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La storia di Sandor Ferenczi e i suoi contributi nel contesto psicoanalitico

La figura di Ferenczi è stata portatrice di innovazioni nello scenario psicoanalitico tra le quali considerare il paziente come individuo e non come sintomo

Di Mirco Aharon Ferrari

Pubblicato il 03 Nov. 2021

L’approccio con la psicoanalisi, per Ferenczi, avviene ben prima di fare la conoscenza degli scritti freudiani, quando ancora adolescente si interessa di ipnosi

 

Sándor Ferenczi è da molti considerato uno degli psicoanalisti più importanti della sua generazione, sicuramente tra i più innovativi, in grado, grazie alle sue sperimentazioni, di spostare l’attenzione al di fuori della dottrina psicoanalitica, buttandosi trasversalmente sullo studio della psiche umana attraverso approcci differenti e spesso poco ortodossi. La storia del medico ungherese è anche la storia della psicoanalisi, la storia di Freud, la storia di un momento preciso in cui l’Europa passa dal progresso scientifico alla devastazione del primo conflitto mondiale, il primo vero conflitto moderno. I destini di Ferenczi e del padre della psicoanalisi sono legati non solo dalla pratica medica e psicoanalitica, ma anche da una comunanza religiosa (seppur secolarizzata) che li espone agli stessi pericoli e agli stessi pregiudizi. Si tratta di una relazione complessa, carica di proiezioni e aspettative, e caratterizzata anche da incomprensioni spesso alimentate dagli stessi colleghi della neonata comunità psicoanalitica.

Il rapporto tra Ferenczi e Freud

Il rapporto tra i due medici fu comunque un rapporto anche di fiducia e collaborazione in cui il sentimento di amicizia non è mai venuto meno, nemmeno negli ultimi anni di vita di Ferenczi quando, contrariato dalla pubblicazione di Confusione delle lingue, Freud ne concesse comunque la presentazione al congresso di Wiesbaden, il 4 settembre 1932, dove fu accolto con critica e disappunto. Ne permise la lettura nonostante la resistenza di molti e infine, complici anche le presunte voci sulla sua malattia mentale, se ne impedì la pubblicazione postuma sull’International Journal of Psycho-Analysis.

Sándor Ferenczi nasce a Miskolc, in Ungheria il 7 luglio 1873. Ottavo dei dodici fratelli di Baruch Frankel un piccolo editore della Galizia. Ferenczi perde il padre prematuramente lasciando alla madre, una donna dal carattere poco sentimentale e piuttosto pratico, la gestione dell’attività di famiglia. L’approccio con la psicoanalisi, per Ferenczi, avviene ben prima di fare la conoscenza degli scritti freudiani, quando ancora adolescente si interessa di ipnosi e sperimenta (con scarso successo) la pratica sulle sorelle e sugli impiegati dell’azienda di famiglia. Da giovane medico assistente sopporterà con fatica l’incarico all’ospedale Ròkus di Budapest, nel reparto dedicato alle prostitute. Il 1907 è l’anno che sancisce il suo ingresso nell’area psicoanalitica, nonostante il primo incontro con Freud avverrà solo l’anno successivo.

Nel 1908, infatti, finalmente incontra Freud e ha inizio la sua carriera psicoanalitica con la pubblicazione dei suoi primi scritti sull’argomento: Il significato dell’eiaculazione precoce, Le nevrosi alla luce dell’insegnamento freudiano e la psicoanalisi, Interpretazione analitica e trattamento dell’impotenza psicosessuale, Psicoanalisi e pedagogia. È da collocarsi presumibilmente sempre nel 1908 il primo trattamento psicoanalitico condotto da Ferenczi.

Sarà di particolare importanza per la crescita dello psicoanalista ungherese anche il rapporto con Gizella (che diverrà sua moglie) ed Elma, la figlia di Gizella che egli, in una sorta di relazione familiare, condividerà con Freud. Gizella, infatti, riceverà diverse lettere dal padre della psicoanalisi ed egli stesso spingerà, con l’autorità del padre, Ferenczi verso il matrimonio promuovendone la causa amorosa. Nel frattempo, Ferenczi, su richiesta della madre, inizierà un’analisi con Elma, che provocherà un leggero dissidio con Freud in termini di ortodossia psicoanalitica. Freud, infatti, ammette in una lettera destinata al collega “Le auguro un grande successo pratico nella Sua nuova impresa con la sig.na Elma, ma temo, devo ammetterlo, che la cosa funzionerà bene solo fino ad un certo punto”.

Freud nel suo Introduzione alla psicoanalisi aveva già esposto alcuni dubbi riguardanti l’analisi di congiunti o persone con cui si condivide relazioni significative, poiché ciò, secondo Freud, provocherebbe inevitabilmente una intrusione intima e influenzerebbe negativamente il percorso psicoanalitico con il paziente. Regola che però non avrà problema ad infrangere quando si tratterà più tardi di prendere in analisi Anna Freud, la sua stessa figlia. Egli non sarà l’unico a contravvenire alla regola esposta nel trattato, tra i tanti psicoanalisti figurano Abraham, Jung e la futura allieva di Ferenczi, Melanie Klein; senza considerare poi l’analisi didattica che i membri della Società Psicoanalitica di Vienna porteranno avanti tra di loro in una promiscuità psicoanalitica, molto spesso dettata dalla mancanza di pazienti fidati su cui agire da sperimentatori.

In ogni caso, durante tutta la fase di collaborazione e di amicizia con Freud, Ferenczi ha sempre mantenuto il ruolo del figlio. Un ruolo che Freud, vittima della sua tendenza a divenire un padre per i suoi discepoli, ha sempre alimentato. Caratteristica questa, che spingerà lo psicoanalista ungherese a non sentirsi mai realmente “cresciuto”; egli, infatti, si sentirà come un ragazzino impossibilitato a raggiungere la maggiore età, fino a quando il silenzio rispettoso del figlio varcherà le soglie dell’età adulta trasformandosi in un j’accuse all’ortodossia freudiana nel suo Diario clinico (Ferenczi, 1932). Per alcuni, la rottura definitiva con Freud avviene nel 1931, secondo altre fonti invece si passa al 1932 con la redazione del suo Confusione delle lingue tra adulti e bambini. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione che verrà pubblicato postumo nel 1933.

La rottura tra Ferenczi e Freud

Egli viene visto come un eretico della dottrina da alcuni membri delle società psicoanalitiche anche se la diffamazione raggiunge livelli inverosimili quando viene accusato di attuare approcci che prevedono baci e carezze che trasformano la terapia in una relazione amorosa. Il collega Jones, successivamente, nel suo Vita e opere di Sigmund Freud (Jones, 1953), rincarerà la dose di calunnie dipingendo un Ferenczi alla ricerca di una compensazione sensuale nei confronti dei pazienti e afflitto da malattia mentale, lasciando intendere che la morte sarà in parte causa anche di questo suo malessere psichico. Ci vorranno sessant’anni perché lo stigma dovuto a queste illazioni venga dissolto, riscoprendo nei suoi scritti non solo una deviazione di fondamentale importanza dall’ortodossia psicoanalitica freudiana ma soprattutto perché venga compreso dalla comunità psicoanalitica il lascito scientifico e letterario di un gigante della psicoanalisi che aveva da sempre considerato il paziente come individuo e non come sintomo. Ferenczi si ammalò di anemia perniciosa con gravi conseguenze neurologiche e morì qualche anno dopo, il 22 maggio del 1933 in seguito a complicanze derivanti da tale patologia.

Il lascito di Ferenczi

Egli non si considerò mai come un eretico e il suo scopo non fu mai quello di discostarsi da Freud per creare una propria dottrina psicoanalitica, come fecero altri colleghi. Il suo lascito psicoanalitico non si compone di scuole di pensiero o di dottrine racchiuse in rigidi manuali ma bensì di sperimentazioni e princìpi. Sándor Ferenczi, sia quando stravolse il complesso di Edipo con la sua teoria sul trauma, sia quando enunciò le sue teorizzazioni sul processo transferale come relazione simmetrica, si affidò sempre a princìpi piuttosto che a regole o dottrine. Egli modificò la tecnica sulla base del singolo paziente e fece di tutto per entrare nel setting terapeutico, non come osservatore imparziale, ma come parte integrante di una costruzione relazionale. L’insegnamento più grande che può ancora impartire a chiunque si occupi di psicologia e psicoterapia in generale forse rimane quello di non legarsi troppo alle teorizzazioni ed ai manuali, ma di agire tentando di scoprire ogni volta la persona che si ha davanti come se si volgesse lo sguardo verso un universo nuovo, di cui non si conosce nulla e dal quale si ha tutto ancora da imparare.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Antonelli, G. (2014). Il mare di Ferenczi. La storia, il pensiero, la tecnica di un maestro della psicoanalisi. Alpes Italia.
  • Ferenczi, S. (2004). Diario clinico (gennaio-ottobre 1932), Raffaello Cortina, Milano.
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  • Ferenczi, S. (2009). Opere, vol. III. 1919-1926, Raffaello Cortina, Milano.
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  • Ferenczi, S. (1993). (con Sigmund Freud). Lettere, vol. I. 1908-1914. Raffaello Cortina, Milano.
  • Ferenczi, S. (1998). (con Sigmund Freud). Lettere, vol. II. 1914-1919. Raffaello Cortina, Milano.
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  • Haynal, A. E. (2007). Uno psicoanalista fuori dall’ordinario. La scomparsa e la rinascita di Sándor Ferenczi. Centro Scientifico.
  • Jones, E. (2014). Vita e opere di Sigmund Freud. La Piccola Cultura. Tascabili.
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