo di pensiero senza interruzioni è sia una convalida dei processi di pensiero (sebbene non necessariamente delle opinioni stesse), sia dell’individuo. Sebbene l’ascoltatore non introduca le proprie opinioni o soluzioni, è tutt’altro che passivo.

Bolton, inoltre, cita nel suo libro “Competenze delle persone” lo psicologo Clark Moustakas: “Etichette e classificazioni che ostacolano l’ascolto attivo fanno sembrare che conosciamo l’altro, quando in realtà abbiamo catturato l’ombra e non la sostanza. Poiché siamo convinti di conoscere noi stessi e gli altri… [noi] non vediamo più cosa sta succedendo davanti a noi e in noi, e, non sapendo di non sapere, non facciamo alcuno sforzo per essere in contatto con il reale”.

È utile, in conclusione, realizzare una riflessione sull’aspetto dell’ascolto, così scontato e sottovalutato ma allo stesso tempo così poco praticato ed essenziale nella definizione della qualità delle relazioni umane.

You can learn to be a better listener, but
learning it is not like learning a skill that is
added to what we know. It is a peeling away
of things that interfere with listening, our
preoccupations, our fears, of how we might
respond to what we hear.
(Ian McWhinney).

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Fitzgerald P. & Leudar I. (2010). On active listening in person-centred, solution-focused psychotherapy. Journal of Pragmatics. No. 42: 3188–3198.
  • Friston K. J. & Frith C. D. (2015). Active inference, communication and hermeneutics. Cortex.
  • Kacperek L. (2015). Non-verbal communication: the importance of listening. British Journal of Nursing. Vol. 6, No. 5.
  • Prince-Paul M. & Kelley C. (2017). Mindful communication: being present. Seminars in Oncology Nursing.
  • Robertson K. (2005). Active listening. More than just paying attention. Australian Family Physician. Vol. 34, No. 12: 1053-1055.
  • Rogers C. R. & Farson R. E. (1987). Active Listening. Communicating in Business Today R.G. Newman, M.A. Danzinger, M. Cohen (eds) D.C. Heath & Company.
 
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Alleanza terapeutica contributi teorici caratteristiche rotture e riparazioni
L’alleanza terapeutica: contributi teorici, rotture e riparazioni

La sola alleanza terapeutica non è sufficiente per la buona riuscita del trattamento terapeutico, ma ne costituisce la base indispensabile

ARTICOLI CORRELATI
Carl Rogers: l’architetto della relazione terapeutica

Carl Rogers ha infranto le barriere tradizionali, sostenendo l’autodeterminazione e l’autorealizzazione come chiavi della crescita

Lo stato interessante (2022) di Valentina Albertini – Recensione

"Lo stato interessante" discute i potenziali cambiamenti nel setting indotti dalla gravidanza della terapeuta e come darne comunicazione

WordPress Ads
cancel