Il cyberbullismo può causare molta sofferenza in chi lo subisce e, nonostante sia più frequentemente osservabile sui social network, può essere presente anche nell’ambiente del gaming online.
Cos’è il cyberbullismo
Il cyberbullismo è una problematica che sta acquisendo sempre maggiore importanza, in quanto si tratta di un fenomeno che sta avendo una diffusione globale, poiché circa il 40% degli adolescenti riferisce di averlo subito almeno una volta (McInroy e Mishna, 2017). Mentre i social network hanno un’utenza composta maggiormente dal genere femminile, quello maschile domina l’ambiente del gaming, specialmente quello online. L’ambiente del gaming comprende una grande varietà di aspetti sociali che, in base anche alla tipologia di gioco (strategia, simulazione, di ruolo, fantasy), possono coinvolgere i giocatori in diversi modi. Ad esempio, la possibilità di giocare a un gioco multiplayer ingrandisce l’ambiente sociale a disposizione del giocatore. Con l’aumento dell’ambiente sociale, aumenta anche la possibilità di incontrare il fenomeno del cyberbullismo, descritto come l’atto di utilizzare dei dispositivi digitali per attuare il bullismo. Questo comportamento può essere espresso in diversi modi, come minacce e violenza verbale o psicologica.
Il cyberbullismo è un fenomeno che può causare molta sofferenza in chi lo subisce (McInroy e Mishna, 2017). Nonostante sia più frequentemente osservabile sui social network, il cyberbullismo può essere presente anche nell’ambiente dei videogiochi. È stato osservato che il cyberbullismo ha effetti altamente negativi sui gamers che ne sono soggetti, come bassa autostima, rischio di depressione e aumento d’ansia. Questo comportamento sembra essere perpetrato maggiormente dal genere maschile, specialmente nei casi in cui i videogiochi rendono possibile comunicare vocalmente con i propri compagni o nemici, attuando così comportamenti negativi come il trash talking (ovvero l’insieme di insulti, minacce e provocazioni nei confronti degli altri giocatori), con scopo intimidatorio. Inoltre, è stato osservato che questo fenomeno è frequentemente rivolto a persone di genere femminile o appartenenti alla comunità LGBTQ+.
Cyberbullismo nel gaming e comportamenti violenti
Sono state trovate delle correlazioni tra il cyberbullismo nel gaming e comportamenti violenti nella vita reale (Fryling et al., 2015). Sembrerebbe infatti che le persone che subiscono cyberbullismo nell’ambiente del multiplayer online tendano a riportare un livello di ansia maggiore insieme ad aggressività e ostilità aumentate (Fryling et al., 2015). Ciò è comprensibile poiché la gran parte dei giocatori, al giorno d’oggi, investe molto tempo ed energie nel gaming e le vittime di comportamenti tossici e cyberbullismo possono risentire degli effetti di tali fenomeni anche mentre non stanno giocando (Kwak et al., 2015). I giocatori, infatti, riportano che il fenomeno meno preferito sia proprio il comportamento antisociale perpetrato da altri (Ballard e Welch, 2017).
Sembra che ci sia inoltre un collegamento tra il fenomeno del cyberbullismo e videogiochi violenti (Ballard e Welch, 2017). Anderson e Bushman (2002) hanno sviluppato il Modello dell’Aggressione Generale (General Aggression Model; GAM), secondo il quale suggeriscono che i videogiochi violenti forniscono dei modelli di aggressione che aumentano le possibilità di emettere comportamenti aggressivi sia fuori che dentro il contesto del videogioco. Ciò è dovuto al fatto che i videogiochi aggressivi: (1) forniscono e rinforzano modelli aggressivi; (2) incrementano l’affettività negativa e l’attivazione fisiologica dopo l’esperienza di gioco; (3) desensibilizzano la percezione della violenza (Anderson e Bushman, 2002). È importante evidenziare che, attualmente, il modello GAM non è stato ancora totalmente supportato da evidenze scientifiche.
Concludendo, il fenomeno del cyberbullismo nell’ambiente del gaming è una problematica importante, in quanto rovina frequentemente (spesso in modo grave) l’esperienza di gioco di molti gamers che vedono il gioco come momento di divertimento e relax (Fryling et al., 2015).