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Imagery rescripting di Remco Van der Wijngaart (2022) – Recensione

"Imagery rescripting" descrive l'omonima tecnica, che esplora in immaginazione un’esperienza significativa, “correggendone” il vissuto emotivo doloroso

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 05 Set. 2022

Il saggio “Imagery rescripting” di Remco Van der Wijngaart descrive in modo molto chiaro le origini storiche della tecnica dell’imagery rescripting e il suo attuale utilizzo.

 

 È possibile riscrivere le proprie memorie passate e gli eventi futuri in modo che possa verificarsi un esito diverso rispetto a quanto già accaduto o che potrebbe accadere?

La risposta di Remco Van der Wijngaart, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale dell’International Society of Schema Therapy e autore del saggioImagery rescripting, teoria e pratica” è affermativa.

Il saggio, edito da Giovanni Fioriti Editore, raccoglie una panoramica dettagliata e approfondita della tecnica dell’imagery rescripting sviluppata all’interno del modello della Schema Therapy e che ha lo scopo di esplorare in immaginazione un’esperienza significativa passata o futura e rielaborarla “correggendone” il vissuto emotivo doloroso.

Questa tecnica terapeutica sta guadagnando gradualmente maggiore popolarità e sta acquisendo nuove e comprovate evidenze scientifiche della sua utilità ed efficacia nell’aiutare le persone a riattribuire un significato alternativo e più funzionale alle esperienze di vita precoci di abuso, trascuratezza e frustrazione dei bisogni primari.

Il modello teorico sottostante questa tecnica è quello della Schema Therapy, che enfatizza il ruolo della relazione terapeutica come fondamentale strumento di cambiamento e riparazione emotiva delle esperienze infantili traumatiche (Arntz e Jacob, 2013). Infatti, nella relazione terapeutica, attraverso la figura del terapeuta, è possibile (1) recuperare eventi infantili traumatici nei quali il bambino, ora paziente adulto, ha esperito una frustrazione dei propri bisogni emotivi fondamentali per mano del genitore e (2) riscrivere in immaginazione, tramite l’intervento del terapeuta, il decorso dello stesso.

Le possibilità di “riscrivere” il decorso di un’esperienza negativa con l’immaginazione sono infinite e fantasiose in quanto le potenzialità dell’immaginazione sono esse stesse infinite e fantasiose: gli antagonisti della scena infantile recuperata possono essere contrastati, le vittime consolate, salvate e trattate con compassione sia dalla parte adulta sana del paziente che dal terapeuta che si “insinua” nel ricordo della persona per ristrutturare cognitivamente l’evento passato, aiutarlo a riconoscere, validare ed esprimere i suoi bisogni, accettare la realtà e favorire un processo di elaborazione della sua sofferenza emotiva.

Il saggio di Van der Wijngaart (2022) descrive in modo molto chiaro le origini storiche della tecnica dell’imagery rescripting a partire dagli anni 80 del 900’ dove già cominciavano ad affermarsi le prime tecniche di immaginazione e visualizzazione all’interno del panorama cognitivo e comportamentale, fino all’introduzione della tecnica in diversi protocolli per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico (Ehlers et al., 2000), d’ansia sociale (Clark et al., 2006), degli incubi notturni e dei disturbi di personalità (Young et al., 2003). L’autore inoltre fornisce un’ampia rassegna di metanalisi e degli studi più significativi che comprovano l’efficacia di tale tecnica all’interno dei protocolli terapeutici per la riduzione sintomatologica.

 La parte più corposa e interessante del saggio viene dedicata alla spiegazione dell’applicazione della tecnica esemplificata tramite vignette di casi clinici che ben rendono i suoi passaggi e varie fasi di implementazione all’interno dei diversi momenti del percorso terapeutico – dall’assessment diagnostico alla prevenzione delle ricadute; il tutto per fornire al lettore competente la possibilità di utilizzare questo strumento nella sua pratica clinica.

Il lettore viene accompagnato per mano nell’apprendimento della tecnica e nella sua familiarizzazione tramite apposite “scalette d’intervento” a partire dall’indagine della sofferenza attuale riportata dalla persona ricollegata a una dolorosità che affonda le sue radici storiche nella sua storia di vita infantile.

In questo excursus vengono offerte liste di domande e istruzioni per comprendere il momento più opportuno per implementare la tecnica e i bisogni su cui focalizzarsi, per recuperare l’evento più significativo e riscrivere l’esperienza soggettiva della persona in quello stesso evento.

Inoltre, vengono forniti suggerimenti per bypassare alcuni degli ostacoli più frequenti che potrebbero verificarsi con persone poco addestrate all’immaginazione o molto attivate emotivamente dall’esercizio.

A mio parere, l’ultima parte del saggio merita una menzione speciale in quanto si focalizza sulla possibilità di utilizzare la tecnica dell’imagery rescripting anche per anticipare e prepararsi agli eventi futuri, non ancora accaduti ma potenzialmente problematici che potrebbero attivare vecchi schemi, credenze, reazioni e comportamenti poco utili. Tale possibilità è offerta dal fatto che l’anticipazione di un evento futuro attiva le medesime aree cerebrali coinvolte nella visualizzazione degli eventi passati (Schacter et al., 2012) favorendo la rielaborazione e la motivazione al cambiamento: infatti, visualizzare reazioni e comportamenti alternativi, non ancora accaduti, che si potrebbero mettere in atto in una situazione attivante, permetterebbe di sperimentare in anticipo i suoi effetti, di facilitare il problem solving per eventuali difficoltà e prevedere vantaggi e “gratificazioni” emotive a seguito del nuovo repertorio immaginato.

Il saggio di Van der Wijngaart è caldamente consigliato ai lettori competenti, incuriositi e interessati all’applicazione di questa tecnica con i propri pazienti anche al di fuori di una specializzazione strutturata nell’ambito della Schema Therapy.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arntz, A. & Jacob, G. (2013). Schema therapy in azione. Teoria e pratica. Ist. Scienze Cognitive.
  • Clark, D. M., Ehlers, A., Hackmann, A., McManus, F., Fennell, M., Grey, N. & Wild, J. (2006). Cognitive therapy versus exposure and applied relaxation in social phobia: A randomized controlled trial. Journal of consulting and clinical psychology, 74(3), 568.
  • Ehlers, A., & Clark, D. M. (2000). A cognitive model of posttraumatic stress disorder. Behaviour research and therapy, 38(4), 319-345.
  • Schacter, D. L., Addis, D. R., Hassabis, D., Martin, V. C., Spreng, R. N., & Szpunar, K. K. (2012). The future of memory: remembering, imagining, and the brain. Neuron, 76(4), 677-694.
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