Uno studio di Shlafer e colleghi del 2021 ha approfondito la prevalenza dei sintomi depressivi tra le donne detenute in gravidanza e nel periodo post-partum.
Carcere e gravidanza
Il numero delle donne detenute è aumentato esponenzialmente in molti Paesi dagli anni ’80 a oggi. Negli Stati Uniti, ad esempio, è aumentato del 600% e più di 200.000 donne sono detenute (Glaze e Kaeble, 2014); tre quarti di queste sono in età fertile e la maggior parte sono madri di figli minori. Dal momento che tale popolazione è aumentata molto rapidamente, le carceri e i penitenziari hanno dovuto attrezzarsi per soddisfare le esigenze sanitarie delle donne in gravidanza. A livello nazionale non si hanno molti dati sulla numerosità delle detenute incinte, in quanto le strutture carcerarie non tengono sistematicamente traccia dei tassi di gravidanza; tuttavia, le stime indicano che circa il 3%-4% delle donne è incinta quando entra in carcere (Sufrin et al., 2019). I pochi studi che hanno esaminato gli esiti delle nascite tra le detenute hanno dato risultati contrastanti. Alcuni hanno trovato che il carcere può fornire una certa “protezione” in termini di alloggio, cure mediche e pasti regolari a donne altrimenti emarginate (Martin et al., 1997). Altri ricercatori hanno affermato invece che rispetto alle donne incinte della popolazione generale, le donne in carcere avevano maggiori pfattori di rischio associati a esiti perinatali sfavorevoli, tra cui neonati pretermine e piccoli per l’età gestazionale (Bell et al., 2004). Sufrin e colleghi (2019) hanno osservato che, in media, il 6% delle nascite di donne detenute aveva un parto pretermine e il 32% di tipo cesareo, ma i tassi variavano sostanzialmente da uno Stato all’altro.
A differenza degli uomini, i periodi precedenti alla carcerazione delle donne spesso sono caratterizzati in modo sproporzionato da uso di sostanze, malattie croniche, traumi e disturbi della salute mentale. Infatti, il 66% delle donne detenute ha una precedente diagnosi di disturbi psichiatrici, tra cui i disturbi depressivi che superano di gran lunga quelli degli uomini e quelli delle donne in comunità. In aggiunta, sembra che le donne incinte in carcere abbiano tassi più elevati di esposizione alla violenza, maggiore difficoltà ad accedere a servizi perinatali e sostegno sociale scarso (Knight e Plugge, 2005). In letteratura sono disponibili pochi dati relativamente a sintomi depressivi e salute mentale delle carcerate incinte. Solitamente, durante la gravidanza e il periodo post-partum i sintomi depressivi clinicamente significativi sono relativamente comuni nella popolazione generale; i tassi di prevalenza sono stimati tra il 12% e il 20% (Woody et al., 2017). Uno studio ha riscontrato che l’80% delle carcerate durante gli ultimi tre mesi di gravidanza ha riportato sintomi compatibili a quelli della depressione clinica (Fogel, 1995). Un ulteriore studio in un carcere statale californiano ha dimostrato che il 40% delle donne che avevano appena partorito aveva sintomi depressivi tra moderati e gravi (Williams e Schulte-Day, 2006).
Alcuni dei fattori di rischio accertati per i sintomi depressivi durante la gravidanza comprendono i traumi, la povertà, il basso supporto sociale e le difficoltà di salute mentale; tali fattori sono i medesimi che solitamente mettono le donne a rischio di coinvolgimento nel sistema giudiziario penale. Altri fattori che contribuiscono all’esordio di una depressione sono un’inadeguata assistenza sanitaria fisica e mentale, l’isolamento e lo stress del carcere. Inoltre, molte donne che entrano in carcere incinte partoriscono durante la detenzione poiché la durata delle pene è elevata; la procedura prevede che coloro che partoriscono sotto custodia cautelare vengano separate dal neonato entro 48-72 ore dal parto, separazione vissuta in maniera molto angosciante dalle donne.
Sintomi depressivi tra le detenute dopo il parto
Dal momento che nessuno studio quantitativo ha considerato se gli aspetti della separazione madre-neonato, inclusa la quantità di tempo che le donne devono scontare dopo il parto, fossero associati a sintomi depressivi, uno studio di Shlafer e colleghi del 2021 ha approfondito la prevalenza dei sintomi depressivi tra le donne in gravidanza e nel periodo post-partum in carcere, e i fattori del contesto carcerario correlati ai sintomi depressivi. Gli autori hanno quindi analizzato i sintomi depressivi in modo longitudinale, dalla gravidanza al periodo post-partum in un campione di 58 donne che hanno partorito in carcere e sono state separate dai loro neonati poco dopo la nascita, valutando se i fattori legati alla detenzione (durata della detenzione durante la gravidanza, durata residua della pena da scontare dopo il parto) fossero associati ai sintomi depressivi. I ricercatori hanno raccolto i dati nel corso di un programma di sostegno alla gravidanza in un carcere statale femminile negli Stati Uniti. Il programma consisteva in un gruppo di sostegno alla gravidanza e alla genitorialità della durata di 12 settimane e in un sostegno individuale da parte di una doula durante la gravidanza, il travaglio, il parto e il post-partum. Durante le visite prenatali e post-partum, le partecipanti hanno completato il Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9; Sidebottom et al., 2012), per valutare la gravità dei sintomi depressivi. I risultati mostrano che più di un terzo del campione che ha partorito in custodia cautelare ha soddisfatto i criteri per una depressione da moderata a grave sul PHQ-9 durante la gravidanza o il periodo post-partum. Le donne che hanno affrontato periodi di carcerazione più lunghi dopo il parto e la separazione dai loro neonati hanno riportato livelli più elevati di sintomi depressivi post-partum.
Le carceri dovrebbero, quindi, adottare politiche e pratiche che sostengano la salute mentale delle donne e promuovano cambiamenti che evitino la separazione madre e figlio subito dopo il parto. Sarebbe opportuno, inoltre, coinvolgere delle figure come psicologi e ostetriche che possano monitorare la salute mentale delle donne prima e dopo la gravidanza, in particolare durante la separazione dai neonati, accompagnarle e supportarle per ridurre la sintomatologia depressiva.