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Il microbiota influenza il comportamento sociale attraverso i neuroni dello stress

È stata confermata la connessione tra composizione del microbiota e comportamenti sociali e sono stati identificati nei topi i neuroni ad esso sensibili

Di Massimo Agnoletti

Pubblicato il 19 Ott. 2021

Aggiornato il 22 Ott. 2021 11:23

Il microbiota è un ecosistema complesso che influenza, modula ed è continuamente influenzato e modulato da molti sistemi attraverso il cosiddetto asse “microbiota-intestino-cervello”.

 

Una recente ricerca non solo ha confermato la forte connessione tra la composizione del microbiota ed i comportamenti sociali espressi dall’organismo ma ha anche identificato nei topi sia lo specifico gruppo di neuroni sensibili alle influenze del microbiota (nucleo paraventricolare dell’ipotalamo) sia il particolare ceppo di batteri (Enterococcus faecalis) che ne modulano il funzionamento neurale e comportamentale.

Il ruolo del microbiota nell’organismo

Fino a pochi anni fa le scienze biomediche consideravano il microbiota semplicemente come un insieme piuttosto passivo e statico di microorganismi (batteri, virus, funghi) che parassitavano il nostro organismo senza attribuire loro alcuna funzione vantaggiosa per le cellule umane.

Molto recentemente però, grazie soprattutto allo sviluppo della tecnologia necessaria a sequenziare i genomi dei batteri che fanno parte di questo complesso ecosistema (metagenomica, trascriptomica e metabolomica), si è cominciato a comprendere il ruolo imprescindibile (e per alcuni versi quasi disorientante rispetto ad alcuni assunti precedenti) del microbioma anche per la fitness umana.

La stima della massa totale del microbiota è circa un kilogrammo e, anche se è presente in tutte le superfici interne ed esterne del nostro corpo (pelle, bocca, stomaco, intestino, polmoni, ecc.), si trova maggiormente concentrata nel tratto dell’intestino tenue e del colon per il suo ruolo strategico sia per quanto riguarda l’elaborazione alimentare che per quanto riguarda il nostro sistema immunitario.

L’organismo umano è costituito da circa 30 mila miliardi di cellule che contengono DNA umano che convivono in maniera generalmente simbiotica con un numero almeno pari o superiore (probabilmente di circa un terzo) di cellule appartenenti al microbiota (Sender, Fuchs, & Milo, 2016).

Diversamente da quanto creduto in passato è quindi lecito domandarsi se, quando ci riferiamo al “nostro” organismo, intendiamo esclusivamente l’insieme di cellule che condividono il DNA della specie umana o stiamo invece considerando il concetto di olobionte che include il complesso ecosistema che comprende anche tutte le cellule con un DNA “extra” umano che ci permettono di sopravvivere e prosperare (Agnoletti, 2021a).

Molecole biologiche fondamentali per il funzionamento del nostro organismo quali, ad esempio, la serotonina e la dopamina, non sono sintetizzate da cellule con il DNA umano ma da organismi che appartengono al microbiota.

Il microbiota ha quindi un ruolo di assoluto protagonista della “nostra” fitness anche se finora è stato grandemente sottostimato.

Ormai sia le scienze biomediche con gli studi ad esempio sulla celiachia, sull’obesità o la colite ulcerosa, che quelle psicologiche con gli studi sull’ansia, la depressione e molte psicopatologie quali l’autismo, la schizofrenia ed altre ancora (Caio et al., 2019; Cheung et al., 2019; Kelly et al. 2016; Li & Zhou, 2016; Sharon et al., 2019; Foster & McVey Neufeld; 2013; Garrett et al. 2007; Mangiola et al., 2016; Rodrigues-Amorim et al., 2018; Simpson et al., 2021) rendono facilmente prevedibile, nel prossimo futuro, un radicale cambiamento di molti paradigmi di entrambi questi settori scientifici (Agnoletti, 2021b; Agnoletti, 2021c).

Grazie alle ricerche molto recenti sul microbiota sappiamo ad esempio che soprattutto i primi anni di vita dell’organismo sono fondamentali per il benessere e la qualità di vita psicofisica di tutto l’arco temporale umano perché ci sono particolari esperienze quali il parto, l’allattamento, la presenza di altri esseri viventi con i quali siamo in stretto contatto (per esempio animali domestici), l’assunzione o meno di antibiotici, la tipologia di stress psicosociale percepito, etc. (Koenig et al., 2011; Ottman et al., 2012) che determinano il particolare assetto e composizione del microbiota e quindi il suo impatto nell’intero organismo.

Il microbiota è un ecosistema complesso che interagisce in maniera biunivoca con molti sistemi cellulari costituiti da DNA umano nel senso che influenza, modula ed è continuamente influenzato e modulato da molti sistemi attraverso il cosiddetto asse “microbiota-intestino-cervello” (Cryan et al., 2019).

Effetti dei trapianti di microbiota

Esistono in letteratura già numerosi studi relativi a trapianti di microbiota (tra modelli animali, da modelli umani ad animali e tra umani) che dimostrano, per esempio, che trapiantando il microbiota di un ratto stressato negativamente al punto di renderlo ansioso o depresso, all’interno dell’intestino di un topolino né ansioso né depresso, si inducono velocemente (nel giro di pochi giorni) in quest’ultimo comportamenti ansiosi o depressivi simili al donatore (Kelly et al., 2016; Winter et al., 2018).

Anche il trapianto nella direzione opposta, trapiantando cioè il microbiota di un topolino non ansioso e non depresso nell’organismo di uno ansioso o depresso, si riscontrano significativi miglioramenti sulla qualità di vita e la salute del topolino ricevente questa componente biologica che non fa parte del DNA dei topolini.

Microbiota e comportamento sociale

Già alcune ricerche quindi avevano dimostrato nei topi una connessione tra il loro microbiota ed il comportamento sociale che esprimevano (Buffington et al. 2016; Desbonnet, 2014; Rogers, G. B. et al. 2016; Sharon, Sampson, Geschwind & Mazmanian, 2016), ma solo attraverso uno studio molto recente, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, si è identificato il meccanismo specifico attraverso il quale avviene questa dinamica (Wu et al. 2021).

Questa ricerca ha dimostrato infatti che il microbiota modula l’attività neuronale di specifiche regioni del cervello dei topi dedicate al meccanismo di gestione dello stress ed i comportamenti sociali.

Il comportamento sociale dei topi privi di microbiota e trattati con antibiotici è associato ad elevati livelli di cortisolo che viene prodotto principalmente dall’attivazione dell’asse endocrino ipotalamo-ipofisi-surrene (il cosiddetto asse HPA dall’inglese hypothalamic–pituitary–adrenal axis).

In questo studio si è visto che l’adrenalectomia (operazione chirurgica che consiste nell’asportazione di uno o entrambe le ghiandole surrenali), la funzione antagonista dei recettori glucocorticoidi e l’inibizione farmacologica indotta nella sintesi del cortisolo correggono tutti efficacemente i comportamenti sociali espressi dai topolini causati dalla situazione disfunzionale del microbioma.

Anche l’intervento di silenziamento genetico indotto per ridurre l’attività dei recettori dei glucocorticoidi in specifiche regioni del cervello e l’inattivazione chemogenetica dei neuroni nel nucleo paraventricolare dell’ipotalamo (quelli che producono il rilascio della corticotropina, CRH, che induce a sua volta la produzione surrenalica di cortisolo) migliorano significativamente i disturbi sociali espressi nei topi trattati con antibiotici (somministrati precedentemente per indurre uno stato disbiotico, di disequilibrio, nel microbiota).

A conferma di quanto già rilevato, lo studio condotto da Wu e colleghi, ha dimostrato che l’attivazione specifica dei neuroni che esprimono corticotropina nel nucleo paraventricolare induce deficit sociali nei topi con un normale microbiota.

Attraverso la profilazione del microbiota ed un intervento in vivo, questi ricercatori hanno anche identificato una specie batterica, l’Enterococcus faecalis, che promuove l’attività sociale nei topi riducendo i livelli di cortisolo indotti attraverso uno stress psicosociale.

Questi studi suggeriscono che specifici batteri intestinali possono limitare l’attivazione dell’asse HPA e mostrano come il microbiota possa influenzare i comportamenti sociali attraverso specifici circuiti neuronali del sistema nervoso centrale che mediano la gestione psicofisica dello stress.

I risultati presentati in questo lavoro molto recente indicano la necessità di esplorare dinamiche simili anche nelle persone per il ruolo sempre più importante attribuito all’asse intestino cervello nel determinare i comportamenti umani.

Anche se deve essere ancora dimostrato sperimentalmente nei suoi dettagli umani, le evidenze già presenti in letteratura lasciano supporre la definizione di nuovi paradigmi interpretativi legati allo sviluppo dei disturbi d’ansia, relativi alla depressione ma anche a tutti quelli stress correlati.

 

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