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Forze del destino (2021) di Christopher Bollas – Recensione del libro

In 'Forze del destino' Bollas introduce i concetti classici di “fato” e “destino” osservando come quest’ultimo abbia una connotazione più positiva del primo

Di Alberto Vito

Pubblicato il 16 Set. 2021

Tra gli oggetti di ricerca privilegiati di Bollas rimangono il tema delle origini del vero sé e della funzione dell’esperienza psicoanalitica, in particolare quello sui rapporti oggettuali nel transfert e nel controtransfert, in grado di far rivivere con il linguaggio ciò che è conosciuto ma non ancora pensato. Proprio ad essi è dedicato Forze del destino

 

Christopher Bollas, nato nel 1943 a Washington, ha concluso negli Stati Uniti la prima parte della sua formazione avviandovi poi la sua attività professionale sia come docente universitario in materie letterarie che come psicoanalista. Successivamente si è trasferito a Londra dove tuttora vive, perfezionando il suo iter formativo presso la Tavistock. È considerato uno psicoanalista “indipendente” della British Psychoanalytic Society, ovvero la sua posizione teorica si situa a metà (middle group) tra quella di Melanie Klein e quella di Anna Freud. È stato uno dei curatori dei testi di Winnicott e la sua produzione scritta è particolarmente prolifica e apprezzata. In Italia, le sue opere sono state pubblicate da Angeli, Astrolabio, Borla. In seguito si è fortemente rafforzato il connubio con l’editore Cortina con la pubblicazione di Isteria (2001), La mente orientale (2013), Se il sole esplode (2016), L’ombra dell’oggetto (Nuova edizione, 2018), L’età dello smarrimento (2018), Essere un carattere (2020).

Il suo testo più importante è L’ombra dell’oggetto, reputato un classico della letteratura psicoanalitica. In esso, Bollas propone una descrizione di come il soggetto umano registri le proprie esperienze iniziali dell’oggetto. L’oggetto può gettare la sua ombra prima ancora che il bambino sia in grado di elaborare questo rapporto con rappresentazioni mentali o con il linguaggio, come avviene per esempio quando un genitore usa il bambino per contenere le identificazioni proiettive, e tale ombra ricade sull’Io lasciando tracce della sua esistenza nell’adulto.  Sebbene possiamo sapere qualcosa del carattere dell’oggetto che ci influenza, possiamo non averlo ancora pensato. Da adulto, il lavoro della psicoanalisi clinica sarà in parte centrato sulla possibilità di far emergere nel pensiero i ricordi più antichi dell’individuo e del mettersi in rapporto con essi.

Tra le opere precedenti, merita la menzione anche il piccolo volume La mente orientale, che parte dalla considerazione secondo cui migliaia di anni fa la cultura indoeuropea si è divisa in due modi di pensare, che si sono sviluppati uno a Occidente e l’altro a Oriente. Secondo Bollas assistiamo attualmente alla possibilità che queste due mentalità possano di nuovo convergere, in particolare proprio nell’esercizio psicoanalitico. Egli confronta la pratica clinica di Donald Winnicott e Masud Khan con la tradizione poetica orientale, improntata al taoismo, per mostrare come entrambe privilegino la capacità di stare da soli e forme di comunicazione non verbale. Infine, suggerisce la vicinanza del pensiero di autori quali Jung, Bion e Rosenfeld con l’etica di Confucio, che pone al centro  la dimensione collettiva della mente individuale.

Tuttavia, tra gli oggetti di ricerca privilegiati di Bollas rimangono il tema delle origini del vero sé e della funzione dell’esperienza psicoanalitica, in particolare quello sui rapporti oggettuali nel transfert e nel controtransfert, in grado di far rivivere con il linguaggio ciò che è conosciuto ma non ancora pensato. Proprio ad essi è dedicato Forze del destino, già pubblicato nel nostro paese da Borla nel 1991 e riproposto aggiornato da pochi mesi da Cortina.

In particolare, in esso esamina e si interroga su alcune questioni fondamentali: cosa c’è di tanto unico nelle persone? Come si costituisce e si manifesta questa unicità nella personalità, nella vita, nelle relazioni? Infine, come agisce il processo psicoanalitico per favorire l’emergenza di tale unicità individuale?

Bollas introduce i concetti classici di “fato” e “destino” osservando come quest’ultimo abbia una connotazione più positiva e favorevole all’individuazione personale, mentre il primo termine rimanda ad un intervento esterno quasi sempre negativo. Ma il vero punto di partenza è l’ipotesi di Winnicott del Vero Sé, che utilizza per ripresentare la propria nozione di idioma umano, in modo da spiegare come gli esseri umani elaborino – sia con la creatività sia nel corso dell’analisi – la “dialettica della differenza”. Ogni individuo è unico e il vero Sé è un idioma organizzativo che necessita dell’incontro con l’oggetto per dare vita al proprio mondo personale. Tale nucleo profondo costituisce l’unicità di ciò che è ciascuno di noi, è determinato geneticamente ed esiste prima del mettersi in contatto con gli oggetti. Rappresenta un potenziale perché, per la sua evoluzione, dipende innanzitutto dalle cure materne. Nessun essere umano, dunque, può essere solo “vero Sé”. Ciascuna disposizione ereditaria s’incontra con il mondo reale e uno dei prodotti della dialettica tra idioma personale e cultura umana è proprio la vita psichica.

Quando il soggetto vede un campo potenziale di oggetti, vede oggetti che gli interessano e questa procedura esige l’inconsapevole rifiuto di alcuni oggetti a favore degli oggetti del desiderio. Elaborato tale concetto, nella seconda parte del libro egli si apre alla pratica psicoanalitica interrogandosi sul modo in cui i pazienti, andando oltre alla già nota dinamica transfert e contro-transfert, sono in grado di usare aspetti della personalità dell’analista per esprimere il proprio idioma e la propria pulsione del destino. Di nuovo, il punto di partenza delle sue riflessioni è l’intuizione che la teoria del vero Sé di Winnicott possa essere usata come base concettuale per qualcosa che avviene in seduta: l’uso spontaneo dell’analista come oggetto da parte del paziente. Ciò gli serve per articolare ed elaborare il proprio idioma, un risultato che dipende dalla presentazione adeguata degli oggetti d’uso da parte dell’ambiente. In psicoanalisi, gli oggetti d’uso sono il setting, il processo, i diversi elementi della personalità dell’analista e le idee che questi contiene come concetti psicoanalitici.

La spinta all’elaborazione del vero Sé, in pratica, porta il soggetto nel mondo degli oggetti, che svolge una funzione fondamentale per consentire l’elaborazione del nostro potenziale individuale. Se invece il discorso fa riferimento al contesto relazionale dello spazio clinico psicoanalitico, egli ipotizza che quando l’analizzando usa elementi della personalità dell’analista attraverso i quali mobilitare un potenziale, l’abilità dell’analista costituisce un fattore molto rilevante per l’articolazione del Sé del suo interlocutore. Una delle forze del destino nella psicoanalisi, quindi, ha sede nell’uso intelligente dell’analista, che gli consente di entrare a far parte dell’elaborazione del vero Sé dell’analizzando. Il libro fornisce molti indizi su come deve operare l’analista per individuare la presenza del vero Sé del paziente.

In tal modo, la psicoanalisi rimane fedele al suo progetto iniziale e si costituisce come una pratica promuovente l’autenticità degli individui. Il libro è corredato da molti esempi clinici che, oltre a rendere più leggera la lettura, hanno proprio lo scopo di validare le ipotesi dell’autore.

Bollas ancora una volta conferma la sua propensione ad avere fiducia sia nella unicità della personalità di ognuno, racchiusa nell’idioma personale che si esplicita nei rapporti comunicativi e oggettuali del mondo, sia nell’efficacia del processo analitico, per quanti scelgono di accedere a tale esperienza relazionale.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Christopher Bollas (2021). Forze del destino. Psicoanalisi e idioma umano. Cortina Editore, 2021
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