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Mutismo selettivo: una panoramica della condizione e dell’eziologia. L’assenza di parola è solo la punta dell’iceberg?

Il mutismo selettivo si manifesta più spesso nella prima infanzia con l'emergere delle prime difficoltà sociali ed educative che il bambino deve affrontare

Di Arianna Belloli

Pubblicato il 24 Set. 2021

Il mutismo selettivo, definito dalla più recente classificazione diagnostica (DSM-5; APA, 2013) come l’incapacità di parlare solo in situazioni specifiche (es. scuola) o con determinate persone, appartiene allo spettro dei disturbi d’ansia.

 

L’insorgenza del mutismo selettivo (MS) nella prima infanzia può compromettere il neurosviluppo e influire negativamente sui risultati scolastici e sulla qualità di vita del bambino. Risulta, dunque, essenziale che psichiatri, logopedisti, infermieri e insegnanti abbiano familiarità con questo disturbo, poiché l’inizio precoce del trattamento è associato a una prognosi migliore. La complessità eziologica di tale disturbo raro suggerisce fortemente un approccio multimodale nel processo diagnostico e terapeutico (Rozenek et al., 2020). Non è tutt’ora chiaro se il mutismo selettivo sia un disturbo d’ansia primario o una manifestazione comportamentale di evitamento appreso (Muris & Ollendick, 2015).

Il termine ‘mutismo’ designa la mancanza di contatto verbale, in assenza di danni a carico dell’abilità di linguaggio. La specifica ‘selettivo’, invece, denota che l’incapacità di parlare si verifica solo in determinati contesti sociali o solo con determinate persone; mentre in altri contesti (solitamente a casa, verso i familiari più stretti) il paziente non sperimenta tale incapacità e non mostra sintomi di mutismo (Bilikiewicz et al., 2007). Secondo il DSM-5, questa sindrome psicopatologica può essere diagnosticata a qualsiasi stadio dello sviluppo, se non meglio spiegata da un disturbo della comunicazione o altre patologie psichiatriche/neurologiche (APA, 2013). Il mutismo selettivo si manifesta più comunemente durante la prima infanzia, spesso in coincidenza con l’inizio dell’istruzione prescolare o primaria. Ciò è legato all’emergere delle prime grandi difficoltà sociali ed educative che il bambino deve affrontare (Rozenek et al., 2020); per accertare la presenza di una patologia, i criteri diagnostici richiedono, però, che l’assenza selettiva della parola persista per almeno un mese (APA, 2013).

Mutismo selettivo: prevalenza ed eziologia

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia relativamente raro, tuttavia è difficile valutare con precisione la sua prevalenza, a causa dei criteri diagnostici incoerenti e della scarsa numerosità campionaria riportata negli studi (Rozenek et al., 2020); sono, però, disponibili dati in merito ad una significativa familiarità del disturbo e ad una maggiore frequenza (circa il doppio) nel genere femminile (Steinhausen et al., 2006) e nelle persone bilingue (Cohan, Price & Stein, 2006). La frequente presenza intrafamiliare del mutismo selettivo ha spinto i ricercatori ad identificare i geni associati a questo disturbo: è stato dimostrato che il polimorfismo del gene CNTNAP2 è associato ad un maggior rischio di manifestazione del mutismo selettivo durante l’infanzia e ad un maggior rischio di sperimentare un aumento dell’ansia sociale durante l’età adulta (Stein et al., 2011). Anche l’influenza che il genitore esercita sul figlio può predisporre al mutismo selettivo: è stata riscontrata, infatti, una maggiore possibilità di esordio del disturbo nelle famiglie con genitori iper-protettivi e iper-controllanti; ciò si traduce nello sviluppo dell’interdipendenza nella diade genitore-figlio e si manifesta come mancanza di fiducia verso l’ambiente extra-familiare sotto forma di mutismo (Edison et al., 2011).

Un’altra variabile predisponente è lo status di immigrato: studi epidemiologici hanno mostrato che il mutismo selettivo si è verificato negli immigrati quattro volte più spesso (2,2% contro 0,5%), rispetto alle famiglie autoctone (Elizur & Perednik, 2003). La timidezza, intesa come la tendenza a sentirsi a disagio durante gli scambi interpersonali, può essere considerata come un aspetto sociale dell’inibizione comportamentale. La timidezza si riscontra, infatti, nell’85% dei bambini con mutismo selettivo (Steinhausen & Juzi, 1996). Viene, dunque, suggerito di svolgere test di screening che consentano la prevenzione precoce del MS nei bambini con evidente inibizione comportamentale (Gensthaler et al., 2016).

Mutismo selettivo e ansia

In conclusione di tale estratto, è possibile affermare che il mutismo selettivo è un disturbo del neurosviluppo strettamente associato all’eziopatologia dell’ansia. Disturbi del neurosviluppo coesistenti (es. disturbi del linguaggio e/o della comunicazione linguistica), un temperamento specifico (inibizione comportamentale), fattori ambientali (es. pattern di comportamento di evitamento in famiglia) sono descritti in letteratura come fattori predisponenti all’esordio dei disturbi d’ansia, in particolar modo del mutismo selettivo. Secondo la psicopatologia dello sviluppo, i fattori genetici e le interazioni tra le suddette predisposizioni possono, con il tempo, portare alla manifestazione del mutismo selettivo nel periodo critico. L’eziologia multifattoriale necessita di un approccio multimodale nel processo diagnostico e terapeutico, che dovrebbe essere intrapreso il più rapidamente possibile; al fine di prevenire ritardi secondari nello sviluppo cognitivo e sociale del bambino. Si può, quindi, presumere che la prognosi e il decorso del mutismo selettivo possano dipendere dai disturbi associati.

Il trattamento più efficace per il mutismo selettivo, come per la maggior parte dei disturbi del neurosviluppo, risulta essere la psicoterapia cognitivo-comportamentale, raccomandata come intervento di prima linea.

Riassumendo, i fattori che possono aumentare il rischio di mutismo selettivo nella prima infanzia sono i seguenti: genere femminile, polimorfismo del gene CNTNAP2, genitori con tendenze a comportamenti di evitamento, iperprotezione ed eccessivo controllo parentale, difficoltà educative e/o di contatto con i coetanei dovute a disturbi della comunicazione e/o ritardo dello sviluppo e/o compromissione dell’elaborazione uditiva, status di immigrato, timidezza e inibizione comportamentale. Sono, tuttavia, necessari ulteriori studi finalizzati ad esaminare se il mutismo selettivo sia un disturbo d’ansia conclamato o semplicemente una manifestazione comportamentale di evitamento, derivata da emozioni negative e difficoltà comunicative (Rozenek et a., 2020).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders, (DSM-5). Arlington: American Psychiatric Publishing.
  • Bilikiewicz A. (2007). Psychiatria: podrecznik dla studentów medycyny, 3rd ed. Warsaw. PZWL Medical Publishing, 706.
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  • Elizur, Y., & Perednik, R. (2003). Prevalence and description of selective mutism in immigrant and native families: A controlled study. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 42(12), 1451-1459.
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  • Stein, M. B., Yang, B. Z., Chavira, D. A., Hitchcock, C. A., Sung, S. C., Shipon-Blum, E., & Gelernter, J. (2011). A common genetic variant in the neurexin superfamily member CNTNAP2 is associated with increased risk for selective mutism and social anxiety-related traits. Biological psychiatry, 69(9), 825-831.
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