La scrittura espressiva permette non solo di sfogarsi, ma anche di comprendere maggiormente gli avvenimenti scritti.
I primi studi che hanno indagato la relazione tra scrittura espressiva e benessere psicofisico sono stati condotti da Pennebaker (Niles, Haltom, Mulvenna, Lieberman, Stanton; 2014), il quale considerava la scrittura come uno strumento catartico che consentiva non solo di “sfogarsi”, ma anche di prendere consapevolezza dei propri vissuti.
Negli ultimi 20 anni, una mole corposa di letteratura ha dimostrato gli effetti benefici che la scrittura di eventi traumatici, stressanti, esperienze di malattia e sentimenti negativi ha a livello fisico e psicologico (Baikie, Wilhelm; 2005): lo stesso Pennebaker scoraggiava l’inibizione delle emozioni negative o il controllo eccessivo delle stesse, in quanto richiedevano un lavoro fisiologico che comportava livelli malsani e cronici di stress (Lepore; 2002). L’inibizione delle emozioni negative, infatti, è deleteria per la salute, in particolar modo per quella cardiovascolare e per il sistema immunitario, a differenza dell’espressione emotiva, che è un moderatore significativo degli esiti dell’ansia (Niles, Haltom, Mulvenna, Lieberman, Stanton; 2014) ed è legata a condizioni di salute migliori.
Lo scrivere consente di mettere nero su bianco quello che si prova, incidendo sul foglio emozioni e sentimenti che altrimenti soccomberebbero nell’abisso dell’anima: è come se, tracciando su carta consonanti e vocali, si desse al mondo interiore la possibilità di parlare, di farsi vivo, quando le parole non lo consentono. Perché, quando la gola si chiude e la lingua si paralizza, la penna riesce a far vibrare le corde vocali.
La scrittura espressiva, dunque, permette all’individuo non soltanto di sfogarsi, ma anche di comprendere maggiormente gli avvenimenti scritti: in sostanza, rileggendo il proprio elaborato, si diventa osservatori esterni di sé stessi e si ha la possibilità di riflettere sul testo.
Vari studi dimostrano che scrivere dei propri pensieri più profondi, a lungo termine, comporta: miglioramento dell’umore e del funzionamento del sistema immunitario, minori visite mediche a causa dello stress, pressione sanguigna ridotta, miglioramento della funzione polmonare e della funzionalità epatica (Baikie, Wilhelm; 2005).
Alcuni studiosi, tuttavia, credono che la scrittura espressiva, in pazienti con difficoltà a riconoscere e verbalizzare le proprie emozioni (ad esempio gli alessitimici), non abbia alcun effetto benefico; altri, invece, sostengono la tesi opposta, attestando che coloro con maggiori difficoltà ad identificare e/o esprimere i propri vissuti, sono quelli che potrebbero trarre i più grandi vantaggi dall’expressive writing.
In sintesi, per molti quest’ultima non è uno strumento universalmente vantaggioso, ma in ogni caso, che si tratti di testi autobiografici, lettere, poesie o racconti fantastici, la scrittura è un mezzo di espressione emotiva (Smyth, Helm; 2003).