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Dialogo sul lavoro e la felicità (2021) di Iacci e Galimberti – Recensione

Nel libro Dialogo sul lavoro e felicità viene trattato il concetto della felicità sul posto di lavoro, dell’amore verso il proprio lavoro

Di Massimo Zedda

Pubblicato il 14 Mar. 2022

Umberto Galimberti e Paolo Iacci insieme scrivono il testo Dialogo sul lavoro e la felicità, un dialogo attorno ad alcuni concetti relativi all’attuale contesto produttivo.

 

Nello scenario politico, economico e tecnologico attuale l’uomo perde la posizione centrale, arretra e assume una posizione subalterna, diventa pedina di meccanismi automatici in cui efficienza e produttività emergono come valori della tecnica. L’uomo è diventato il funzionario di apparati tecnici; la tecnica non è più al servizio dell’uomo. Nel grigiore di questo panorama, dove può collocarsi la parte irrazionale dell’uomo? Parte che è formata da dolore, fantasia, sogno, amore, ecc. Dove può così inserirsi la felicità?

Nel libro Dialogo sul lavoro e la felicità viene trattato il concetto della felicità sul posto di lavoro, dell’amore verso il proprio lavoro. Il testo assume la forma di dialogo tra i due autori, i quali presentano le loro risposte a domande sulla realtà lavorativa; rispetto all’amore verso il proprio lavoro Iacci si chiede cosa sia il lavoro, se felicità o maledizione. Risponde sostenendo che è una verità che poche persone arrivano a conoscere e rappresenta per approssimazione la felicità sulla terra.

Galimberti sostiene che il lavoro gli permette di stare nel principio di realtà, costrutto psicologico che consente di distinguere i reali problemi da quelli fittizi.

Inoltre, sostiene che ritornare alle origini del pensiero greco, soprattutto a quelle argomentazioni riconosciute e insegnamenti consolidati, potrebbe essere la via, o una di esse, per coniugare lavoro e felicità.

Ahimè, è difficile farlo! Ma provarci agevola la condizione di non vivere avvolti dall’ansia da prestazione.

Eppure, non solo ansia! Anche i concetti di angoscia e paura vengono collegati al nostro discorso. Il concetto di paura è raccontato prendendo in prestito il coronavirus; essendo un oggetto indeterminato non possiamo parlare di paura, come se fosse un leone che ci insegue, bensì di angoscia. Questo concetto subentra di fronte alla sensazione di impotenza e solitudine davanti a qualcosa di indeterminato.

Così sono l’angoscia per il futuro lavorativo e l’incertezza economica, elementi tipici dei vissuti attuali dei giovani.

Grazie al lavoro degli autori, al di là di questo possiamo indagare cosa potrebbe essere l’infelicità nel lavoro.

Senza aprire un discorso che esula dalla recensione, secondo Galimberti l’attuale società è regolata dalle regole del mercato che si fondano sulla competizione e sulla prestazione. L’obiettivo diventa il profitto e con esse l’impossibilità per i lavoratori di esprimere il proprio sé.

Una ulteriore analisi ci porta a comprendere che la tecnica rappresenta la capacità di raggiungere il massimo degli scopi utilizzando al minimo i mezzi. Si genera di conseguenza la sensazione trasversale di infelicità, di insoddisfazione; essa si può vedere raffigurata sui volti delle persone.

Come uscirne? Per esempio ‘destinare a noi stessi il nostro lavoro e dedicare il nostro tempo alle relazioni affettive e a tutto ciò che ci rende più liberi e umani’.

Così inizia il libro, scritto da Umberto Galimberti, filosofo, accademico e psicanalista e Paolo Iacci, consulente di direzione e docente universitario di Gestione delle risorse umane. Insieme scrivono un testo inserito nel dialogo attorno ad alcuni concetti relativi all’attuale contesto produttivo.

Il loro contributo è stato un tentativo! Nello specifico, investigare il modo in cui la felicità possa diventare parte integrante del lavoro.

Come hanno fatto? Col metodo filosofico. Offrendo ai lettori degli stimoli senza alcuna verità inconfutabile.

Galimberti è un autore noto e padre di molti scritti i cui contenuti rappresentano il suo pensiero e gli anni di studio; manuali per addetti ai lavori, alcuni con linguaggio difficile da comprendere, linguaggio che in questo testo presenta invece una prosa scorrevole e intuitiva. Coinvolti in una atmosfera ricca di spunti originali per nuove riflessioni, si presta ad una lettura estremamente piacevole.

Egli si è sempre dichiarato appartenente alla cultura greca antica, sistema fonte di saggezza. In esso la felicità è parte naturale della vita dell’uomo.

Tra i costrutti delineati dagli autori vi sono l’Età del paradosso e l’Età della tecnica. La prima rappresenta la condizione di antinomia che caratterizza l’odierna situazione delle persone, mentre il secondo concetto abbraccia l’universo dei mezzi tecnologici e la capacità di farli funzionare.

Galimberti espone i temi che lo contraddistinguono; tra essi la grecità, la scuola contemporanea, la tecnica, l’identità costruita, la bellezza e l’educazione e l’anima.

Iacci porta il Mito di Procuste e della Sindrome di Procuste; sindrome che, secondo l’autore, è presente nelle organizzazioni lavorative attuali. Successivamente espone un’interessante e attuale visione operativa; ovvero le modalità in cui le aziende vengono spronate a coltivare la propria anima, la propria identità.

La lettura conduce ad alcuni concetti relativi a teorie del passato, esse ci vengono in aiuto. Nel testo sono così riportati autori ben conosciuti. Tra le teorizzazioni ho trovato interessanti, e riporto come esempio, la distinzione tra tre modi di sviluppare il concetto di etica. Le argomentazioni sono utili ai lettori per riflettere sui fenomeni che hanno trasformato il costrutto della tecnica: da mezzo è diventata fine, mettendo l’uomo nella posizione di essere sempre più estraniato dal prodotto del suo lavoro.

La prima di esse è la morale cristiana.

L’ordine giuridico europeo si basa su questa morale. Essa è la morale dell’intenzione, mentre alla tecnica interessano gli effetti delle azioni dell’uomo: la bomba atomica diversamente dalle motivazioni che hanno spinto gli scienziati a dedicarsi alla ricerca.

Il discorso prosegue con la morale di Kant. In essa l’assunto tratta l’uomo sempre come un fine, mai come un mezzo. È fondata sulla ragione, laica e per tutte le persone. Oggigiorno, nello scenario delle problematiche relative alla salvaguardia dell’ambiente, l’analisi conduce a porsi la domanda se la salute della biosfera risulta essere un fine o piuttosto un mezzo al servizio dell’umanità.

L’etica sviluppata da Max Weber termina il discorso. Secondo tale morale, l’uomo è in prima linea responsabile degli effetti delle proprie azioni, almeno fino a quando gli effetti sono prevedibili. Infatti, spesso la tecnica non sempre produce effetti prevedibili. Per esempio, un ricercatore che studia il genoma si pone come obiettivo la conoscenza sempre più approfondita del funzionamento del DNA. Questo è il suo fine. Ma non sempre si giunge a scoprire qualcosa che possa essere di interesse per l’umanità, come per esempio una nuova cura contro il cancro.

Approfondendo l’analisi, ‘oggi siamo in grado di fare al di là della nostra capacità di prevedere e se la tecnica procede e si sviluppa al di là della nostra capacità di prevedere significa che non la controlliamo. Il problema allora non è più cosa possiamo fare con la tecnica, ma cosa la tecnica può fare di noi‘.

Il lavoro non ha più una funzione di sostentamento economico o di riscatto sociale. Esso sempre meno viene collegato alla felicità, la quale è ‘possibile dopo il lavoro, malgrado il lavoro e non anche grazie al lavoro‘.

Emerge l’idea di inserire nei luoghi di lavoro aspetti di educazione sentimentale, iniziativa che, se prenderà concretezza, potrebbe essere il veicolo che conduce il sistema al di fuori dal paradigma attuale. Esso prevede sia il ‘comando e controllo’ sia l’uso pervasivo della utilità perpetua; elementi entrambi caratterizzati dall’assenza di emozioni dove si delinea un luogo in cui gli operatori sono schiavi di un lavoro senza passioni.

Nel libro non si legge solo la critica all’attuale contesto lavorativo e produttivo, ma anche una speranza. Vi sono spunti per progettare un nuovo futuro. Esso potrebbe partire da ciò che siamo e dalla situazione che stiamo vivendo col fine di realizzare negli anni prossimi una situazione maggiormente desiderabile in termini di gradimento.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Iacci, P. & Galimberti, U. (2021). Dialogo sul lavoro e la felicità. Egea.
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