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Cambiamento climatico antropogenico: una prospettiva psicologica

Iniziamo ad assistere alle prime catastrofi causate dal cambiamento climatico antropogenico. Eppure esiste ancora un diffuso scetticismo a riguardo. Perché?

Di Vincenzo Paternoster

Pubblicato il 11 Lug. 2022

Aggiornato il 15 Lug. 2022 12:18

Stiamo iniziando ad assistere, purtroppo, alle prime catastrofi generate dal cambiamento climatico antropogenico. Nonostante le previsioni drammatiche, ancora oggi c’è molta ambivalenza riguardo alla reale portata di questo problema. Allora è bene chiedersi perché c’è ancora questo scetticismo? La psicologia può in qualche modo fornire una spiegazione?

 

Uno dei temi “caldi” degli ultimi anni è il cambiamento climatico, un tema che nasconde numerose insidie e che accende le più grandi discussioni in tutto il mondo. Per quanto questo argomento possa essere ormai stato trattato in tutti i modi, ancora oggi una parte della popolazione italiana e mondiale non ha chiaro cosa effettivamente stia accadendo. Quindi è doveroso chiedersi perché le persone, nonostante l’estrema sensibilizzazione a cui stiamo assistendo negli ultimi anni, non hanno le idee chiare riguardo al cambiamento climatico? In questo articolo cercheremo di rispondere a questa domanda.

Cos’è il cambiamento climatico antropogenico?

I cambiamenti climatici sono fenomeni del tutto naturali che causano il cambiamento, nel lungo termine, delle temperature e degli schemi metereologici. Se sono del tutto naturali allora cosa c’entriamo noi umani? A partire dal XIX secolo con l’aumento della produzione industriale e dell’utilizzo di combustibili fossili (carbonio, petrolio e gas), l’attività umana è diventata la principale fonte del cambiamento climatico (Nazioni Unite, n.d). Per questo motivo oggi si utilizza l’espressione cambiamento climatico antropogenico, cioè generato dall’uomo.

Inoltre, negli ultimi anni sono stati ipotizzati scenari futuri sulle possibili conseguenze prodotte da questo fenomeno e gran parte di esse evidenziano come nei prossimi anni potremmo iniziare ad assistere alle prime catastrofi generate dal cambiamento climatico antropogenico. Nonostante le previsioni drammatiche, ancora oggi c’è molta ambivalenza riguardo alla reale portata di questo problema. Allora è bene chiedersi perché c’è ancora questo scetticismo? La psicologia può in qualche modo fornire una spiegazione?

La psicologia ambientale e il cambiamento climatico antropogenico

Le risposte alle domande precedenti sono state fornite dagli studi della psicologia ambientale, una branca della psicologia che si occupa di studiare l’interazione bidirezionale che intercorre tra umano e ambiente (naturale e non). In particolare, gli psicologi ambientali hanno evidenziato due principali incognite associate alla relazione che intercorre tra umano e cambiamenti climatici:

  1. Le persone hanno capito che cosa sono i cambiamenti climatici?
  2. Le persone sanno valutare il rischio effettivo dei cambiamenti climatici?

1. Comprensione del problema

La popolazione mondiale negli ultimi anni ha acquisito maggiori conoscenze riguardo ai cambiamenti climatici, ma ancora oggi non ha una conoscenza adeguata a comprendere le molteplici cause e le possibili conseguenze di questi fenomeni. Inoltre, è importante sottolineare che non si tratta semplicemente di una scarsa conoscenza scientifica, quanto più di una divulgazione inadeguata.

Infatti, sembra che le principali fonti di informazioni sull’ambiente accessibili alla popolazione derivino dal partito politico di fiducia (Hornsey et al. 2016). Per quanto i politici possano essere informati su varie questioni, spesso a causa delle campagne elettorali confermano quello in cui “credono” i propri sostenitori (Corner et al. 2012), divulgano informazioni parziali a scapito della conoscenza scientifica che si basa su prove e dati. Tutto ciò crea una serie di false credenze e false informazioni che distorcono la realtà delle persone andando a sviare l’attenzione da ciò che è realmente rilevante. La distorsione viene ulteriormente alimentata dall’uso malsano di internet e dei nuovi mezzi di comunicazione, che consentono di condividere informazioni di dubbia provenienza senza nessuna base scientifica. Per concludere, la comprensione del problema è molto superficiale ed è continuamente messa a repentaglio dalla poca capacità di discernere le informazioni da parte della popolazione.

2. Valutazione del rischio

La valutazione del rischio senza una conoscenza completa dell’evento rischioso non può avvenire in modo adeguato. Di conseguenza, anche i comportamenti generati dalla valutazione sono il frutto della poca conoscenza del fenomeno. Chiaramente esistono anche persone informate e che quindi agiscono in funzione delle proprie informazioni. Sia le persone poco informate che quelle informate comunque agiscono confermando le proprie credenze. Ma come fa una persona a valutare un rischio? Rispondiamo a questa domanda usando l’analogia della risposta di emergenza divisa in tre fasi:

a. Rilevare il problema

Prima di tutto bisogna rilevare l’evento che si vuole valutare. Nel nostro caso, la rilevazione appare complessa per tre principali motivi:

  • I cambiamenti climatici sono invisibili agli occhi dei “non scienziati”. Uno scioglimento di un ghiacciaio con possibili vittime fa più clamore di un aumento minimo della temperatura mondiale;
  • Le persone sono confuse quando si parla di riscaldamento globale. Ad esempio, alcune persone possono avere difficoltà nel comprendere il legame tra l’aumento della temperatura e la presenza di nevicate copiose;
  • Le persone che vivono meno a contatto con la natura fanno più fatica a rilevare i piccoli cambiamenti in atto.

b. Interpretare il problema

Secondo Capstick et al (2015) le persone tendono a interpretare il cambiamento climatico come un evento poco minaccioso e preoccupante. Perché nonostante tutte le sensibilizzazioni in atto ci sono ancora persone che valutano tutto ciò come poco rilevante?

  • Ambiguità attributiva. L’ambiguità attributiva indica la difficoltà delle persone nel riuscire a individuare la causa di un fenomeno. Nel caso del cambiamento climatico questo è amplificato dalla presenza di numerose ipotesi plausibili che cercano di comprendere le cause e le possibili conseguenze di questo fenomeno. Tutto questo crea ulteriore confusione e ambiguità che facilita la sottovalutazione del problema.
  • Distanza psicologica. Indica la distanza percepita dalle persone rispetto a un problema. In questo caso la distanza è riferita alla geografia (effetti dei cambiamenti climatici lontani da dove mi trovo), al tempo (gli effetti dei cambiamenti climatici si presenteranno tra molti anni) e al fattore sociale (gli effetti dei cambiamenti climatici accadono agli altri non a me). Tutto ciò influenza e riduce la percezione di pericolo della popolazione (McDonald 2016). Infine, questo fenomeno è associato al bias dell’ottimismo, una distorsione cognitiva che porta le persone a valutare una conseguenza negativa distante da sé (e.g. “in Italia in media ci sono 324 incidenti automobilistici al giorno, sicuramente io non farò mai un incidente”). Per ridurre questo falso ottimismo è necessario che gli effetti negativi colpiscano direttamente la persona interessata;
  • Avversione alla soluzione. Quando la soluzione a un problema non ci piace tendiamo a negare il problema. L’avversione alla soluzione è molto presente in politica. Per via delle ideologie politiche si tende a negare un problema, perché le soluzioni vanno contro la propria ideologia. Lo stesso accade con i cambiamenti climatici. Ci sono fazioni politiche interessate al problema e che propongono delle soluzioni, ma che vengono schermate da altre fazioni che non accettano la soluzione negando il problema (e.g. i conservatori invece di accettare il ruolo primario della propria nazione nella produzione di energia –la principale causa del riscaldamento globale– tendono a negare il problema oppure spostano l’attenzione su altri paesi o altri capri espiatori).

c. Accettare la responsabilità e agire

Terzo e ultimo punto della risposta all’emergenza. Nel nostro caso specifico la riduzione della percezione della minaccia porta le persone a non considerare le proprie responsabilità. Di conseguenza, le azioni messe in atto sono compromesse e non sono dirette alla risoluzione del problema. Ma quali potrebbero essere le possibili soluzioni al cambiamento climatico? E quale apporto può dare la psicologia?

Le due principali azioni che possono essere messe in atto sono:

  1. Mitigation. Ridurre la produzione di energia e il consumo di combustibili fossili così da intervenire direttamente sul riscaldamento globale. In realtà, questa soluzione non è più attuabile in quanto siamo già a un punto di non ritorno. Al momento, la riduzione può solo tamponare e mantenere la temperatura stabile (non considerando possibili altri eventi esterni che possono influire sulla temperatura del pianeta).
  2. Adaptation. Fornire aiuti psicologici così da preparare le persone ai possibili eventi negativi futuri potenziando la loro resilienza (sociale, fisica e mentale). Il principio di fondo è quello dei training svolti dalla protezione civile per preparare le persone a situazioni di emergenza. Conoscere le procedure di base utili ad affrontare un problema consente di prevenire e ridurre i danni.

Conclusioni

Dopo i recenti fatti di cronaca il tema appare evidente. Ciò che è evidente però non è sempre chiaro e compreso da tutti. Tendiamo a minimizzare, a pensare che questi eventi non ci possano capitare e di conseguenza lasciamo decantare l’ennesimo evento esterno dal nostro mondo interno. Infatti, il nostro mondo più intimo viene scosso solo se, come abbiamo visto, l’evento ci riguarda in prima persona o di sbieco. Questa volta è bene fare più di una semplice critica al bar o limitarsi a postare qualcosa sui social. Questa volta è bene tenere a mente quello che potrebbe essere un chiaro segnale di cambiamento. Siamo tutti interessati dai cambiamenti che stanno avvenendo. Sono radicali e casuali e possono colpire chiunque, in qualsiasi momento. Essere preparati a un livello conoscitivo e psicologico è uno dei possibili strumenti che può aiutare a sviluppare la consapevolezza necessaria per accettare le nostre responsabilità e agire di conseguenza. Non permettiamo che questo evento drammatico lasci solo tante parole buttate al vento dei mass media e dei social media.

 

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