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Il drug checking: una pratica ancora poco diffusa in Italia

Il drug checking svolge diverse funzioni tra cui identificare nuove sostanze, aumentare la consapevolezza e comunicarne rischi ed effetti agli utilizzatori

Di Elisa Scaringi

Pubblicato il 28 Set. 2021

Nato in Olanda già negli anni Settanta, il monitoraggio di controllo delle droghe circolanti si è poi diffuso in tutta Europa, arrivando a definire per il 31 marzo di ogni anno una Giornata mondiale di sensibilizzazione sul drug checking.

 

Molti di voi ricorderanno il rave party organizzato in provincia di Viterbo, a cavallo del ferragosto 2021, di cui si è tanto parlato ai tg e sui giornali. In un’area priva di asfalto e cemento, migliaia di giovani europei si sono dati appuntamento. Al centro le limpide acque del Lago di Mezzano, che sommersero alcuni villaggi dell’età del bronzo, consegnandoci poi i reperti paleontologici dell’epoca; a ovest il bosco di Monte Rosso; tutto intorno i pascoli lasciati agli animali, liberi di vivere la terra; più a est il lago di Bolsena. In una zona di confine piuttosto estesa tra Lazio e Toscana, lontana da grandi città come Roma o Firenze, si è svolto un evento dai più considerato come luogo di perdizione.

Da definirsi più precisamente come teknival, si tratta di una festa libera, gratuita e autogestita, dedicata alla musica elettronica, nella quale si danno appuntamento gruppi crew che propongono spazi liberi in cui ballare, ognuno con il proprio muro di casse, luci e proiettori. «Difficile identificare il primo rave party della storia. La figura dei ravers si lega agli anni ’80 e alla nascita della musica elettronica. A Chicago si cominciarono a sperimentare evoluzioni techno della vecchia musica soul e funk, alzando il livello dei bassi e aumentando i bpm. Location dei primi party sono state le fabbriche abbandonate delle metropoli statunitensi, per poi emigrare in Europa. Gran Bretagna, soprattutto, dove ha avuto luogo uno dei più famosi rave della storia, quello di Clink Street, nel 1988» (Huffington Post, 2021).

Denominato comunemente “rave party”, dal verbo inglese che significa “entusiasmarsi”, il teknival potrebbe essere considerato un vero e proprio festival della musica tekno, genere nato proprio durante i free party di inizio anni Novanta, la cui caratterizzazione rispetto alla techno sta in una maggiore velocità del ritmo (dai 170 ai 200 bpm) e nella presenza di un basso pulsante e ripetitivo (chiamato kick drum).

«Sostanzialmente si tratta di una vera e propria città artificiale: il progressivo collocamento di bancarelle, furgoni e auto forma le strade; i soundsystem più grossi fungono da piazze; i boschi punteggiati di tende e furgoni sono i sobborghi. Ogni città ha una sua economia. Quella del teknival è una microeconomia, che ricorda da vicino i suq nordafricani. Ovunque spuntano banchetti che vendono di tutto, dalle bottiglie d’acqua ai monili, dal cous-cous alle sostanze psicotrope» (Santoni, 2012).

Secondo alcuni, fra la musica tekno e le droghe ci sarebbe una certa sinergia, volta a facilitare quella esperienza estetica che, senza l’assunzione di stimolanti, forse sarebbe vissuta con più lucidità, e quindi meno trasporto. Le sostanze più diffuse in un teknival sono quattro: MDMA, LSD, Speed e Ketamina. «I ruoli di ciascuna sono piuttosto definiti. L’MDMA è per eccellenza la droga per ballare: la sua diffusione, che accompagna la nascita del movimento, e il suo effetto empatogeno ed entactogeno contribuisce a creare il clima da fratellanza universale tipico del free party. L’LSD potenzia le percezioni e incrementa la portata mistica dell’esperienza (già il suo creatore, Albert Hofmann, spiegava che l’acido lisergico riproduce le sensazioni ottenibili dopo un ventennio di pratica di meditazione trascendentale). La Speed non è che carburante: metanfetamine per stare svegli, sopportare la fatica e ballare a oltranza, anche quando l’MDMA, che dura solo quattro-cinque ore, va giù. La Ketamina, un anestetico pediatrico e veterinario riscoperto dal popolo dei rave dissocia e crea nuove significanze, oppure rimette in sesto chi è troppo “indurito” dagli stimolanti» (Santoni, 2012).

Da un punto di vista meramente legislativo, in Italia non esiste una normativa che regoli le sanzioni in merito all’organizzazione di raduni di questo tipo, che sì, sono liberi e aperti a chiunque, ma pongono delle questioni serie, quali il loro svolgimento su terreni vincolati dalla proprietà privata, la tutela dell’ambiente (in riferimento ai rifiuti prodotti), la salvaguardia della salute pubblica (non solo relativamente alla diffusione del covid, ma soprattutto all’uso di sostanze che provocano, evidentemente, controindicazioni da non sottovalutare). In attesa di una seria analisi parlamentare intorno ai teknival, professionisti del settore socio-sanitario e qualche istituzione territoriale (stando alla Relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, «le attività rivolte alla riduzione dei rischi correlati all’assunzione di sostanze stupefacenti di natura “incerta o sconosciuta”, risultano presenti in 8 regioni, e in Lombardia, Toscana e Umbria risultano accessibili alla quasi totalità/maggior parte delle persone che ne hanno bisogno» – Presidenza del Consiglio dei Ministri 2021) si sono attivati per allestire dei siti di drug checking e pill testing in contesti di divertimento – sia autorizzati che non -, quali strumenti di analisi e riduzione del danno. Nato in Olanda già negli anni Settanta, il monitoraggio di controllo delle droghe circolanti si è poi diffuso in tutta Europa, arrivando a definire per il 31 marzo di ogni anno una Giornata mondiale di sensibilizzazione sul drug checking.

Il progetto si propone di conseguire diversi obiettivi: «identificare nuove sostanze psicoattive e comunicarle sia ai Sistemi di Allerta Precoce presenti nei singoli paesi partner che all’Early Warning System europeo; migliorare la conoscenza e la consapevolezza sull’uso di droghe, e sul consumo di Nuove Sostanze Psicoattive (NSP) nello specifico, comunicandone rischi ed effetti alle persone che frequentano contesti di divertimento; comprendere i significati che sottendono l’uso di NSP, conoscerne i pattern di consumo e individuare eventuali retroscena culturali che possono influire sui comportamenti di assunzione di sostanze psicoattive; comunicare e informare i servizi che si occupano di giovani e dipendenze, sia a livello locale che nazionale, sull’identificazione di NSP e circa i fattori culturali che possono influire sul loro utilizzo; creare delle linee guida per esperienze pilota di drug checking che possano essere estese ad altri paesi europei in cui tale strumento non viene ancora utilizzato» (B.A.O.N.P.S., 2017).

Stando ai dati raccolti in Italia tra il 2016 e il 2017 nell’ambito del progetto europeo “B.A.O.N.P.S. – Be Aware On Night Pleasure Safety”: «più della metà delle persone che scopre di non essere in possesso della sostanza attesa, decide di non utilizzare il composto, oppure riflette e considera attentamente la possibilità di evitarne il consumo. In questo senso il servizio di drug checking assume un significato non solo di limitazione dei rischi, ma anche di prevenzione al consumo». Esso «si configura, quindi, come un ottimo strumento di monitoraggio del mercato al dettaglio degli stupefacenti, in grado di identificare rapidamente la comparsa di una NSP (9 sostanze identificate nel corso di 18 mesi di interventi sul campo) e di identificare rapidamente potenziali adulteranti pericolosi per la salute (per esempio farmaci a cui una persona può essere allergica)» (B.A.O.N.P.S., 2017).

La prevenzione rimane, quindi, uno degli strumenti cardine per agganciare soggetti a rischio, attraverso iniziative di conoscenza sui pericoli legati all’assunzione di NPS: il drug checking è infatti associato al counseling, mezzo utile per aiutare chi si ha davanti a focalizzare l’attenzione sull’opportunità o meno di ingerire la sostanza sottoposta ad analisi.

I teknival dovrebbero, così, non essere più considerati come dei luoghi di perdizione, ma quali occasioni per incontrare giovani a rischio, che grazie a una semplicissima analisi potrebbero vedersi salvata la vita. Oltre al monitoraggio sul mercato degli stupefacenti, il drug checking rappresenterebbe davvero un mezzo di grande utilità per la salute psico-fisica di molti, offrendo certezza sul composto chimico da assumere e supporto nella scelta libera di rinunciarvi.

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