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Alessitimia: quale relazione con traumi infantili e rischio suicidario

L'alessitimia è positivamente correlata con livelli più elevati di rischio suicidario e questo costrutto potrebbe mediare la relazione tra trauma e suicidio

Di Lorenza Paponetti

Pubblicato il 10 Giu. 2022

Gli individui con alta alessitimia sperimentano deficit nel controllare il loro eccitamento emotivo e sono più inclini ad utilizzare strategie di coping meno adattive come autolesionismo e tentativi di suicidio.

 

 Il suicidio è un problema di salute pubblica globale che comporta oltre 800.000 morti ogni anno (OMS, 2014). La ricerca attuale suggerisce che il trauma infantile e le esperienze avverse giocano un ruolo importante nella suicidalità (Alli et al., 2019; Fjeldsted et al., 2019); a loro volta, il trauma e le esperienze avverse mostrano associazioni con lo sviluppo di alessitimia (Terock et al., 2018).

L’alessitimia è un costrutto multidimensionale che comprende difficoltà nell’identificare e descrivere i sentimenti, nel distinguere i sentimenti dalle sensazioni corporee, una diminuzione della fantasia e pensiero concreto e scarsa introspettività (Taylor, 1984).

Studi empirici hanno dimostrato che l’alessitimia è positivamente correlata con livelli più elevati di rischio suicidario (De Berardis et al., 2017a). Alcuni autori ipotizzano che questo costrutto possa mediare la relazione tra trauma e suicidio (Bucci, 2007; Di Trani et al.,  2018).

Questa ipotesi è in linea con la Teoria dei Codici Multipli, la quale sottolinea che gli individui con alta alessitimia sperimentano deficit nel controllare il loro eccitamento emotivo e sono più inclini a utilizzare strategie di coping meno adattive come autolesionismo e tentativi di suicidio (Bucci, 2007; Di Trani et al., 2018). A testare questa ipotesi di mediazione è stato uno studio di Xie e colleghi (2021), che ha selezionato un campione di studenti suddivisi in studenti con left-behind experience (LBE) e studenti senza left-behind experience (NLBE).

Alessitimia e left-behind experience

Cosa si intende però per “left-behind experience”? Questo fenomeno nasce nel contesto del rapido sviluppo economico della Cina e della migrazione di un gran numero di lavoratori dalle campagne alle città. Proprio a causa di queste situazioni lavorative, alcuni bambini vivono separazioni dai genitori (o da almeno uno dei due caregiver) e crescono nelle aree rurali del paese accuditi da altri membri della famiglia, come i nonni (Jia e Tian, 2010). Questo “abbandono” delle figure genitoriali è associato a un aumento di problemi di salute mentale nei bambini cinesi (Zhao e Yu, 2016) con punteggi di trascuratezza fisica e psicologica più alti rispetto ai bambini che non vivono questa separazione. I bambini e ragazzi LBE, inoltre, mostrano punteggi più alti per quanto riguarda l’ideazione suicidaria e per l’alessitimia rispetto agli studenti NLBE (Xie et al., 2021).

Sulla base di queste differenze tra i due gruppi, gli autori dello studio hanno ipotizzato che l’effetto mediatore dell’alessitimia potesse essere diverso per gli studenti LBE rispetto agli studenti NLBE. I risultati dimostrano che gli studenti LBE, cresciuti con figure vicine alla famiglia (es. i nonni) oppure unicamente dalle madri, mostrano punteggi totali più alti sulla scala del trauma infantile rispetto agli studenti NLBE. Questa differenza si rifletteva principalmente nelle tre dimensioni di abuso emotivo, trascuratezza fisica e trascuratezza emotiva. La letteratura indica che le donne che rimangono a casa a prendersi cura dei figli, tendono a sfogare la loro insoddisfazione su di essi perché non sono state in grado di soddisfare i loro personali bisogni economici, emotivi e fisiologici (Jingzhong e Huifang, 2010). Questa potrebbe essere una valida spiegazione per l’alto punteggio di abuso emotivo di questi bambini. Inoltre, anche se i nonni amano i propri nipoti, i bisogni emotivi dei bambini sono spesso trascurati a causa del divario generazionale e delle vite impegnate degli adulti (Hu et al., 2014).

 Gli studenti LBE hanno ottenuto punteggi più alti anche per l’alessitimia. Ciò non sorprende, dato che la capacità di regolazione degli affetti è facilitata, nei primi anni di vita, dall’esperienza di condivisione e dal rispecchiamento delle espressioni affettive con il caregiver primario (Krystal, 1988); inoltre, per i genitori che lavorano fuori casa tutto l’anno può essere difficile dare ai figli l’attenzione e le cure necessarie.

Per quanto riguarda il rischio suicidario, gli studenti LBE hanno ottenuto punteggi più alti rispetto agli studenti NLBE e questo potrebbe essere dovuto a due fattori: livelli più elevati di trauma infantile e alessitimia (entrambi fattori di rischio per il suicidio) e scarso supporto interpersonale. Di conseguenza, rispetto agli studenti NLBE, il rischio di suicidio di questo gruppo deve essere seriamente valutato e trattato.

Alessitimia e rischio suicidario

I risultati mostrano inoltre un’associazione positiva tra alessitimia e rischio di suicidio per l’intero campione, indipendentemente dal fatto che appartenessero al gruppo LBE. Tuttavia, un effetto di mediazione dell’alessitimia sul trauma infantile e il rischio di suicidio è stato riscontrato solo negli studenti non LBE. La ragione di questo risultato potrebbe essere dovuta all’alta resilienza degli studenti LBE. Uno studio di Liang e colleghi (2018) ha scoperto infatti che la resilienza degli studenti LBE era notevolmente più alta rispetto ad altri gruppi di studenti e questo costrutto, a sua volta, gioca un ruolo nel mediare l’alessitimia e l’ideazione suicidaria agendo come un buffer contro l’alessitimia, che ha un effetto negativo sull’ideazione e il comportamento suicidario.

Questo risultato appare coerente anche con la Teoria dei Codici Multipli: con la resilienza come strategia di controllo, l’arousal può funzionare come motivazione per il raggiungimento di obiettivi personalmente rilevanti (Bucci, 2007). Pertanto, anche se gli studenti LBE hanno ottenuto punteggi più alti per l’alessitimia, il percorso dall’alessitimia al rischio di suicidio potrebbe essere stato distorto dalla resilienza caratteristica del gruppo.

In conclusione, lo studio conferma che l’alessitimia media la relazione tra trauma infantile e rischio di suicidio negli studenti NLBE ma non negli studenti LBE, probabilmente a causa dell’elevata resilienza. Per questi ultimi è necessaria una maggiore assistenza psicologica e un supporto per aumentare la consapevolezza delle loro emozioni. La ricerca futura potrebbe concentrarsi su soggetti di età differenti, come gli studenti della scuola primaria e secondaria, senza tralasciare l’influenza del genere e dei diversi tipi di trauma.

 

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