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I millennials, la nuova generazione che investe

Quali sono le caratteristiche psicologiche che meglio descrivono i millennials differenziano questa generazione da quelle precedenti?

Di Daniela Renzi

Pubblicato il 26 Lug. 2021

La generazione dei millennials è forse quella che ha fatto più parlare e discutere, rispetto alle altre, per molti aspetti differenti.

Daniela Renzi – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Una questione di spicco che li riguarda è relativa al mondo economico e finanziario. Si tratta della generazione più importante per le aziende di tutto il mondo, in quanto rappresentano la gran parte della forza lavoro, il loro reddito sta superando quello delle generazioni precedenti, hanno una maggiore possibilità di spesa e di condizionare il trend dei consumi globali.

Molte sono le recenti ricerche che stanno studiando le caratteristiche di questa generazione al fine di individuare interessi, bisogni e scopi della loro vita.

Millennial generation, generation Y, net generation, next generation, descrivono tutti la stessa fetta di popolazione, quella che va dai primi anni ottanta alla metà degli anni novanta, “la generazione del millennio”, dato che comprende chi è nato alla fine del XX secolo. Nel 2020 hanno tra i 24 e i 39 anni.

Essendo un range molto ampio di età, il Pew Research Center ha condotto uno studio per definire meglio questi termini, e uno dei criteri era quello di vedere che età avessero durante l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, per definire se erano grandi abbastanza da comprendere la portata del tragico evento. Per questo il suddetto studio definisce millennial chiunque sia nato tra il 1981 e il 1996.

In Italia i Millennials sono una minoranza rispetto ad adulti e anziani, parliamo di 11,2 milioni di persone (Pew Reasearch Center,2021), ma negli Stati Uniti sono una porzione importante della popolazione ed è questo che li spinge a condurre studi a sfondo finanziario per capire quali saranno le loro abitudini di investimento, anche perché viene considerata una generazione diversa dalle precedenti, con caratteristiche peculiari da approfondire.

L’obiettivo è quello di capire come attrarre i nuovi investitori, apparentemente più esigenti, e soddisfare così i loro bisogni finanziari. Per poterlo fare è necessario capire cosa si aspettano, come scelgono, quali sono per loro le priorità per definire la loro identità, i loro obiettivi futuri.

Molti sono i pregiudizi che li riguardano. Vengono descritti come una generazione di ignoranti, che vuole rompere totalmente i legami con i propri genitori, incapaci di andare avanti da soli, soprattutto economicamente e quindi incapaci di pensare alla stabilità economica, detti anche “Generation Me” alludendo all’egoismo che gli si attribuisce. Tutti miti fortunatamente sfatati. In particolare il dato relativo alla stabilità economica risulta falso, a seguito di uno studio condotto da Ramsey solution, secondo cui circa il 60% ha da parte dei soldi come fondo pensionistico che risulta essere quantitativamente uguale alla generazione subito precedente, i baby boomer, con la differenza che i millennials hanno ancora parecchi decenni davanti prima della pensione. Si dovrebbe dire, piuttosto, che non sono interessati alla stabilità economica, che hanno diverse priorità: un buon ambiente di lavoro, maggiori opportunità di crescita professionale e personale, ferie pagate ecc.

Le caratteristiche invece più evidenti e riscontrabili, riguardano il grado di istruzione, la maggiore multiculturalità rispetto alle generazioni precedenti e la piena familiarità con ambienti e tecnologie digitali, un insieme di fattori che li ha condotti a creare nuove forme di mercato e quindi di investimento (Inside Marketing, 2017)

Ma quali sono le caratteristiche psicologiche che meglio descrivono questa ampia generazione e la differenzia da quelle precedenti?

Uno studio si è posto l’obiettivo di confrontare le caratteristiche della generazione precedente con questa, proprio per vedere se la suddetta visione negativa è realistica o tipica di un bias generazionale riassumibile in una citazione di Socrate (469-399 a.c.): “La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, se ne infischia dell’autorità e non ha nessun rispetto per gli anziani. I ragazzi d’oggi sono tiranni. Non si alzano in piedi quando un anziano entra in un ambiente, rispondono male ai loro genitori”. Come se ogni generazione vedesse con un occhio preoccupato la nuova che nasce e si fa spazio nella società.

Sono stati presi in considerazione 31 costrutti psicologici esaminati tramite questionari self report su un campionamento basato sullo studio americano Monitoring the Future che comprende gli studenti più anziani delle scuole superiori, raccolti tra gli anni 70 e la metà degli anni 2000 attraverso una procedura di campionamento in tre fasi distinte per area geografica, selezione di scuole in ciascun area e selezione degli studenti di ogni scuola. Sono state prese in considerazione le seguenti aree:

  • egoismo, atteggiamenti individualistici, autostima
  • senso di impotenza e miseria, comportamento antisociale e soddisfazione nella vita
  • senso di felicità
  • fiducia interpersonale e cinismo
  • aspettative sulla formazione accademica, materialismo e atteggiamento nei confronti del lavoro
  • clima socio-culturale e importanza della religione

Ciò che è emerso è una sostanziale indifferenziazione dalla generazione precedente se non per qualche variabile. Una fra queste riguarda le aspettative relative al diploma e alla possibilità di specializzarsi, infatti negli anni 70 solo il 35% ha dichiarato che si sarebbe laureato mentre nel 2000 il 59,8% ha dichiarato che si sarebbe diplomato all’università e il 22,5% nel 2000 si sarebbe specializzato a fronte del 9,7% degli anni 70. Questo nonostante la ricerca ci dica che negli anni 70 gli studenti erano meno cinici e più fiduciosi rispetto all’utilità della scuola. Molto interessanti sono i risultati relativi alla pigrizia della nuova generazione in ambito lavorativo: anche secondo i millennials lavorare sodo è di fondamentale importanza per svolgere il lavoro desiderato, a cui si ambisce.

In conclusione, dall’intero studio è emerso che il soggetto medio della Generation Me non è notevolmente diverso da quello dei Baby Boomer, non sembrano essere più egoisti e appaiono altrettanto felici e soddisfatti. Sembrano avere profili simili ai giovani degli ultimi 30 anni. Tuttavia, le ultime generazioni hanno maggiori aspettative relative alla carriera scolastica e sono più cinici e diffidenti. Sembrano smentite quindi le preoccupazioni sull’attuale generazione, specialmente in termini di egoismo, autostima e livelli di miseria. Anche riguardo il narcisismo attribuito a questa generazione, pare ci sia uno scollamento tra la percezione globale e quelle che invece sono le caratteristiche personologiche del singolo individuo. Questo effetto si potrebbe attribuire a un pregiudizio di disponibilità che riflette individui particolari facilmente ricordabili piuttosto che riflettere la verità sull’intero gruppo generazionale. Ciò può portare la generazione stessa a un bias di conferma in base al quale gli individui richiamano selettivamente le informazioni coerenti con questo stereotipo. Questo spiegherebbe perché la stessa Generazione Me si descrive sotto un luce negativa (Kali H. Trzesniewski and M. Brent Donnellan, Rethinking ”Generation Me”: A Study of Cohort Effects From 1976−2006 , Perspectives on Psychological Science 2010).

In studi più recenti emerge invece anche una maggiore assertività e maggiore autostima rispetto alle generazioni passate (Twenge, Carter e Cambell, 2017).

Una generazione spesso stigmatizzata in negativo, descritta rispetto ai baby boomer come più materialista, egoista, svogliata, arrogante ma anche più esperta di tecnologia, a differenza della generazione precedente che invece appare più rispettosa, orientata al lavoro, attenta alla comunità, più istruita e attenta ai temi etici.

Non è facile essere giovani negli anni della crisi (e post). Il contesto in cui vivono limita la loro possibilità di spensieratezza. Si trovano in un mondo che, se da una parte esalta, in quanto costituito da molteplicità di prodotti nuovi e originali, dall’agevolazione rispetto al passato, dallo svolgere le attività quotidiane attraverso le piattaforme on-line, dalla maggiore accessibilità a informazioni, prodotti e servizi e dalla possibilità di un contatto costante con i pari grazie ai social, dall’altra è caratterizzato però dalla consapevolezza della crisi economica che costringe a prudenza e autocontrollo; la disoccupazione, il reddito incerto, una iper stimolazione in cui è più difficile orientarsi. Una generazione, rispetto alla precedente, limitata nella possibilità di mettersi in gioco e costretta ad essere quindi più cauta.

Uno studio recente condotto pre e post covid ha messo in evidenza una caratteristica peculiare di questa generazione, ovvero una resilienza e determinazione che li differenzia dalle generazioni precedenti. Molti millennials hanno perso il lavoro durante la pandemia, a molti altri sono state ridotte le ore di lavoro, mentre alcuni hanno lavorato più ore senza un aumento retributivo. Solo un terzo dei millennials e della generazione Z (nati fra il 1995 e il 2010) che ha partecipato al sondaggio, non ha avuto ripercussioni lavorative a seguito della pandemia.

Nonostante il sondaggio dell’anno prima avesse messo in risalto un certo grado di pessimismo e disagio in questa generazione, la pandemia non sembra aver esacerbato questi sentimenti. Anzi sono emersi maggiore ottimismo in relazione alla questione ambientale, un forte impegno per la responsabilità finanziaria e il risparmio (Deloitte Global Millennial Survey, 2020).

Secondo un’analisi di una banca americana del 2020, i millennials sono buoni risparmiatori ma niente a che vedere con quanto riuscivano a mettere da parte i loro genitori o i nonni. Infatti questa nuova generazione comincia a pensare alla pensione già all’età di 24 anni, una chiara inclinazione di come iniziano a pensare e programmare il proprio futuro, del quale non hanno una visione ottimistica (Angelo Valente, Marco Casanova, 2021, Wall Street Italia).

Sembra che questa generazione, sopravvissuta a sfide economiche e sociali senza precedenti, abbia sviluppato una gran forza di vedere opportunità anche nell’oscurità del momento che sta vivendo. Una grande capacità di resilienza. Infatti, non spera solo che emerga un mondo migliore alla fine della pandemia, ma vuole essere alla guida del cambiamento.

È emerso anche un dato molto interessante riguardo ai livelli di stress provati da questa generazione pre e post covid evidenziando così delle nuove possibili strategie che stanno considerando per affrontare meglio il futuro. Questo in relazione al lavoro, alle loro finanze e gli investimenti futuri ma anche rispetto a ciò che è possibile fare per contrastare i danni causati dal cambiamento climatico con una maggiore responsabilità rispetto al benessere del pianeta.

Entrambe le generazioni hanno affermato che faranno un grande sforzo per sostenere le aziende locali e non esiteranno a penalizzare le aziende i cui valori sono in conflitto con i propri.

Dai risultati della ricerca pre covid, risultavano livelli di stress molto alti in questa generazione, a differenza dei successivi che invece mostrano un calo.

Quindi possiamo dire che prima del covid questa generazione era estremamente preoccupata, della propria salute, del benessere per le proprie famiglie, per le prospettive lavorative e per il proprio futuro finanziario.

Ma la pandemia ha costretto a un rallentamento della vita e questo ha permesso di riguadagnare terreno verso i loro obiettivi fondamentali. Uno fra questi è l’attenzione per la salute mentale che viene già ricercata a partire dal posto di lavoro.

Ci troviamo di fronte una generazione molto criticata perchè percepiti come più narcisisti, egoisti e sconclusionati, ma che allo stesso tempo è diventata fra le più resilienti e attente a temi sociali e ambientali, accantonando l’idea classica, delle generazioni precedenti, di risparmio e investimento, ma creandone di  nuove a partire dalle loro forze e fragilità.

 

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