I traumi “non digeriti” dalla mente diventano l’eredità emotiva trasmessa ai propri figli e nipoti, manifestandosi secondo modalità che non riescono a comprendere o controllare.
Tutte le famiglie sono segnate da qualche storia traumatica.
Ogni trauma è conservato all’interno di una famiglia
in maniera unica e lascia il proprio marchio emotivo
su quelli che ancora non sono nati.
Il campo dell’epigenetica ha ampliato la concezione di ereditarietà, dando rilevanza anche all’impatto dei fattori ambientali, a come natura e cultura si influenzino a livello molecolare dotando i geni di una sorta di memoria, che può essere trasmessa di generazione in generazione.
Galit Atlas nel suo libro “L’eredità emotiva. Una terapeuta, i suoi pazienti e il retaggio del trauma” ci guida in un viaggio attraverso la “radioattività” del trauma, ossia la diffusione intergenerazionale della sua “radiazione” emotiva che si conserva nella mente e nel corpo dei discendenti come fosse un evento vissuto in prima persona, influenzando in modo importante le loro vite.
L’eredità emotiva: la trasmissione intergenerazionale del trauma
Attraverso i racconti dei suoi pazienti, le sue storie personali e il trauma della sua terra d’origine (Israele) Galit Atlas tratta, da una prospettiva psicoanalitica e sulla base della ricerca psicologica più recente, l’eredità emotiva, intesa come tutti quei segreti familiari, quei “fantasmi” del passato appartenenti a genitori, nonni, bisnonni e in generale agli antenati, che condizionano la salute fisica e mentale, creando sofferenza e impedendo di esprimere le proprie potenzialità: traumi di guerra, segreti di amori proibiti e di infedeltà, fantasmi di abusi sessuali, suicidi, lutti irrisolti ecc.
Il meccanismo difensivo della rimozione, come spiega Galit Atlas, ci protegge “scindendo un ricordo dal suo significato emotivo”, conservando il trauma come un evento “non particolarmente rilevante”; questo processo mentale difende dal provare qualcosa di troppo devastante ma, allo stesso tempo, mantiene il trauma isolato e non elaborato, limitando la capacità di analizzare la propria vita e di viverla al massimo del potenziale. Inoltre questi traumi “non digeriti” dalla mente diventano l’eredità emotiva trasmessa ai propri figli e nipoti, manifestandosi secondo modalità che non riescono a comprendere o controllare.
Tutto quello di cui non abbiamo consapevolezza viene rivissuto. Viene trattenuto nella nostra mente e nel nostro corpo, rendendosi palese attraverso quelli che chiamiamo sintomi: mal di testa, ossessioni, fobie, insonnia possono essere tutti segni di quello che abbiamo respinto nei più oscuri recessi della nostra mente.
L’eredità emotiva: oltre il retaggio del trauma
Nel corso del libro, con scene tratte dalla sua esperienza clinica, Galit Atlas ci descrive le modalità attraverso cui possono essere individuate ed elaborate le esperienze traumatiche trasmesse, spezzando il silenzio e portando alla “liberazione delle parti di noi tenute prigioniere dai segreti del passato”.
Ricordare ed elaborare si rivelano significativi non solo per la persona ma anche per i suoi discendenti, in quanto non è esclusivamente il trauma che può essere trasmesso alle generazioni successive ma anche “il lavoro psicologico può cambiare e modificare gli effetti biologici del trauma”. Infatti, come spiega Galit Atlas, quando si impara a identificare l’eredità emotiva che abita dentro di sé, le proprie percezioni, sensazioni e comportamenti cominciano ad acquisire un senso, si apre “una porta” tra il presente e il trauma passato e si dispiega il cambiamento, ossia la possibilità di liberare la “capacità di amare, di investire nella vita, di creare e realizzare i nostri sogni” e di andare oltre il retaggio del trauma.
Il trauma viene trasmesso attraverso le nostre menti e i nostri corpi, ma lo stesso si può dire della resilienza e della guarigione.