Secondo i dati epidemiologici, alcune patologie si associano frequentemente ai disturbi mentali, tra queste l’obesità, l’osteoporosi e il tabagismo.
Sono stati condotti diversi studi epidemiologici riguardo all’abitudine del fumo tra i pazienti psichiatrici (Emerson e Turnbull, 2005). Per quel che concerne l’abitudine al fumo e il tabagismo le ricerche rivelano che la percentuale di fumatori nelle patologie psichiatriche è alta, in particolare per gli individui psicotici e quelli depressi (Cooper et al., 2007), ma esiste anche una correlazione con i disturbi d’ansia (Galletti, 2021).
L’osservazione clinica porta a ritenere che esista un legame forte tra disturbi mentali e tabagismo.
Nei pazienti psichiatrici la dipendenza dal fumo rappresenta, oltre che un fattore di rischio per malattie polmonari, cardiovascolari e neoplastiche, con una riduzione dell’aspettativa di vita, anche un ostacolo all’effetto della terapia farmacologica (Prochaska, 2011)
Nel fumo di sigaretta sono contenute alcune sostanze che possono interferire con il metabolismo degli antipsicotici e degli antidepressivi, con conseguente diminuzione della loro concentrazione ematica. Il fumo determina l’induzione dell’isoenzima CYP1A2. L’aumento di questo isoenzima determina un incremento del metabolismo di alcuni farmaci. Il farmaco che va incontro all’interazione più importante è l’antipsicotico clozapina, ma l’interazione esiste anche per alcuni antidepressivi e ansiolitici (Chiamulera e Velo, 2013).
I dati disponibili in letteratura mostrano che gli schizofrenici tabagisti presentano un maggior tasso di ospedalizzazione e che le loro terapie richiedono alti dosaggi di farmaci antipsicotici, rispetto agli schizofrenici non fumatori. Inoltre il tabagismo, nei disturbi mentali, rappresenta un fattore di rischio per la comparsa di condotte suicidarie (Emerson, 2011).
Grazie all’uso di tecniche neuroradiologiche è stato possibile evidenziare che l’abitudine al fumo determina una riduzione delle molecole trasportatrici della dopamina, e sono interessati da questa alterazione anche i circuiti cerebrali coinvolti nella regolazione dell’umore (Leroy et al., 2011).
La presenza di disturbi mentali rende maggiormente complicata la risoluzione della dipendenza da tabacco (Prochaska, 2011). Tale risoluzione è ostacolata anche da alcune convinzioni di tipo socioculturale. L’idea che porta a ritenere che il problema del fumo sia l’ultima cosa di cui ci si debba preoccupare, nel quadro della malattia mentale, è piuttosto diffusa. Così come la convinzione che la nicotina possa essere una sostanza che il paziente usa come automedicamento (Lugoboni et al., 2011). Infine, si ritiene che i pazienti che soffrono di disturbi mentali non siano in grado di smettere di fumare. In realtà, i dati disponibili in letteratura indicano che per questi pazienti risolvere la dipendenza da fumo non è impossibile, anche se più complicato rispetto ai soggetti non psichiatrici (Gilbody et al., 2019).
Simon Gildody, docente di psichiatria all’Università di New York, ha condotto con i suoi collaboratori un lavoro di ricerca che ha coinvolto 500 pazienti psichiatrici adulti fumatori. Sono stati formati due gruppi, a uno di questi è stato fornito un trattamento farmacologico e psicologico volto a risolvere la dipendenza dal tabacco. In questo gruppo è stata evidenziata una riduzione della dipendenza, una maggiore motivazione a smettere di fumare e una migliore condizione fisica generale. I risultati raggiunti non sono stati però mantenuti a distanza di un anno. Secondo l’autore della ricerca è quindi possibile che i pazienti psichiatrici possano smettere di fumare, ma lo sforzo per mantenere il risultato raggiunto deve essere costante nel tempo (Gilbody et al., 2019).