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Il razzismo interiorizzato: quando le discriminazioni sociali entrano a far parte dell’individuo

Viene preso in esame uno studio che ha osservato se il razzismo interiorizzato moderasse la relazione tra la discriminazione razziale e i sintomi ansiosi

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 27 Set. 2021

Due manifestazioni particolarmente importanti che indicano la presenza di razzismo interiorizzato consistono nell’alterazione dell’aspetto fisico e il cambiamento dei capelli.

 

La discriminazione razziale è un’esperienza pervasiva (Hope, Hoggard, & Thomas, 2015) ed è stata associata ad esiti negativi come disturbi dell’umore (Paradies et al., 2015), diminuzione dell’autostima (Yip, 2015) e malattie cardiovascolari (DeLilly & Flaskerud, 2012). Quando i giovani afroamericani passano all’età adulta e iniziano a frequentare ambienti come le università o i posti di lavoro, possono sperimentare una maggiore discriminazione razziale (Mouzon et al., 2017). Esistono fattori socioculturali che rendono alcuni individui particolarmente vulnerabili rispetto agli effetti psicologici negativi della discriminazione.

Se molte ricerche hanno esaminato i correlati psicologici della discriminazione razziale (Carter et al., 2018), poco si sa sull’influenza moderatrice del razzismo interiorizzato nel tempo. Risulta dunque importante indagare quali fattori si combinano con la discriminazione razziale per comprendere quali individui siano più vulnerabili agli effetti di tale fenomeno (Paradies, 2006b). Per questo motivo, si è scelto di prendere in esame uno studio che ha osservato se il razzismo interiorizzato moderasse la relazione tra la discriminazione razziale e i sintomi ansiosi.

Due modelli teorici sono alla base di questa ricerca. Il primo, il modello biopsicosociale del razzismo di Clark, Anderson, Clark e Williams (1999), sostiene che la percezione di uno stimolo ambientale come razzista porti a risultati negativi per la salute con effetti che possono essere moderati da fattori psicologici e/o comportamentali. Il secondo è il modello del rischio e della resilienza (Rutter, 1987): tale modello sostiene che anche se i fattori di rischio possono portare a risultati disadattivi, esistono variazioni individuali nella risposta al rischio. In particolare, la vulnerabilità e i processi protettivi possono rispettivamente, intensificare o migliorare la risposta al rischio.

Quando si esaminano le correlazioni tra discriminazione razziale, razzismo interiorizzato e disagio dovuto ai sintomi ansiosi, è importante considerare anche l’età. La prima età adulta rappresenta una fase critica dello sviluppo, contraddistinta da un’esplorazione dell’identità all’interno di nuovi contesti universitari (Arnett & Brody, 2008). Purtroppo, per i giovani afroamericani, questo stadio è anche associato a una maggiore esposizione alla discriminazione razziale (Hope et al., 2015).

La discriminazione razziale può aumentare i sintomi d’ansia, in parte perché le esperienze discriminatorie possono aumentare la sensibilità nelle interazioni interpersonali (Neblett et al., 2016) e ridurre l’autostima (Yip, 2015).

La concettualizzazione di Bailey et al. (2011) rappresenta il primo tentativo di operazionalizzare il razzismo interiorizzato in dimensioni misurabili. L’alterazione dell’aspetto fisico e il cambiamento dei capelli possono essere due dimensioni particolarmente importanti del razzismo interiorizzato.

L’alterazione dell’aspetto fisico riflette la misura in cui i partecipanti desiderano alterare il loro aspetto fisico per conformarsi a un’estetica eurocentrica. Il cambiamento dei capelli esprime la misura in cui i partecipanti preferiscono i capelli lisci (cioè trattati chimicamente) ai capelli naturali. I lineamenti anglosassoni, la pelle più chiara e i capelli lisci sono standard culturali di attrattività fisica che vengono trasmessi attraverso le generazioni delle famiglie afroamericane (Parmer et al., 2004). Il continuo confronto di sé con gli ideali della società e la convinzione che il proprio valore sia collegato al proprio aspetto, può aumentare la vergogna e l’ansia (Buchanan et al.,2008).

Attualmente, solo due studi hanno esaminato l’influenza del razzismo interiorizzato sul legame tra discriminazione razziale e sintomi psicologici, e da queste premesse nasce la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti.

Il primo obiettivo dello studio preso in esame è stato quello di valutare longitudinalmente gli effetti della discriminazione razziale sui sintomi ansiosi, ipotizzando che tale fenomeno sarebbe stato associato ad un aumento della suddetta sintomatologia. Il secondo obiettivo prevedeva di dimostrare che il razzismo interiorizzato moderasse il legame tra la discriminazione e i sintomi ansiosi. Inoltre, gli autori hanno previsto che l’alterazione dell’aspetto fisico e il cambiamento dei capelli sarebbero emersi come moderatori.

Il campione era costituito da 157 studenti universitari di colore.

Coerentemente con la ricerca precedente, la discriminazione razziale era un predittore significativo dei sintomi d’ansia nel tempo.

Inoltre, le analisi hanno rivelato che la relazione tra discriminazione razziale e disagio psicologico può dipendere dal razzismo interiorizzato. Un’associazione significativa è stata trovata tra la discriminazione razziale e l’interiorizzazione degli stereotipi negativi, ciò significa che la discriminazione razziale è stata associata ad un aumento dei sintomi ansiosi per gli individui con livelli moderati ed elevati di interiorizzazione degli stereotipi negativi. Questo risultato suggerisce che gli individui con alti livelli di interiorizzazione hanno accettato stereotipi negativi sulle persone di colore. Date queste credenze, i soggetti possono avere opinioni negative verso sé stessi e avere livelli di autostima inferiori. Di conseguenza, le esperienze di discriminazione razziale confermano queste opinioni negative, incrementando i sintomi psicologici e fisiologici dell’ansia.

È stata scoperta un’associazione significativa anche tra la discriminazione razziale e il cambiamento dei capelli, così che ai fenomeni di razzismo è stato associato un aumento dei sintomi ansiosi per gli individui con livelli moderati ed elevati di cambiamento dei capelli. Questo risultato suggerisce che gli individui che sostengono affermazioni come “i capelli lisci sono migliori dei miei capelli” sono più propensi a riportare esperienze di disagio psicopatologico.

Le analisi non hanno rivelato alcuna interazione significativa tra discriminazione razziale e alterazione dell’aspetto fisico.

Per ciò che concerne le implicazioni cliniche, questo studio sottolinea la necessità che le esperienze di discriminazione razziale vengano considerate ed elaborate nel contesto terapeutico. In secondo luogo, i risultati suggeriscono che l’interiorizzazione del razzismo può esacerbare gli effetti nocivi della discriminazione.

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