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Effetti degli influencer sul consumo di cibo ipercalorico dei bambini

La sponsorizzazione di prodotti alimentari sui social da parte di influencer aumenterebbe l’assunzione e le preferenze di alimenti ipercalorici nei bambini

Di Carlotta D`Acquarone

Pubblicato il 08 Giu. 2022

Molti bambini dichiarano di fidarsi molto di più delle opinioni e raccomandazioni di un influencer rispetto a quelle di una pubblicità televisiva, motivo per cui spesso i vlogger sono pagati da alcuni marchi per far apparire i loro prodotti sui social media.

 

Introduzione

 Gli aumenti globali dell’obesità infantile sono generati, tra le altre cause, anche da un eccessivo marketing di alimenti non salutari, soprattutto per i bambini. Diversi studi mostrano il forte impatto che il marketing di alimenti ad alto contenuto di grassi, sale e/o zuccheri (High in saturated Fat, Salt, and/or free Sugars; HFSS) ha sulla salute e sull’alimentazione dei bambini (Norman et al., 2016). Sebbene la pubblicità televisiva tradizionale sia stata ampiamente esplorata, i tipi di marketing alimentari digitali a cui i bambini possono essere esposti, e come questo possa influenzare il loro comportamento, rimangono poco studiati. I media digitali sono infatti molto comuni anche tra i più piccoli e alcune ricerche hanno visto che i siti Internet maggiormente visitati dai bambini non sono quasi mai specifici per un pubblico infantile, ma piuttosto piattaforme che attirano un’ampia gamma di età, come i social media (Ofcom, 2017).

L’affidabilità attribuita agli influencer dai bambini

Accade spesso, infatti, che, sebbene alcune piattaforme social consentano l’iscrizione solo agli utenti che hanno più di 13 anni, queste regole non vengano rispettate e anche i bambini vi abbiano accesso facilmente. Per esempio, l’80% dei bambini tra i 5 e i 15 anni, nel Regno Unito, utilizza regolarmente YouTube. Su tale canale diversi video blogger (vlogger) hanno ottenuto molto successo tanto da essere definiti influencer per le loro abilità persuasive sul pubblico. Molti bambini dichiarano di fidarsi molto di più delle opinioni e raccomandazioni di un influencer rispetto a quelle di una pubblicità televisiva, motivo per cui spesso i vlogger sono pagati da alcuni marchi per far apparire i loro prodotti sui social media. Ciò accade anche per gli alimenti; infatti, uno studio ha dimostrato che alcuni post di vlogger su Instagram nei quali apparivano alimenti HFSS (cibi composti da High Fats, Sugars and Sodium), ha aumentato di gran lunga il consumo di questi ultimi da parte dei bambini di età compresa tra i 9 e gli 11 anni (Coates et al., 2019).

Una spiegazione possibile dei motivi per cui questo accade può essere data dalla teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 2001), secondo la quale il gradimento di un personaggio da parte dei bambini aumenta le probabilità che questi imitino le sue azioni. Tra gli studi che dimostrano che le sponsorizzazioni da parte di influencer aumentano l’assunzione e le preferenze di alimenti HFSS, uno di Boyland e colleghi (2013) ha esaminato gli effetti dell’esposizione dei bambini a uno spot televisivo di una celebrità su un alimento HFSS. I risultati mostrano che i bambini hanno consumato quantità significativamente maggiori di alimenti del marchio sponsorizzato da testimonial famosi rispetto al marchio alternativo.

 Il modello della reattività agli spunti alimentari incorporati nelle pubblicità sostiene che il livello di elaborazione influenza l’effetto dell’esposizione agli spunti alimentari (Folkvord, 2016). Questo implica che, mentre le pubblicità televisive hanno un intervallo a loro dedicato tra un programma e un altro, il marketing digitale è incorporato in un contenuto online; molti degli spunti alimentari che appaiono nei contenuti dei media necessitano quindi di un’elaborazione cognitiva minima, che non consente ai bambini di riconoscere quando sono esposti a una pubblicità e rende più difficile resistere a queste tipologie di marketing (Freeman e Chapman, 2007). Il marketing non televisivo deve quindi rispettare alcuni codici di autoregolamentazione, che prevedono l’obbligo di indicare chiaramente l’intento commerciale tramite alcune sigle, tra cui “#ad”, che devono comparire sullo schermo o nel titolo di un contenuto condiviso da un influencer.

Influencer, marketing e alimentazione

Un altro fattore che può influenzare l’effetto del marketing è la conoscenza della persuasione, ovvero la comprensione da parte dei consumatori dei tentativi di persuasione del marketing; alcuni studi dimostrano che più la conoscenza aumenta, più gli effetti della persuasione diminuiscono e possono essere contrastati (Wright et al., 2005). Tale conoscenza si sviluppa però durante l’adolescenza, perciò è possibile che non influenzi le risposte cognitive o affettive dei bambini relativamente a un marchio promosso. Il modello di difesa del marketing alimentare (Harris et al., 2009) afferma infatti che devono essere soddisfatte quattro condizioni affinché i bambini possano contrastare gli effetti del marketing: la consapevolezza della pubblicità, la comprensione del suo intento persuasivo, la capacità e la motivazione a resistere. Per resistere agli effetti di persuasione alimentare i bambini devono quindi essere motivati a farlo: non avendo quasi mai preoccupazioni per la salute ed essendo propensi a fare scelte alimentari basate sul gusto, potrebbero non essere motivati a resistere al marketing alimentare digitale HFSS anche quando sono consapevoli dell’esposizione (Bruce et al., 2016).

Una ricerca di Coates e colleghi del 2019 aveva come obiettivi quelli di esaminare se l’esposizione a un video di YouTube con un influencer di uno snack non salutare influisse sull’assunzione di quest’ultimo da parte dei bambini e se l’inclusione di una dichiarazione pubblicitaria moderasse questo effetto. 151 bambini (di età compresa tra i 9 e gli 11 anni) sono stati esposti a un video di un influencer con o senza una dichiarazione pubblicitaria di un prodotto non alimentare, lo stesso è avvenuto con un alimento: uno snack non salutare. È stata poi paragonata l’assunzione dello snack commercializzato con quella di una marca alternativa dello stesso snack. I risultati mostrano che i bambini esposti al marketing alimentare con o senza dichiarazione pubblicitaria hanno consumato una quantità maggiore (kcal) dello spuntino commercializzato rispetto a quello alternativo. I bambini che hanno visto il marketing alimentare con dichiarazione pubblicitaria (e non quelli senza) hanno però consumato il 41% in più dello snack commercializzato. Questi risultati potrebbero essere dovuti al fatto che, come afferma il modello di difesa del marketing alimentare, per i bambini non è sufficiente il riconoscimento della pubblicità per difendersi dagli effetti dell’influenza, ma sono necessarie anche motivazione e capacità di resistere (Harris et al., 2009).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bandura, A. (2001). Social cognitive theory: An agentic perspective. Annual review of psychology, 52(1), 1-26.
  • Boyland, E. J., Harrold, J. A., Dovey, T. M., Allison, M., Dobson, S., Jacobs, M. C., & Halford, J. C. (2013). Food choice and overconsumption: effect of a premium sports celebrity endorser. The Journal of pediatrics, 163(2), 339-343.
  • Bruce, A. S., Pruitt, S. W., Ha, O. R., Cherry, J. B. C., Smith, T. R., Bruce, J. M., & Lim, S. L. (2016). The influence of televised food commercials on children's food choices: evidence from ventromedial prefrontal cortex activations. The Journal of pediatrics, 177, 27-32.
  • Coates, A. E., Hardman, C. A., Halford, J. C. G., Christiansen, P., & Boyland, E. J. (2019). The effect of influencer marketing of food and a “protective” advertising disclosure on children's food intake. Pediatric obesity, 14(10), e12540.
  • Folkvord, F., Anschütz, D. J., Boyland, E., Kelly, B., & Buijzen, M. (2016). Food advertising and eating behavior in children. Current Opinion in Behavioral Sciences, 9, 26-31.
  • Freeman, B., & Chapman, S. (2007). Is “YouTube” telling or selling you something? Tobacco content on the YouTube video-sharing website. Tobacco control, 16(3), 207-210.
  • Harris, J. L., Brownell, K. D., & Bargh, J. A. (2009). The food marketing defense model: integrating psychological research to protect youth and inform public policy. Social issues and policy review, 3(1), 211.
  • Norman, J., Kelly, B., Boyland, E., & McMahon, A. T. (2016). The impact of marketing and advertising on food behaviours: evaluating the evidence for a causal relationship. Current Nutrition Reports, 5(3), 139-149.
  • Ofcom. Children and parents: media use and attitudes report; 2017. Accessed November 29, 2017.
  • Wright, P., Friestad, M., & Boush, D. M. (2005). The development of marketplace persuasion knowledge in children, adolescents, and young adults. Journal of Public Policy & Marketing, 24(2), 222-233.
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