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I processi sottostanti alla formazione di un pregiudizio

I pregiudizi possono essere innescati da associazioni automatiche e dall'incapacità a inibire tali pensieri e a sostituirli con altri di uguaglianza

Di Carlotta D`Acquarone

Pubblicato il 06 Mag. 2022

Capire come si formano i pregiudizi è importante in quanto insieme al razzismo e allo stigma sono i principali problemi vissuti dai migranti in tutto il mondo.

 

I pregiudizi sono definiti come bias di percezione e valutazione nei confronti di membri esterni al proprio gruppo e sono un meccanismo alla base della discriminazione che ha un impatto significativo sulla sicurezza e sul benessere dei gruppi vulnerabili in tutto il mondo (Mattan et al., 2018). Compromettono quindi la coesione sociale e possono essere considerati come una forma di chiusura nei confronti dell’altro basata su una generalizzazione difettosa e inflessibile (Allport, 1954). All’interno di una prospettiva cognitiva, i pregiudizi deriverebbero da informazioni elaborate automaticamente (Devine, 2001): i pregiudizi espressi nei confronti delle minoranze, pertanto, possono a volte derivare da un sistema cognitivo automatico, iperattivato e inflessibile, a scapito di un “sistema di controllo” più ponderato (Devine, 1989). Tale sistema di controllo potrebbe infatti evitare che i pregiudizi verso le minoranze o i membri esterni vengano espressi (Devine, 1989). Negli ultimi decenni, numerosi studi di psicologia sociale hanno indagato se i pregiudizi scaturiscano dal sistema cognitivo automatico o da un’interruzione del sistema di controllo. In effetti, ci sono prove per entrambe le associazioni.

I pregiudizi razziali

I test di associazione implicita (IAT), per esempio, utilizzati per analizzare i pregiudizi razziali impliciti, indicano che questi ultimi – e gli stereotipi – possono essere innescati da associazioni automatiche (Greenwald et al., 1998). Dall’altro lato sembrerebbe però che le persone con alti pregiudizi non riescano ad inibire i pensieri che corrispondono allo stereotipo e a sostituirli con altri di uguaglianza, avvalorando così la tesi di un mancato controllo deliberativo (Devine, 1989). Inoltre, ci sono anche alcune prove che i soggetti con basse capacità di controllo cognitivo siano a rischio di mostrare maggiori pregiudizi razziali (Payne, 2005). Uno studio di Richeson e Shelton del 2003, ha trovato che i soggetti bianchi con alti livelli di pregiudizi hanno mostrato uno scarso controllo cognitivo (misurato tramite il Test di Stroop) dopo aver incontrato una persona scura di pelle, evidenziando così un’associazione negativa tra i pregiudizi e le risorse di controllo deliberativo. Spesso, però, è difficile distinguere il contributo dell’aumento delle risposte automatiche da una diminuzione delle risorse di controllo. Oggi uno dei pochi strumenti per separare il contributo dei due sistemi è la procedura di dissociazione dei processi (Payne et al., 2005) la quale permette di organizzare gli esperimenti in modo tale che in alcuni casi i processi automatici e controllati portino i soggetti a dare la stessa risposta, in altri casi risposte diverse. In questo modo alcuni studi tra cui quello di Lambert e colleghi del 2003, sono riusciti a dimostrare che una maggiore espressione di pregiudizi era associata soprattutto a una diminuzione del controllo cognitivo più che ad associazioni automatiche.

Il pregiudizi secondo il modello computazionale

Il modello computazionale del comportamento in un compito può essere considerato un ulteriore strumento per cui è possibile determinare il contributo di ciascun sistema. I modelli computazionali prevedono infatti che nel processo decisionale esistano due modalità molto simili a quelle automatica-controllata del modello cognitivo. La prima modalità è un sistema di controllo di natura associativa, abituale e senza un modello sottostante; la seconda è invece un sistema di controllo basato su un modello, diretto all’obiettivo, il quale pianifica le azioni in maniera prospettica in base all’ambiente circostante (Friedel et al., 2014). Il modello computazionale, essendo basato su modelli di apprendimento per rinforzo (RL) guidati dalla teoria, fornisce una comprensione meccanicistica dei processi decisionali sottostanti. Tramite il compito a due fasi alcuni autori sono infatti riusciti a dimostrare che gli esseri umani utilizzano sia la modalità automatica che quella diretta all’obiettivo e che esistono differenze individuali nell’equilibrio delle due componenti decisionali. È importante quindi capire come si formano i pregiudizi in quanto insieme al razzismo e allo stigma sono i principali problemi vissuti dai migranti in tutto il mondo: a volte gli individui appartenenti alle minoranze hanno meno probabilità di essere selezionati per un colloquio di lavoro o ricevono voti inferiori a parità di prestazioni se sono studenti. Per approfondire i processi sottostanti ai pregiudizi, Sebold e colleghi nel 2021 hanno condotto uno studio utilizzando il compito a due fasi, per quantificare il contributo del sistema di controllo senza modello e di quello basato sul modello. Inoltre gli autori hanno tentato di capire se i pregiudizi fossero palesi o sottili. Alcuni studi hanno dimostrato infatti che i pregiudizi sono composti da due sfaccettature: pregiudizi palesi e sottili (Pettigrew e Meertens, 1995). I pregiudizi palesi sono anche descritti come “caldi” e “diretti” e hanno una forte componente affettiva; i pregiudizi sottili, invece, sono descritti come “freddi” e “indiretti” e possono rappresentare una componente più razionale. 127 soggetti hanno quindi svolto il compito decisionale Markov a due fasi (Voon et al., 2017) e hanno completato la scala del pregiudizio palese e sottile Blatant and Subtle Prejudice Scale (BSPS; Pettigrew e Meertens, 1995). I risultati mostrano che i pregiudizi palesi verso le minoranze sono associati ad un minor controllo deliberativo e a una dominanza del processo decisionale abituale. Siccome il controllo deliberativo è considerato la strategia di selezione all’azione più razionale, tale associazione suggerisce che i soggetti che mostrano giudizi negativi affettivamente carichi, mostrano anche una tendenza ad agire meno deliberativa in un compito decisionale. Tali risultati forniscono alcuni suggerimenti per gli interventi che mirano a diminuire i pregiudizi nelle società. Una strategia efficace potrebbe essere quella di indurre le persone e provare empatia incoraggiandole ad immedesimarsi in una persona “esclusa” in una società con livelli elevati di pregiudizi (Batson e Powell, 2003). L’empatia sembra infatti correlare negativamente anche con i pregiudizi sottili ed è quindi un aspetto della moralità che può contribuire a ridurli.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Allport, G. W., Clark, K., & Pettigrew, T. (1954). The nature of prejudice.
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  • Voon, V., Reiter, A., Sebold, M., and Groman, S. (2017). Model-based control in dimensional Psychiatry. Biol. Psychiatry 82, 391–400. doi: 10.1016/j.biopsych. 2017.04.006
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