expand_lessAPRI WIDGET

Sparatorie di massa e comportamenti umani

L’ultima sparatoria di massa in America ci conferma come certi problemi dipendono da fattori ambientali su cui non è più utile ragionare: bisogna solo agire

Di Sandra Sassaroli, Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 31 Mag. 2022

L’ultima sparatoria americana di massa, oltre a darci angoscia e tristezza, ci conferma come certi problemi dipendono da caratteristiche ambientali non particolarmente complesse e sulle quali non è più utile ragionare alla ricerca di chissà quale profonda verità ma occorrerebbe solo agire. 

 

L’accesso all’acquisto di armi negli Stati Uniti d’America ha questa caratteristica: in quel paese, per tanti altri versi ammirevole, la possibilità di acquistare armi con la stessa facilità di qualunque altro bene, è alla base delle ricorrenti stragi. Riflettere per l’ennesima volta sulla società americana, sul significato culturale del possesso delle armi come segno di libertà individuale, eredità della ribellione all’antico regime al tempo della rivoluzione americana contro la corona britannica e così via, è oramai inutile. Quel che sappiamo è che in moltissimi stati degli USA possiamo comprare un fucile con la stessa facilità di una pizza e che questa possibilità trasforma le sparatorie di massa in un comportamento malato ma facilmente attuabile. Gli Stati Uniti hanno il più alto possesso di armi pro capite al mondo con 120,5 armi da fuoco ogni 100 persone. Tutti gli altri fattori comunemente discussi sono presenti anche in altri paesi (Healy, 2015; Christensen, 2017): che gli autori delle stragi abbiano spesso problemi psicologici, un passato di bullismo subito o esercitato in persone con fragilità psicologica, che siano i perdenti di una società particolarmente individualista e competitiva o ancora la presenza di fattori imitativi o infine il fallimento dei controlli della fedina penale da parte delle istituzioni governative e/o carenza di personale. Tutti questi fattori spiegano il disagio ma non la preferenza dei sofferenti per questi comportamenti disturbati; essi sono piuttosto meglio spiegati dalla possibilità che hanno queste persone sofferenti di andarsi a comprare al volo un fucile in un’armeria.

A sua volta la capacità della lobby americana delle armi di non far passare nessuna limitazione o quasi a questa diffusione delle armi non dipende solo da profonde ragioni culturali o sociali che pure esistono, ma anche e soprattutto da oggettivi rapporti di forza politici ed economici che permettono a queste organizzazioni di fermare le azioni legislative e governative che hanno tentato di regolare la vendita di armi.

Tutte queste considerazioni sembrerebbero suggerire che la psicologia ha poco da aggiungere e da aiutare per una situazione del genere. Non è del tutto vero. Esistono varie declinazioni della psicologia e della psicoterapia. Non vi sono solo le psicologie del profondo o i modelli integrativi sociali. L’esistenza di un elemento (dis)funzionale semplice esterno e ambientale, l’accesso all’acquisto di armi, è compatibile con uno strumento tanto semplice quanto efficace: l’analisi funzionale del comportamento.

Andare in un negozio e comprare un fucile con la stessa immediatezza di uno street food non spiega il disagio emotivo, sociale e mentale di queste persone ma spiega facilmente perché il disagio di costoro sfoci in uccisioni di massa. Questo semplice fattore ambientale e comportamentale non è più esplicativo delle varie analisi sociali e psicologiche dei profili degli autori dei massacri ma offre un mezzo di intervento molto più efficace. Invocare un cambiamento sociale o culturale da sinistra o maggiori cure e prevenzione da destra (che curiosamente questa volta non si schiera per soluzioni drastiche) rischia di essere poco efficace per eventi così imprevedibili e puntiformi. I profili dei massacratori mostrano spesso disagi emotivi e psicologici come il narcisismo e l’ideazione paranoide ed è chiaro che persone con problemi di tipo paranoideo o delirante non siano sempre diagnosticate (Grinberg, 2016; Campbel,, 2015). La cura di queste persone è doverosa ma dobbiamo essere consapevoli che non è questa la soluzione dei massacri di massa. L’imprevedibilità e la violenza del singolo episodio non consentono di fare alcuna prevenzione sulla base dei profili psicologici. Perfino nel caso in cui ci sia una diagnosi che ci dice che una persona sta ruminando aggressivamente sugli stranieri o contro il governo, non è possibile prevedere se e quando questi andrà a uccidere altre persone in una chiesa o in un ufficio.

Di conseguenza la soluzione è banale ma anche chiara: agire politicamente, affinché questa facilità finisca. Non sarà facile e non solo per una serie di complesse ragioni ancora una volta storiche, culturali, sociali e psicologiche ma anche per un semplice fatto: la capacità politica della lobby delle armi di condizionare il Congresso Americano. Possiamo solo sperare che questo scandalo delle stragi di massa negli Stati Uniti possa finalmente incrinare le coscienze e determinare un indebolimento politico di queste organizzazioni.

 

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

Tutti gli articoli
Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Healy, M. (24 agosto 2015) Why the U.S. is No. 1 – in mass shootings, in Los Angeles Times,
  • Christensen, J. (5 ottobre 2017). "Why the US has the most mass shootings". CNN.
  • Grinberg, E. (25 gennaio 2016). "The real mental health issue behind gun violence". CNN.
  • Campbell, H. (2 dicembre 2015). "Inside the mind of a mass murderer". WANE-TV. Archived from the original on October 3, 2017.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Violenza e Social Network: la condivisione di video dai contenuti violenti
La violenza: un trofeo da esibire su telefonini e social network?

Nell'uso dei social network oggi gli adolescenti condividono sempre più video, immagini o messaggi che hanno un contenuto di violenza.

ARTICOLI CORRELATI
La diagnosi di sordità del proprio figlio: un percorso di elaborazione del lutto

In questo articolo vengono presentati i risvolti psicologici di ognuna delle cinque fasi di elaborazione della diagnosi di sordità

Covid, stress e intolleranza all’incertezza: similarità tra le percezioni di figli e genitori

Somiglianze tra genitori e figli nelle percezioni di incertezza e nelle reazioni emotive riguardo al covid durante il periodo pandemico

WordPress Ads
cancel